Un servo così, chi lo può trovare?

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Si chiamava Eliezer ed era il capo dei servi di Abraamo. Proveniva da Damasco e era nato in casa di Abramo. Forse era figlio di una serva che abitava in quella famiglia. È l’esempio di un servo perfetto. Non è ricordato niente di negativo su di lui. Abraamo gli aveva affidato il governo di tutti i suoi beni.

Prima che nascessero Ismaele e Isacco, Abraamo lo considerava il suo erede naturale. Lo disse perfino a Dio, quando il Signore gli stava rinnovando la promessa che sarebbe diventato il padre di una grande nazione. Dio affermò: “Questi non sarà tuo erede; ma colui che nascerà da te sarà tuo erede” (Genesi 15:3,4). E glielo confermò anche con dei segni miracolosi e eclatanti.

Quando Abraamo aveva circa 140 anni, chiamò Eliezer e gli affidò un compito importantissimo: trovare una moglie per Isacco, il figlio che Sara gli aveva partorito e che era morta di recente.

“Eliezer, devi giurare solennemente davanti al Dio dei cieli e della terra che andrai a cercare una moglie per Isacco. Non prenderai per nessuna ragione, una donna pagana per mio figlio, ma andrai a trovarla fra i miei parenti, nel mio paese d’origine”.

“E se non volesse venire? Dovrò tornare e portare Isacco nel paese da cui sei venuto?”

“Assolutamente, no! Dio mi ha promesso di darmi dei discendenti in questo paese. Isacco deve rimanere qui, in questa terra. Sono persuaso che Dio ti guiderà e ti preparerà la strada. Se poi dovesse succedere che la donna rifiutasse di venire, il tuo giuramento sarà sciolto. Isacco non deve andarsene da qui”.

Primo punto in favore di Eliezer, in quanto servo fedele, riceve un ordine e fa delle domande per essere sicuro di avere capito bene l’incombenza e per non sbagliare.

Il servo parte con dieci cammelli e dei servi; può disporre dei beni del padrone. Il viaggio è lungo, fino in Mesopotamia, alla città di Naor.

La carovana si ferma alla periferia della città, Eliezer fa riposare gli animali, vicino a una fonte e prega.

Secondo punto in favore di Eliezer: Credeva nel Dio del suo padrone e chiede di essere guidato. Non solo: intercede con profondo affetto per Abraamo e prega in maniera specifica. “Fa’ che la fanciulla alla quale dirò: «Abbassa, ti prego, la tua brocca perché io beva» e che mi risponderà: «Bevi e darò anche da bere ai tuoi cammelli» sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco” (Genesi 24:14).

Terzo punto in favore di Eliezer: non si precipita nella scelta e chiede a Dio di guidarlo con un segno quasi impossibile. Non c’era niente di difficile nel dare da bere a un vecchio, ma era invece una fatica immane abbeverare dieci cammelli che avevano viaggiato dalla Terra Promessa fino in Mesopotamia. La ragazza avrebbe dovuto dimostrare una prontezza e un’energia incredibili. “Le navi del deserto”, come sono chiamati i cammelli, bevono ettolitri di acqua.

Non credo che oggi sia giusto chiedere al Signore dei segni come era lecito fare al tempo dell’Antico Testamento. Se, però, qualcuno volesse proprio farlo dovrebbe chiedere qualcosa di pressoché impossibile per essere sicuro di non prendere dei granchi.

Arriva una bella ragazza, Rebecca. Eliezer le fa la sua richiesta e quella offre di dar da bere anche ai cammelli. “Eliezer la contemplava in silenzio, per sapere se il Signore avesse dato o no successo al suo viaggio” (v.21). Una volta abbeverati i cammelli, Eliezer le dà dei gioielli preziosi, le chiede ospitalità e domanda di chi sia figlia: proprio una parente di Abraamo! Che risposta!

Quarto punto in favore di Eliezer: ringrazia e adora. “Allora l’uomo si inchinò e adorò il Signore e disse: «Benedetto sia il Signore, l’Iddio di Abraamo, mio signore, che non ha cessato di essere buono e fedele verso il mio signore. Quanto a me, il Signore mi ha messo sulla via della casa dei fratelli del mio Signore»” (vv. 26,27). Più di così non poteva chiedere.

