Figli difficili

Un’amica, che chiamerò Rossella, mi ha scritto e parlato del suo figlio “impossibile”. Non mi sembra veramente impossibile. Solo molto vivace (come si usa dire gentilmente ora) e, forse, piuttosto viziatello.

Non mi ha detto quanti anni ha e spero che, per il suo bene e quello del figlio, non ne abbia troppi. In ogni modo, se ha tre anni e sta al punto in cui è, è chiaro che Rossella di anni ne ha già persi tre, se ne ha cinque, ne ha persi cinque. Se ne ha 12, è messa molto male.

Perché dico questo? Perché l’educazione comincia nel momento in cui i figli si portano a casa dall’ospedale dopo averli partoriti. Da subito devono capire un paio di cose.

La prima è che chi comanda in casa sono i genitori. La seconda è che il mondo non gira attorno a loro. Corollario: prima lo capiscono, meglio sarà per tutti.

Io credo fermamente a quello che dice la Bibbia e questa afferma che “i propositi del cuore dell’uomo sono malvagi fin dalla fanciullezza”. Questo significa che un bambino non nasce innocente e buono e “neutro” e che impara le cose cattive solo dal suo ambiente. Significa, che nasce con un cuore che porta in sé la tendenza a fare il male. Infatti, nessuno di noi ha mai dovuto insegnare a un suo bambino a dire le bugie o a fare i capricci. Li ha fatti spontaneamente.

Perciò da subito deve essere educato a fare le cose giuste. Esempio: il bambino di un mese piange nella culla. Tu lo prendi in braccio, guardi se è pulito, gli cambi il pannolino, gli fai fare il ruttino, lo culli un po’. Lui è tutto contento. Gli offri da mangiare e non mostra di avere particolarmente fame. Allora, lo rimetti giù. E lui riprende la pantomima dei pianti.

Lo riprendi in braccio, verifichi pannolino e ruttino, e lui si calma contento. Ha capito (inconsciamente) che, se piange, tu lo cullerai e lo coccolerai e la cosa gli piace. E perciò piange.

A questo punto la scelta è solo nostra (e di Rossella). Prenderlo in braccio o lasciarlo piangere. Se lo si lascia piangere lui capirà che la pantomima è inutile e prenderà i suoi ritmi felici di sonno e di veglia. Se si acconsente ai suoi voleri, avrà vinto la sua battaglia e sarà il primo di una serie infinita di cedimenti.

Mi dici che è difficile? Lo so, perché nessuna mamma ha piacere di sentire piangere il suo bambino. Ma la guerra si vince dalla prima battaglia. E la pace piace a tutti.

Io ho scritto un libro che si intitola FIGLI PICCOLI, GIOIE GRANDI e tratta dell’educazione di bambini da 0 a 6 anni. Se voleste comprarlo e leggerlo cliccate sulla copertina del libro. Penso che vi piacerà.

E tu, Rossella, tieni duro!

L'insediamento

Ho guardato su CNN l’insediamento di Obama, alla carica di 44.o Presidente degli Stati Uniti. Una grandiosità abbastanza sconcertante, in un tempo in cui tutti parlano di crisi e di recessione e si dice che la gente normale non riesce a sbarcare il lunario. Chi avrà pagato tutto quel po’ po’ di festeggiamenti? Tutti quegli sprechi? Me lo domando.

Sia come sia, quella folla, venuta da tutte le parti, col suo entusiasmo e i suoi slogan, mi ha riportato alla mente le adunate oceaniche che andavano da Piazza Venezia, a Roma, fino al Colosseo, e che io potevo osservare al Giornale LUCE quando ero ragazzina. Lo stesso entusiasmo, le stesse espressioni, gli stessi atteggiamenti. Le folle non cambiano, qualunque sia lo “storico balcone” da cui un politico parla, promettendo grandi cose che sa perfettamente che non manterrà.

