Siamo arrivati all’ultima delle sette cose che Dio odia
(almeno di quelle che Salomone ha elencate!). È l’ultima, ma non meno
importante delle precedenti. Eccola.
Dio odia “chi semina discordie fra fratelli”.
“È vero che sono adottato?” mi ha chiesto piangendo uno dei miei
figli quand’era piccolo.
“Ma cosa ti viene in mente?” ho risposto.
“Me lo dicono i miei fratelli... e mi fanno piangere!”
“Stai tranquillo, fanno solo per scherzare. Tu sei nostro figlio
come gli altri!”
“Ma io piango anche perché mi dicono che da grande sarò tutto
pelato!”
I ragazzi possono essere molto stupidi, per non dire molto
cattivi. Godono nel fare dispetti. Fra fratelli, bisticciano, a scuola tormentano
i compagni timidi e bonaccioni, nei giochi fanno brutti tiri. Chi dice che i
bambini sono innocenti, si illude. Nascono con un cuore malvagio. I litigi e le
discordie sono all’ordine del giorno.
Dio detesta chi semina discordie. C’è chi lo fa nelle
famiglie, negli uffici, nelle scuole e nelle chiese. E, purtroppo, molto spesso
chi le comincia non è un adolescente sprovveduto, ma sono persone grandi e
grosse che dovrebbero darsi una calmata.
Ho sentito professori che dicevano male di colleghi, naturalmente
non presenti. Ho visto impiegati che criticavano altri impiegati e mettevano
uno contro l’altro. Ho sentito accusare persone che abitavano nello stesso
palazzo per qualche dissapore nel condominio.
“Sono gente normale, umana... Cosa pretendi? Ogni occasione è buona per litigare” mi dite.
Sono umani e passi! Ma nelle chiese le cose vanno meglio?
Non sempre.
Un sistema perfetto per creare problemi e seminare discordie
è fare regole e pretendere che tutti le approvino. Si canta, in piedi. Si prega da seduti. Nella
Santa Cena il pane deve essere servito in un certo modo e il vino deve essere
così e così. Bicchierini o calice. Pane tagliato o spezzato. E si discute con
chi la pensa diversamente, si citano versetti, spesso a sproposito, per puntigli
senza valore.
Non si va d’accordo. Non si accettano critiche. E si finisce
con malumori e separazioni. E Satana se la gode. Se i credenti discutono e si scaldano e
litigano (alcuni dicono addirittura che stanno difendendo l’onore di Dio!)
anziché pregare, lui ci va a nozze.
Le critiche dividono. Quello predica troppo a lungo, un
altro racconta troppi aneddoti, un terzo è arido come un limone spremuto.
Bisogna predicare così. No, bisogna predicare cosà.
C’era una chiesa, descritta nel Nuovo Testamento, che era
una vera catastrofe. Era la chiesa di Corinto, dove i credenti avevano formato
dei gruppetti faziosi, che litigavano, sul chi fosse il predicatore da seguire.
Alcuni dicevano :“Noi siamo di Apollo (“Nessuno predica come lui! Si sa, ha
studiato a Alessandria...”), altri ribattevano “noi di Paolo (“è l’Apostolo designato da Dio, lui sì che conosce la
dottrina!”). Altri ancora: “Noi siamo di Pietro (mica l’ha scelto per niente
fra i primi, il Signore”). Infine, gli ultimi, che probabilmente si sentivano i
meglio di tutti, e dicevano: “Noi siamo di Cristo”. E c’era un brutto caos, che
Paolo ha dovuto riprendere con fermezza. Può succedere, e succede, anche oggi.
Le maldicenze dividono. Anche se piamente mascherate da
soggetti di preghiera.
Il rimedio è semplice e alla portata di tutti. Sta nel ravvedimento personale di chi crea problemi, di chi li appoggia e di chi ne parla o sparla e nell’applicazione delle parole scritte da Paolo ai cristiani di Colosse, che qualche problema dovevano averlo pure loro: “Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. Al di sopra di tutte queste cose, vestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti” (3:13-15).
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