Quinto punto a favore di Eliezer: non indugia. Va alla casa di Rebecca, tratta coi suoi parenti, e, dato che Rebecca accetta con decisione di partire con lui, non perde tempo, nonostante le proposte dei parenti di Rebecca, che lo vorrebbero trattenere. Parte con la loro benedizione, con la sposa designata da Dio per Isacco e il desiderio di far felice Abraamo.

Eliezer, un servo esemplare. Preciso, pronto, uomo di preghiera, riconoscente, devoto e premuroso. Un buon esempio anche per noi.

(La descrizione dell’arrivo da Isacco e del suo incontro con Rebecca è un vero capolavoro letterario. Lo potete leggere per conto vostro nel capitolo 24:62-27, della Genesi).
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Cacciata, ma non abbandonata

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Continua la storia di Agar. Ismaele è ormai un adolescente. Ha, su per giù, 13 anni. È figlio di Abramo a tutti gli effetti. È forte, cresce e gode della prosperità che circondava Abramo.

Un giorno, fa molto caldo e Abramo è seduto davanti alla sua tenda. Gli appaiono tre uomini e Abramo comprende che sono dei messaggeri di Dio. Si inchina davanti a loro, li ospita, fa preparare loro del cibo, sceglie un vitello tenero e lo allestisce. Quelli mangiano; poi chiedono: “Dov’è Sara?”.

“È nella tenda” risponde Abramo.

Uno dei tre afferma: “Tornerò certamente da te fra un anno: allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”. Sara, che lo ha sentito dall’interno della tenda si mette a ridere: “Vecchi come siamo, figuriamoci!”. Evidentemente Sara aveva messo nel dimenticatoio le promesse del Signore, aveva risolto il problema dell’erede per mezzo di Agar, molti anni erano passati, la natura aveva fatto il suo corso, fisicamente non era più in grado di avere figli. Chi pensava più alla possibilità di una maternità?

Ma il visitatore divino, che la Bibbia chiama Signore e, quindi, era Dio stesso, chiede con autorità a Abramo: “Perché tua moglie ha riso? Vi è forse qualcosa di troppo difficile per il Signore? Nel tempo fissato, l’anno prossimo, tornerò e Sara avrà un figlio”.

A Sara si deve essere gelato il sangue nelle vene e disse: ”Io non ho riso”. E il Signore: “Invece, hai riso”. A Dio non sfugge nulla e la cosa che più gli dispiace è l’incredulità.

Poi i tre si alzano, guardando verso Sodoma. Abramo li accompagna per un pezzo di strada. Questo episodio si trova nel capitolo 18 della Genesi.

Davvero, niente è troppo difficile per il Signore. L’anno seguente, al tempo preciso stabilito da Dio, Sara stringeva fra le braccia un piccolo Isacco (Genesi cap. 21). Che meraviglia e che gioia!

A otto giorni dalla nascita, Abramo, che aveva ormai 100 anni, lo circoncide. Poi, quando Isacco è grandicello e non prendeva più il latte della mamma (a quei tempi si allattava molto a lungo), Abramo fa un grande banchetto in onore del figliolino tanto aspettato e promesso da Dio. Si fa gran festa.

Certamente Sara non stava più nella pelle dalla gioia e mostrava a tutti il suo tesoro. Forse diceva con orgoglio: “Chi l’avrebbe mai detto?”.

A un certo punto, però, vede una cosa inaudita. Ismaele, che poteva essere sui 16 anni, ride e prende in giro il suo Isacchino, dicendo chissà che cosa! Ah, questo non poteva tollerarlo!

Corre da Abramo, con gli occhi che le schizzano di collera, e gli dice: “Caccia via questa serva e suo figlio, perché il figlio di questa serva non dev’essere erede con mio figlio, con Isacco!” (Genesi 21:9,10). Una mamma può diventare una tigre, se le toccano un figlio!

Abramo provò un grandissimo dolore. Amava Ismaele e amava anche Agar. Probabilmente non sapeva cosa decidere. Dare retta a Sara o al suo cuore?

Dio interviene, con la sua sapienza sovrana: “Non addolorarti per il ragazzo, né per la tua serva; acconsenti a tutto quello che Sara ti dirà, perché da Isacco uscirà la discendenza che porterà il tuo nome. Anche del figlio di questa serva io farò una nazione, perché appartiene alla tua discendenza” (Genesi 21:12,13). Così il Signore rassicura il cuore di Abramo.