Mi dispiace vedere tanta cecità, tante speranze collocate su un uomo, tanta fiducia riposta in un individuo, sia pure capo di una nazione potente. Quanto durerà la fiducia? Vedremo.

In ogni modo non ho potuto fare a meno anche di ricordare la folla che ha gridato “Osanna!” a Gesù e che una settimana dopo ha gridato “Crocifiggilo!”e di pensare a un versetto della Bibbia, che, estrapolato dal suo contesto, sempre quando ero ragazza, veniva citato dagli evangelici per convincere i Cattolici degli errori della loro chiesa e specificatamente della confessione dei peccati fatta a un sacerdote: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo”.

Io non intendo maledire nessuno, né Obama, né chi si fida di lui. Dico solo che fanno male a illudersi.

Dignità è...

Allora, che cosa è la dignità? Alcuni hanno detto che, purtroppo, è una qualità estinta. Che vuol dire avere equilibrio. Che dipende dall’educazione e dalla famiglia in cui si è cresciuti. Dall’avere soldi.

Personalmente, non credo che sia solo una questione morale o di educazione.

Mi è piaciuta la risposta che “dignità vuole dire essere equilibrati”. Ma come essere costantemente equilbrati in un mondo che sta diventando matto? Come interagire con la gente a volte scortese, ingiusta e difficile? Che si offende per un nonnulla e che si chiude a riccio se non è d’accordo.

Io sono persuasa che l’equilibrio vero, la tranquillità, e quindi la dignità, dipendano soprattutto dalla sicurezza di sapere di essere amati. Da chi? Dalla famiglia, dal marito, dai figli. Loro ci amano, è vero, ma spesso anche il loro amore ci delude. Onestamente, ogni amore umano, compreso il nostro, è carico di egoismo.

Invece, quello di Dio è un amore perfetto e eterno e totalmente altruista. Sapere di essere amati da Lui infonde in noi una sicurezza che crea una profonda dignità interiore, che si manifesta nel nostro modo di fare e agire.

Da che cosa sappiamo che Dio ama? Come ha dimostrato il suo amore?

Egli ha guardato sulla terra (lo dice la Bibbia proprio così) e ha visto che non c’era nessun giusto, nessuno che facesse il bene. Nella sua giustizia avrebbe dovuto punire tutti. Ma nel suo amore, da tutta l’eternità, da prima che la terra esistesse e che esistessero il primo uomo e la prima donna, ha deciso di provvedere Lui stesso alla cattiveria delle sue creature. Avrebbe pagato Lui stesso, nella Persona di suo figlio Gesù, per tutte le cattiverie e ingiustizie mai commesse, comprese le mie e le tue. Gesù le ha pagate, è morto per te e per me. Ha pagato la pena di ogni peccato. E adesso ci offre la salvezza eterna in regalo. Basta tendere la mano. Io l’ho fatto tanti anni fa e non ne sono stata mai delusa. Un amore così grande, se creduto e accettato, innalza le persone alla dignità di figli e figlie di Dio e ti dà una pace profonda che fa di te una persona nuova.

Ti sembra poco? Vorresti conoscere meglio la storia dell’amore di Dio? Fammelo sapere e ti manderò un libretto che la racconta.

Dignità... ma cosa è?

Ieri un’amica mi ha chiesto che cos’è, secondo me, la dignità. Una domanda da mille euro!

Oggi se ne parla molto. Ma, come per le parole troppo usate, anche “dignità” sta perdendo il suo significato originale. Un po’ come “verità” che oggi non significa più ciò che è vero, reale e verificabile, ma quella che è l’opinione di un individuo. Oppure la parola “istituzioni” che vuol dire tutto e niente: ministeri, leggi, tribunali, scuole, sindacati. Se è sempre colpa delle “istituzioni”, e se ognuno ha la sua verità, agli individui è tolta ogni responsabilità personale.

