Dio odia l’orgoglio e la lingua bugiarda. Sono le prime due
cose nell’elenco delle cose che Dio detesta, ricordate nel Libro dei Proverbi
6:17. La terza cosa che Dio odia sono “le
mani che spargono sangue innocente”.
L’orgoglio e la menzogna ci hanno toccati sul vivo. Sono
peccati in cui rischiamo di cadere facilmente, ma nessuno di noi, probabilmente
si sente colpito da questa “terza cosa”. Nessuno di noi è un assassino!
Di violenza nelle nostre strade ce n’è tutto il tempo. Di
delitti nelle famiglie, di vendette, di regolamenti di conti sentiamo parlare ogni
giorno e ne sono pieni i giornali e i notiziari in TV. E non c’è bisogno di
menzionare le guerre e le stragi che dilagano.
Ma noi, con i delitti non c’entriamo. Siamo credenti e la
Bibbia è il nostro codice. Anche il
palazzo dove abitiamo è abitato da brava gente. Il nostro quartiere è tranquillo. Tutto bene,
insomma.
Però mi sono venute in mente tre cose che ci dovrebbero far
pensare, e spingere a esaminarci se anche le nostre mani non siano, per caso, un
po’ sporche di sangue.
La prima viene proprio dalla bocca del Signore Gesù e si
trova nel Vangelo di Matteo. “Voi avete
udito che fu detto agli antichi: Non uccidere, e chiunque avrà ucciso sarà sottoposto
al tribunale; ma io vi dico: Chiunque si adira contro il suo fratello sarà sottoposto
al tribunale e chi avrà detto a suo fratello «raca» (stupido) e chi gli avrà detto pazzo sarà sottopposto
alla geenna del fuoco” (5:21,22).
Questo non ci parla di un delitto materiale e cruento, ma di
rabbia contro un fratello, di collera e di voglia e di intenzione di ferire. Ho
paura che in questa categoria ci entriamo un po’ tutti. Non uccidiamo
materialmente, ma moralmente e spiritualmente, sì. Una parola detta con rabbia,
forse con livore, indica un cuore malato e pieno di peccato. Fa tanto male
quanto una pugnalata e Dio la detesta e non la tollera.
Il rimedio? Gesù lo indica subito: “Va’ a riconciliarti col tuo fratello... fa presto amichevole accordo con i tuo avversario, mentre se ancora per
via con lui...” (vv. 23,25). La
richiesta di perdono lava le nostre mani sporche di sangue invisibile.
La seconda cosa viene dal Libro del profeta Ezechiele e
parla della nostra responsabilità di avvertire chi pecca del pericolo che corre
se non si converte a Dio. Il profeta non usa mezzi termini: “Quando avrò detto all’empio: «Empio, per
certo tu morrai» e tu non avrai parlato per avvertire l’empio che si allontani
dalla sua via, quell’empio morirà per la sua iniquità, ma io domanderò conto
del suo sangue alla tua mano” (33:8). Una grossa responsablità.
Mi rendo conto della mia responsabilità di avvertire i miei parenti, i vicini, i
colleghi di lavoro, i compagni di scuola del pericolo che corrono se non si
ravvedono? Se il tuo palazzo andasse a fuoco, ti sbrigheresti a dare l’allarme,
no? Purtroppo il fuoco dell’inferno aspetta tutti coloro che non si ravvedono.
Ma come si ravvedranno se nessuno li avvisa?
Nel salutare i credenti di Efeso, che non avrebbe più
rivisti, l’Apostolo Paolo disse: “Io vi dichiaro quest’oggi di essere puro del sangue di
tutti; perchè non mi sono tirato indietro dall’annunziarvi tutto il consiglio
di Dio” (Atti 20:26,27). Evidentemente aveva preso sul serio le parole di
Ezechiele.
La terza cosa a cui ho pensato è la leggerezza con cui valutiamo
i peccati oggi considerati normali e legali. L’aborto per esempio.
Una ragazza credente mi ha detto: ”Non deve essere poi così
male se la legge lo permette!”.
Ma ci rendiamo conto che un aborto è un omicidio? Che i
dottori che lo praticano sono dei veri e propri assassini? Che quello che buttano
in un secchio non è solo un grumo di sangue, ma che, in quel grumo, c’è un
essere come te e me, con un sistema nervoso già formato e un DNA particolare? E
capiamo che, se noi non alziamo un dito per dire che l’aborto è un crimine partecipiamo
al crimine di chi lo provoca? E che, perciò, anche le nostre mani sono sporche
di sangue innocente?
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