La mattina dopo, molto presto, Abramo mette del pane sulle spalle di Agar, le dà un otre pieno di acqua e la congeda insieme col figlio.

Possiamo immaginare i sentimenti di Agar: disperazione, odio, delusione, angoscia, rabbia. Come poteva succedere una cosa simile? Si allontana dalle tende di Abramo e si mette in cammino e vaga senza meta nel deserto di Beer-Sheba. I due mangiano il pane, bevono l’acqua per qualche giorno. Poi l’acqua finisce.

Ismaele piange e sta morendo di sete. Agar si allontana. Non vuole sentire quei lamenti, non vuole vederlo morire, e scoppia in un pianto disperato. Urla il suo dolore.

Dio sente e vede tutto. L’Angelo del Signore la chiama dal cielo: “Agar, che hai?” e, senza aspettare una risposta, le dice subito: “Non temere, perché Dio ha udito la voce del ragazzo. Tienilo per mano, perché io farò di lui una grande nazione” (Genesi 21:17,18).

A quel punto, gli occhi della donna si aprono e lei scorge un pozzo. Riempie l’otre e i due bevono, bevono e bevono ancora. Riprendono forza e proseguono la strada. Dio sarà con Ismaele, che diventerà un guerriero e sposerà un’Egiziana. Da lui discenderanno gli Arabi.

Di Agar non si sa più nulla. È stata una donna dalla sorte alterna e difficile, usata e maltrattata, ma che il Signore non ha mai abbandonata. Quando è fuggita da Sara la prima volta, Dio l’ha vista e soccorsa e si è fatto conoscere come un Dio vivente che vede ogni cosa. Le ha fatto delle promesse e le ha insegnato la necessità di vivere in pace e di chiedere perdono. Nella storia di oggi, Dio è intervenuto come un Dio che non abbandona, mantiene le promesse, provvede e ha compassione. A me sembra una gran bella storia.
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Serva padrona? Mai!

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Quando ero bambina, molte famiglie si potevano permettere una persona di servizio. Se erano ricche avevano maggiordomo, cuoca e cameriera. Se erano meno ricche avevano quella che era chiamata “la donna”, che faceva un po’ di tutto. Spesso diventava una parte della famiglia. Ne ho conosciute alcune che erano rimaste con gli stessi “signori” anche per trent’anni. Piano piano diventavano più padrone della padrona!

Nella Bibbia si parla spesso di servi e dei loro padroni. Per un paio di settimane, alcuni di loro diventeranno i nostri amici. Alcuni sono stati molto buoni, altri meno. Altri... lo vederemo.

Comiciamo con Agar, la serva egiziana di Sara, moglie di Abramo.

“Agar, ascoltami!” le disse Sara un giorno con l’aria un po’ da complice.

“Sì, padrona, che cosa posso fare?” rispose Agar premurosa.

“Stasera devi farti bella e profumata, perché dovrai andare da Abramo e passare la notte con lui. Sai, io e lui siamo vecchi, non abbiamo avuto figli e un erede ci vuole...”

“Ma Abramo che dice?” chiese Agar con gli occhi sgranati. “Non ci posso credere...”

“Abramo è d’accordo. Avrete un bambino e sarà l’erede promesso da Dio.”

A quel tempo era perfettamente legale che una moglie sterile desse al marito una sua serva e che questa avesse un figlio al posto suo. Il bambino sarebbe stato erede a tutti gli effetti.

Agar acconsentì. Che altro poteva fare? Era una schiava.

Non si sa come quella donna fosse arrivata in casa loro. La tradizione, per quel che vale, racconta che, mentre Abramo e Sara erano in Egitto, dove si erano recati a causa di una carestia, Agar si era affezionata tanto a loro che aveva preferito seguirli nel loro paese, quando vi tornarono, anziché restare in Egitto con la sua famiglia.

Sia come sia, il fatto è che dopo dieci anni che erano tornati dall’Egitto, Sara fece la proposta, o meglio diede l’ordine, a Agar di procurare un erede a lei e Abramo.

Fu una grossa disubbidienza da parte loro. Dio aveva promesso con grande precisione ad Abramo che avrebbe avuto un figlio da Sara e che da lui sarebbe iniziata una discendenza numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare (Genesi 15:4,5).

Abramo credette alla promessa di Dio e Dio apprezzò la sua fede.