Ma torniamo alla dignità. Si dice che si deve morire, nascere, abortire, studiare, accattonare e fare la prostituta con dignità. E ognuno decide per conto suo che cosa significa.

Il dizionario spiega la dignità come un modo di essere e di comportarsi che incute e produce rispetto. La Bibbia descrive la donna perfetta, vedi il capitolo 31 del libro dei Proverbi, come rivestita di dignità e l’Apostolo Paolo afferma che la dignità deve caratterizzare specialmente le donne non più giovani, ma anche qualsiasi credente.

Certamente è una qualità che ha a che fare col modo di proporsi, che implica un’eleganza tranquilla, che non dà nell’occhio e non segue necessariamente i ghiribizzi della moda, un modo di parlare vivace, ma educato, un modo di muoversi caratterizzato da una certa grazia e modestia.

Io descriverei la dignità come “qualcosa che si nota in una persona” ma che dipende, più che altro, da quello che si è dentro. Per esempio, vivere in pace con se stessi e col prossimo, sapersi stimata e amata dai propri cari, saper giudicare con equilibrio le situazioni e le difficoltà, avere una coscienza tranquilla. Ma soprattutto, deriva da qualcosa di ancora più profondo.

Ti dico la mia idea la prossima volta che visiterai il mio “angolo”!
Intanto fammi sapere che cosa è, secondo te, la dignità.

La minestra e la suocera

Oggi ho fatto la minestra di porri e patate e ho ripensato a mia suocera, che era americana e amava la cucina italiana.

La prima volta che le ho cucinato la minestra di porri (io faccio passare nel burro o la margarina i porri tagliati a fettine e le patate a pezzetti, poi aggiungo acqua, latte e dado e faccio bollire) aveva l’aria piuttosto sospettosa. Non aveva mai provato niente di simile e i vecchi non amano lo sconosciuto. Gliel’ho servita, mettendo anche una fetta di pane tostato cosparso di parmigiano sul fondo del piatto e se l’è mangiata con un gusto incredibile. Dopo il primo piatto, ne ha voluto un secondo!

Mia suocera era una donna molto cara, tranquilla e paziente, ma anche ben decisa in quanto a opinioni e convinzioni. Pregava regolarmente e aveva una lunga lista di nomi e persone che voleva ricordare al Signore con delle richieste precise (tipo: aiuta la tale a trovare lavoro, aiuta il tal altro a essere gentile coi parenti ecc.).

Se le si faceva una domanda su quello che la Bibbia dice, dava delle risposte con una precisione che avrebbe meravigliato un teologo (quelli a volte sono confusi e sibillini!) e con la chiarezza di un’insegnante che vuole farsi capire dai bambini della sua classe.

Ma la cosa che mi ha colpita fin dal primo momento che l’ho conosciuta è stata la sua gentilezza che ti faceva sentire amata e accettata. Infatti, dato che non mi conosceva, quando mi sono fidanzata con mio marito, mi ha scritto: “Ti vogliamo bene perché sei la scelta di nostro figlio”.

Un bel modo per indicare che le braccia della sua famiglia erano aperte per accogliermi e un bellissimo modo per essere ricordata anche dopo tanti anni. Non vi pare?

Non sarà forse Dio che bussa?

Mi hai messa in crisi. Che problema potrei avere? Io con Dio sto in pace. Io mi faccio i fatti miei e lui i suoi. Come puoi dire che forse mi sta cercando? Ciao. —Alma


Il fatto è, cara Alma, che Dio cerca tutti e vuole portare le persone a conoscerlo.

Il Signore Gesù, mentre era sulla terra, ha spiegato che Lui sarebbe morto, risuscitato e tornato da suo Padre in cielo. Dopo di che, lo Spirito Santo sarebbe venuto nel mondo per convincere le persone di “peccato, giustizia e condanna”. Cosa significa?