Ma, come succede spesso, la risposta di Dio non fu immediata. Perciò Abramo e Sara (Sara in particolare!) cominciarono a perdere la pazienza. Di qui, la proposta di Sara a suo marito. “Io sono vecchia, ti dò la mia serva...”. È sempre ultra-pericoloso cercare di mandare a effetto le promesse di Dio con le nostre manovre. Dio sa quello che promette e sa come mantenerlo. Meglio lasciarlo fare.

Agar rimase incinta e cominciò a trattare Sara con arroganza. Dopo tutto, la discendenza di Abramo dipendeva da lei e non era poco! Sara la guardava, le vedeva la pancia che arrotondava e, probabilmente, ci rodeva. Agar, da parte sua, non faceva nulla per essere gentile. Perciò Sara decise di andare da Abramo a lamentarsi.

“Fa’ di lei quello che vuoi...” rispose Abramo. Anche questo era legale a quel tempo.

Sara cominciò a trattare male la serva e Agar prese su e scappò. Camminò molto a lungo, poi, presso una sorgente, l’Angelo del Signore le parlò: “Che fai? Dove vai?”

“Scappo dalla mia padrona“.

“Torna da lei e umiliati” ordinò. Cosa? Era Sara che l’aveva trattata male! È vero, ma Agar non era stata da meno ed era lei che aveva cominciato!.

Poi, però, l’Angelo del Signore aggiunse delle parole di conforto. “Avrai un bambino, che sarà il primo di una progenie numerosissima. Gli metterai nome Ismaele, che significa «Dio ascolta», perché il Signore ha visto la tua afflizione. Ismaele sarà simile a un asino selvatico, sarà nemico di tutti e tutti saranno suoi nemici. Sarà sempre in conflitto” (Genesi 16:11,12).

Agar capì che Colui che le aveva parlato era Dio stesso e riprese la strada del ritorno. Quando fu compiuto il termine della sua gravidanza, nacque Ismaele, progenitore degli Arabi. Abramo aveva 86 anni.

C’è da imparare molto da questa storia.

* La prima cosa è che il Signore è un Dio pietoso. Agar deve essere stata stanca, accaldata, delusa, crucciata, esausta. Il Signore la vide e prese l’iniziativa nel rivolgerle la parola. Il Dio della Bibbia non è insensibile e si fa conoscere. È un Dio personale.

* Dio sa tutto. Sapeva tutto su Agar, chi era, cosa aveva fatto e cosa le sarebbe successo. Sapeva tutto anche sul bambino che avrebbe avuto. È bello che sappia tutto su te e su me.

* Dio è amorevole, ma è anche severo. Non sorvola sul peccato. Agar aveva agito male e doveva chiedere perdono. “Ma era stata trattata male!” dite. Vero! Ma chi non sa chiedere perdono non ha capito nulla del Cristianesimo.

* Infine, quando siamo alle dipendenze di qualcuno, non c’è posto per l’arroganza. Dobbiamo saper stare al nostro posto.

Parleremo ancora di Agar, perché la sua storia continua.
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Se può tutto, perché...?

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Mi hanno fatto questa domanda non so quante persone.

Perché non mi fa trovare un marito? Io vorrei tanto avere una famiglia, dei bambini...

Perché non ha fatto guarire mia mamma? Tutta la chiesa ha pregato con fede!

Perché mio figlio, che è timido, ha un bullo in classe che lo tormenta e lo minaccia? Ho chiesto al Signore di convincere la preside e i professori a far qualcosa per fermarlo, ma nessuno si muove.

Perché Dio non ferma le guerre, gli stupri e le ingiustizie?

Perché devo stare sulla sedia a rotelle per colpa di un drogato che mi è venuto addosso?

La risposta, che mi pare biblica e che si può dare, non accontenta tutti, ma è semplicemente questa: Dio può tutto, ma non fa tutto quello che può fare, perché ha i suoi piani. Non solo ha i suoi piani, ma ha anche le sue scadenze, i suoi disegni.

Prima di tutto, se dovesse fermare ogni malvagità e costringere tutti a fare il bene, dovrebbe crearsi un mondo popolato solo da robot. Non lo ha fatto dopo il diluvio, e non lo fa adesso. Dopo il diluvio, era rimasta in vita solo una famiglia di gente fedele e ubbidiente a Lui. Ma hanno ripopolato la terra con discendenti peccatori. Finché nasceranno delle persone, avranno un cuore con la tendenza a peccare.

Oggi si dà la colpa della malvagità dilagante alla mancanza di possibilità di studiare per tutti, si incolpano la miseria, la crisi, i governi, i disastri naturali, le migrazioni di masse di disperati. Il Papa dal suo balcone dice che dobbiamo essere più buoni, i politici affermano che avrebbero soluzioni fantastiche se fossero al governo, ma la realtà è che il cuore dell’uomo è malvagio. La gente va sempre più lontana da Dio, vive come se Lui non ci fosse e secondo leggi umane e di costume sempre più lontane da quello che Lui ha insegnato. Che cosa ci si può aspettare?

Ma i credenti, quelli che amano davvero il Signore, che sono nati di nuovo, che cercano di fare bene e fanno il bene, non dovrebbero avere una specie di corsia preferenziale?

Sembrerebbe logico, ma il Signore Gesù non ha mai promesso corsie preferenziali. Ha detto: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Giovanni 15:11). “Nel mondo avrete tribolazioni; ma fatevi coraggio; io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33).

Se viviamo comportandoci da veri cristiani, cioè contro l’andazzo del mondo, non saremo né apprezzati, né approvati. Forse saremo, a volte, ammirati, ma non per questo capiti o imitati.

In più, il Signore ha, per ognuno che vuole seguirlo, un piano personale, preciso e cucito su misura per fare di noi delle persone che assomigliano sempre più al Signore Gesù. Per farlo, usa le circostanze della nostra vita. “Sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno, perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a esse conformi all’immagine del Figliolo suo, affinché Egli sia il primogenito di molti fratelli” (Romani 8:28,29).

Dio sa esattamente quello che ci deve dare. Se non mi dà un marito, sarà perché vuole usarmi in un altro modo per servirlo (1 Corinzi 7:34).

Mi toglie una persona cara? Forse ha voluto preservarla da situazioni dolorose (Isaia 57:1).

Mi dà una famiglia? Vuole che la curi e la cresca per la sua gloria (Efesini 6:4).

Mi dà salute? Gloria a Dio!

Mi dà una malattia? Evidentemente vuole insegnarmi la sottomissione e la pazienza.

Devo vivere su una sedia a rotelle? Dio mi darà la forza per accettarlo addirittura con gioia.

Dopo tutto, a pensarci bene, tutti noi credenti siamo su una corsia preferenziale. Quella che il Signore ha preparata per ognuno. E se l’ha preparata Lui, è la migliore.
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Dio può tutto

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Dio può tutto, e ha potere su ogni cosa. Questa sua qualità si chiama, in linguaggio teologico, onnipotenza. Dio è il Signore supremo e assoluto che governa e regge l’universo, i popoli, la storia, il destino di ogni essere umano, la durata della nostra vita. In un tempo di tale confusione politica e mondiale, come quello in cui stiamo vivendo, è un pensiero molto consolante.

Siccome può tutto, Dio fa tutto ciò che gli piace (Salmo 115:2). Spaventoso? No! Se pensiamo alle qualità, di cui abbiamo già parlato, come la santità, la giustiza, l’amore, possiamo stare tranquilli: ciò che gli piace è buono, giusto e perfetto. Non ci sono né cattiverie né capricci nel suo carattere.

L’onnipotenza di Dio controlla ogni campo. Ecco solo qualche esempio.

Lui solo può salvare.

A un giovane ricco che gli chiedeva come ottenere la vita eterna, Gesù disse che, per essere perfetto, avrebbe dovuto vendere tutto ciò che possedeva e seguirlo. Il giovane, che era esemplare dal punto di vista morale, ma che amava i suoi beni più di Dio, si allontanò rattristato da Gesù.

I discepoli rimasero allibiti (oggi si direbbe basiti): se un tipo così non poteva farcela, chi mai poteva essere salvato?

Lo dissero al Signore e Lui rispose: “Agli uomini questo è impossibile, ma a Dio ogni cosa è possibile” (Matteo 19:26). Infatti, nessuno si può salvare per mezzo delle sue buone opere o della sua religione. È Dio che ha provveduto la salvezza a prezzo della morte di suo Figlio e la concede gratuitamente a chi si ravvede e crede in Lui come unico Salvatore e Signore. Dio può fare quello che gli uomini non possono fare.

La natura gli ubbidisce.