“Di peccato” significa che lo Spirito di Dio avrebbe lavorato nelle coscienze delle persone per far loro capire che un giorno dovranno rendere conto a Dio della loro vita e che, davanti alla sua santità e perfezione, sarebbero state trovate mancanti.

Mi dici che non hai fatto niente di male? Ci credo, dal punto di vista umano. Ma non ci credo se dò retta a quello che ha detto Gesù. Lui, essendo Dio, è stato molto franco e severo. Ha detto addirittura che se uno si adira contro suo fratello è colpevole come se fosse omicida (capitolo 5:21,22 del vangelo di Matteo) e che se qualcuno guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio nel suo cuore (v. 28). In realtà, la Bibbia dice che siamo tutti peccatori e non possiamo reggere davanti alla santità di Dio.

Ma c’è anche la seconda cosa di cui lo Spirito convince e cioè di “giustizia”. Gesù con la sua morte, subita da Lui giusto per noi ingiusti, ha soddisfatto la giustizia di Dio. Ogni nostro peccato è stato pagato e espiato da Lui.

Perciò “la condanna” che avremmo meritata, l’ha subita Lui. Lo Spirito vuole convincerci che il giudizio è caduto su Gesù e che noi possiamo evitare di subirlo se ci affidiamo a Lui e lo accogliamo come unico Salvatore.

Infatti, quello che ora rimane da fare, per parte nostra, è credere che tutto questo è vero, perché la Bibbia lo afferma e accettare come mendicanti, con un atto di fede, il dono della salvezza eterna che Dio ci offre. Sembra troppo facile per essere vero, ma è così.

Io so che Dio potrebbe soddisfare ogni tuo bisogno più profondo. Lo ha fatto per me e per migliaia di altre persone.

P.S.: Grazie a chi mi ha contattato con dei commenti molto positivi. Risponderò privatamente.

Perché no uno psicologo?

Sono di nuovo Alma. Prima di tutto dimmi perché non dovrei andare dallo psicologo. Poi dimmi che problemi spirituali potrei avere. Io sono laica al massimo, ma mi interessa il tuo modo di approcciare le cose e i problemi. Se ti interessa saperlo, ho più di 30 anni e ho un lavoro buono e che mi piace. Vivo da sola.
Cara Alma. Pensavo che tu fossi in menopausa e che i tuoi problemi fossero causati dall’età. Invece sei giovane e certamente la menopausa non è il tuo problema.

Perché non consiglio uno psicologo? Una battuta potrebbe essere: perché ne ho tre in famiglia! Ma non è questa la ragione. I “miei” psicologi sono diversi. Secondo me, gli psicologi in generale aiutano a individuare i problemi, ma le soluzioni che propongono spesso sono ultrabanali e alla lunga pericolose. Ti possono consigliare di seguire i tuoi istinti, di allontanarti da certi ambienti (spesso ti dicono che la religione ti fa male). Consigliano di fare quello che ti senti. Per un po’, il loro consiglio può dare un certo sollievo, ma poi? Se sono psichiatri, ti ascoltano e ti ordinano dei tranquillanti.

I “miei” psicologi ti ascoltano, ti danno consigli, ma anche ti proporrebbero delle soluzioni bibliche. Credono profondamente in Dio e per questo sono diversi.

Sono contenta che il tuo lavoro ti piaccia, il che non è poco. Ma mi domando se, dentro di te, non ci sia un gran vuoto che ti fa sentire insoddisfatta e delusa. Mi dici che sei laica, il che interpretato vuol dire che non credi in Dio e che vivi secondo i principi della tua morale? E se fosse proprio Dio che ti sta cercando e che vuole indicarti qualcosa di diverso?

Se il discorso ti interessa, fammelo sapere. Ti risponderò, anche in privato, se preferisci.

Chi vorrebbe dare un buon consiglio utile a Alma? Se siete stati depressi, come avete risolto? Fateci sapere. Alla prossima!