“I cieli furono fatti dalla parola del Signore, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca. Egli ammassò le acque del mare come in un mucchio, rinchiuse gli oceani in serbatoi. Egli parlò e la cosa fu; Egli comandò e la cosa apparve” (Salmo 33:6,7,9).

Divise il Mar Rosso, per mezzo del vento (Esodo 14:21).

Fermò la rotazione della terra in risposta alla preghiera di Giosuè (Giosuè 10:12,13).

Il Signore Gesù con una parola calmò una grossa tempesta (Marco 4:39), “Egli è splendore della gloria di Dio e l’impronta della sua essenza, e sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza” (Ebrei 1:3).

Con una parola avrebbe potuto impedire il terremoto a L’Aquila, in Cile e in Giappone. Avrebbe potuto trattenere lo tsunami.

Adempie i suoi piani come, quando vuole e nonostante tutto.

“La volontà del Signore sussiste per sempre, i disegni del suo cuore durano d’età in età” (Salmo 33:11).

“Tutto sussiste anche oggi secondo le tue leggi, perché ogni cosa è al tuo servizio” diceva un salmista (Salmo 119:91).

“Il piano dell’Eterno è quello che sussiste” (Proverbi 19:21) e lo dimostra. Egli aveva il piano di riportare il suo popolo nella Terra Promessa, facendolo uscire dalla schiavitù in Egitto. Gli Ebrei avrebbero potuto fare quel viaggio in 40 giorni. A causa delle loro lamentele, disubbidienze e ribellioni, ci impiegarono 40 anni. Ma arrivarono a destinazione. Per un Dio eterno 40 giorni o 40 anni non fanno una grossa differenza!

Permette a Satana di agire e di tentare i credenti, ma ne limita con precisione il raggio d’azione.

La storia di Giobbe lo dimostra. Dio permise a Satana di toccare ciò che Giobbe possedeva, ma non la sua persona (Giobbe 1:12). Il suo corpo, ma non la sua vita (2:6).

Lo stesso è per noi: “Nessuna tentazione vi ha colti che non sia stata umana, però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne, affinché la possiate sopportare” (1 Corinzi 10:13). Che conforto!

Una sola cosa Dio non può fare: non può mentire, rinnegando se stesso (Tito 1:2; 2 Timoteo 2:13). Se lo facesse, non sarebbe più Dio.

Ma se può tutto, perché non ci dà le cose buone che chiediamo? Ne parliamo la prossima volta!
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Dio è dappertutto

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Oggi sarò in viaggio verso la Calabria, se tutto va bene. Con altre donne sto andando a un convegno per donne attive nel servizio per il Signore. Mogli di anziani e pastori, diaconi, diaconesse, insegnanti di scuola domenicale ecc., tanto per capirci.

Staremo a S.Nicolò di Ricadi, in provincia di Catanzaro, che è un paesino su uno sperone di montagna che si affaccia sulla costa calabra. Nei giorni limpidi si vedono la Sicilia e le Isole Eolie. Il mare è d’un blù che quasi sembra viola e un faraglione fa bella mostra di sé vicino alla spiaggia. Essendo vicino a Tropea, i campi di cipolle si sprecano. E quanto son buone!

Come tutte le donne, avrei una certa tendenza a preoccuparmi.

“E che c’entra la preoccupazione con la Calabria? Mica vai alla guerra!” pensate.

Un po’ c’entra, per via del mio carattere. Ora vi spiego.

Quando i nostri figli erano lontani all’Università, roba di 50 e più anni fa, in America, non si usava molto il telefono, perché costava caro. Si dipendeva dalle lettere.

Dato che non potevo parlare spesso con i ragazzi, mi chiedevo se stavano bene, se si coprivano abbastanza, se mangiavano le cose giuste e se avevano dei buoni amici, se studiavano seriamente. In una parola mi preoccupavo.

Ora sono tutti sposati, sparsi in America e Italia e hanno le loro famiglie. Così, se voglio, mi posso preoccupare per loro, le nuore, un genero e anche dodici nipoti e un pronipotino. Un lavoretto da niente!

Anche ora, quando parto, sia solo per due giorni, per andare solo in Calabria, sto un po’ in pensiero per mio marito che rimane a casa. Sentirà la sveglia? Mangerà? Dormirà? Ricorderà gli appuntamenti (manco fosse un bambino!)?

Però, il Signore dice che non dobbiamo preoccuparci. Se dice di non fare una cosa, vuol dire che quella tale cosa è sbagliata. E se è sbagliata è un peccato. Che fare?

Dato che voglio ubbidire al Signore, ho imparato che l’unico modo per non preoccuparmi è trasformare le mie preoccupazioni in preghiere. E poi penso al fatto che il Signore è dapertutto. Non accompagna solo me, ma anche sta con i miei cari, i miei amici e tutte le persone che vivono su questo pianeta.

Perché può essere dapertutto? Perché è spirito. È ovunque. Nel Salmo 139, Davide diceva: “Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei, se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là. Se prendo le ali dell’alba e vado ad abitare alle estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra” (vv.8-10).

Non siamo mai soli e, se gli apparteniamo, sappiamo che, per coloro che gli appartengono, Egli ha una cura speciale. Perché crucciarsi? Preoccupandoci non cambiamo nulla e ci facciamo venire l’ulcera. Perciò, preghiamo! Con le nostre preghiere metteremo attorno ai nostri cari una specie di barrera protettiva. E saremo persone più tranquille e piacevoli.

E non staremo sempre attaccate al cellulare, come vedo fare a molte donne, per sapere se i loro cari hanno ricordato di spegnere il gas e si sono soffiati il naso dalla parte giusta!
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Dio sa tutto

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Questa qualità di Dio, secondo me, è meravigliosa e spaventosa allo stesso tempo. Meravigliosa perché Lui mi conosce a fondo e conosce le mie circostanze. Spaventosa perché per Lui sono un libro aperto. Non gli posso nascondere niente, ma proprio niente.

Davide lo ha detto molto bene nel salmo 139, uno dei suoi salmi più famosi.

vv.1,2: “Signore tu mi hai esaminato (investigato, dice un’altra traduzione), tu sai quando mi siedo e quando mi alzo”. Dio conosce te e me, sa i nostri movimenti e ci esamina ai suoi raggi X, ai quali nulla sfugge.

Oggi si usano molto di tracce di DNA per scoprire gli autori di delitti. Quando qualcuno è finalmente arrestato, forse anche dopo molti anni dal crimine, il versetto che mi viene sempre alla mente è: “Il tuo peccato ti ritroverà”.

Dio non ha bisogno di analisi difficili che durano nel tempo. Sa tutto quello che abbiamo fatto, in bene o in male. Lo sa da sempre. E, cosa ancora più incredibile, per non dire spaventosa, sa tutto quello che faremo. “La parola non è ancora sulla mia lingua, che tu, Signore, già la conosci appieno... La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci” (vv.4,6). D’altra parte, se è un Dio che sa tutto...

Non posso nascondergli nulla (vv.11,12), mi ha creata esattamente come dovevo essere (vv.13-16) e ha deciso quanti giorni durerà la mia vita. Non uno di più né uno di meno (v.16).

Io sono diventata credente, cioè ho accolto Gesù nella mia vita e ho creduto in Lui e nella sua opera di salvezza, quando ero già una giovane adulta, ma, guardandomi indietro, vedo che il Signore ha guidato la mia infanzia e la mia adolescenza, mi ha fatto fare gli studi e le esperienze che mi avrebbero preparata per quello che sono e che faccio oggi. Non mi ha mai persa di vista. Riconosco la sua onniscienza nella mia vita.

Ma non solo nella mia. Quello che il Signore ha fatto per me, lo fa per tutti.

Nessuno gli sfugge. “Gli occhi del Signore sono in ogni luogo, osservano i cattivi e i buoni” (Proverbi 15:3). E, purtoppo, guardando dal cielo vede che siamo tutti cattivi (Salmo 14:2,3).

Dio conosce tutto il futuro: “Sono Dio e nessuno è simile a me. Io annunzio la fine sin dal principio; molto tempo prima dico le cose non ancora avvenute. Io dico: il mio piano sussisterà e metterò ad effetto tutta la mia volontà” (Isaia 46:9,10).

Non ci credi? Prova a leggere il Liro di Daniele, e te ne renderai conto!

Dio conosce a fondo le difficoltà dei suoi. Ha detto: “Ho visto, ho visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni. Sono sceso per liberarlo... per farlo salire da quel paese in un paese in cui scorre il latte e il miele...” (Esodo 3:7,8). Conosce anche le difficoltà degli individui: “Esulterò e mi rallegrerò per la tua benevolenza, poiché tu hai visto la mia afflizione, hai conosciuto le angoscie dell’anima mia...” diceva Davide (Salmo 31:7). Che meraviglia un Dio onnipotente che si occupa anche dei miei problemi e cura i miei crucci, piccoli o grandi che siano!

Salomone, dal canto suo, pregava: “Perdona, agisci e rendi a ciascuno secondo le sue vie, tu che conosci il cuore d’ognuno, perchè tu solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini” (1 Re 8:39). Aveva imparato bene la dottrina da suo padre Davide, non vi pare?

Come rispondere a un Dio che sa tutto su me e di me? Con la preghiera che conclude il salmo 139: “Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c’è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna” (vv. 23,24).

È anche la tua preghiera?
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Un uomo fedele chi lo troverà?

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Se lo chiedeva Salomone. Tu, come definiresti una persona fedele? A me pare che sia uno su cui puoi contare, che mantiene le promesse e che con diligenza fa quello che si è proposto.

Un marito fedele non tradisce la moglie e una moglie fedele vive per piacere a suo marito. Un impiegato fedele lavora, senza sprecare tempo (neppure per testimoniare della sua fede a un collega. Lo farà nella pausa pranzo). Un operaio fedele compie la sua opera con cura. Uno studente fedele studia regolarmente e non copia dal compagno i compiti in classe. Un insegnante fedele si preparara con cura e segue i suoi studenti. Continuate voi!

La fedeltà è un carattere di Dio. Bibbia lo dice molte volte sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento. E Dio è l’unico davvero perfettamente fedele.

“Egli è la rocca, la sua opera è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. È un Dio fedele e senza iniquità. Egli è giusto e retto” (Deuteronomio 32:4). Meglio di così...

“Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, perché fedele è Colui che ha fatto le promesse” (Ebrei 10:23).

La fedeltà è il derivato dell’immutabilità di Dio. Egli non cambia ciò che ha detto e promesso e non cambia il suo modo di agire, qualunque siano le circostanze.

Dio è fedele nell’aiutarci a progredire nella santificazione (se lo lasciamo fare). Ogni nostro progresso è merito suo: “Il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Fedele è Colui che vi chiama, ed egli farà anche questo” (1 Tessalonicesi 5:23). Se siamo disubbidienti ci rimette in riga. Con le buone o con le cattive.

Dio è fedele nel valutare la nostra condotta. Non può fare altro che essere fedele. “Se abbiamo costanza con Lui anche regneremo; se lo rinnegheremo anch’Egli ci rinnegherà; se siamo infedeli Egli rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2 Timoteo 2:13,14). Se camminiamo con Lui, ci sosterrà. Se lo rinneghiamo, evidentemente, dimostriamo di non averlo mai conosciuto personalmente e di non avere creduto in Lui di cuore. Terribile, no?

Dio è fedele nel perdonarci: “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9). Il perdono di Dio è una fonte inesauribile.

Dio è fedele nel correggerci: un padre che ama davvero non è né permissivo né ingiusto nelle sue pretese. “Io so, Signore, che i tuoi giudizi son giusti e che mi hai afflitto nella tua fedeltà” diceva un salmista (Salmo 119:75).

Dio è e sarà fedele nel giudicare. Sia che prometta di premiare sia che prometta di punire, farà come ha detto. “Egli viene, viene per giudicare la terra. Egli giudicherà il mondo con giustizia, e i popoli secondo la sua fedeltà” (Salmo 96:13).

Dio è fedele nel proteggerci. “La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza” (Salmo 91:4). E quante volte lo ha fatto e non ce ne siamo neppure accorti!

E noi? La richiesta del Signore per noi è semplice, ma impegnativa: “Quello che si richiede dagli amministratori (cioè dalle persone a cui è stato affidato un bene da custodire e distribuire) è che ciascuno sia trovato fedele” (1 Corinzi 4:2).

Dio ci ha dato delle capacità: usiamole per servirlo.

Ci ha dato dei beni materiali o spirituali: facciamoli fruttare per Lui.

Ci ha dato un cervello: usiamolo pensando a cose utili.

Ci ha dato una vita: non sprechiamola.

Attenzione! Le richieste di Dio sono ordini: non sono buoni consigli né suggerimenti, come si usa dire oggi, anche nelle prediche.
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