Ancora, sulla vita esuberante

Maria Teresa, quello che hai scritto sulla vita esuberante mi ha aiutata. Desidero con tutto il cuore piacere al Signore e avere una vita esuberante. Io però sono un tipo molto emotivo e mi butto giù molto facilmente. Vuol dire che mi manca qualcosa? Per favore, aiutami. —Paola

Paola, la tua nota è arrivata proprio a cece, perché avevo già intenzione di parlare della parte che abbiamo noi nello sperimentare la vita di Gesù ad esuberanza.

Prima di tutto, è importante che tu ti ricordi di essere donna e noi donne siamo, per natura, emotive. Se le cose vanno bene ci sentiamo eccitate e felici; se vanno male, il nostro stomaco diventa un malloppo duro e la testa ci fa male. Metti nel conto questa realtà che non ha niente a che fare con l’esperienza di una vita ad esuberanza.

Solo se questa tendenza alla tristezza fosse una costante che domina la tua vita, dovresti esaminarti bene se stai bene in salute, oppure – che ne so – se c’è un perdono che non hai concesso, o un peccato ricorrente che non sai dominare, o un rancore che non hai ancora risolto. Se coviamo dei sentimenti negativi, la vita ad esuberanza è impossibile.

Però, pensando a una situazione “normale”, e spero che la tua lo sia, io vedo l’importanza di alcune cose per sperimentare una gioia costante e profonda, che, secondo me, è il sintomo di una relazione buona col Signore e di una vita piena e felice con Lui.

La prima è non trascurare la preghiera, accompagnata da un atteggiamento totale di sottomissione al Signore. È inutile avvicinarci a Lui con dei “ma”, dei “se” o dei “però” o, peggio di tutto, dei “perché?”.

Se crediamo che Dio sia giusto, buono e santo, i “perché” li conosce Lui. Non è una questione di fatalismo, ma è un’abitudine ad avere fiducia nella sua bontà, nella sua santità e nella sua giustizia. Io chiedo le cose al Signore, ma non le pretendo. Gli dico quello che vorrei, ma non gli dò ordini e non faccio l’offesa se non me lo concede. Lui sa quello che è il mio bene e quello dei miei cari.

La seconda cosa è la lettura onesta, regolare e sistematica della Parola di Dio e la determinazione a metterla seriamente in pratica. Giacomo esortava i credenti a “ricevere la Parola con mansuetudine”. Se non abbiamo intenzione di sottometterci, scordiamoci la vita esuberante. Le obbiezioni a Dio non fanno parte della vita cristiana.

Terza cosa è camminare nella luce, cioè vivere cercando di mettere in pratica la Parola di Dio, confessando ogni peccato e vivendo nella trasparenza con Dio. Il Salmista chiedeva, nel Salmo 139: “Prova e conosci i miei pensieri, vedi se c’è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna”. Il Signore ci può convincere di peccati occulti, e di cose che non consideriamo peccati, ma che lo sono. Ascoltiamolo.

Quarta cosa, vivere praticando la presenza di Dio. Questo non vuol dire pregare tutto il tempo o cantare inni a squarciagola (anche se cantare ci fa bene!), ma essere conscie che Gesù è accanto a noi tutto il tempo e in ogni momento ci vede.

Quando siamo con una persona che rispettiamo, certamente ci comportiamo al meglio. Se vediamo che c’è un vigile, non passiamo col rosso. Se siamo convinti che Gesù ci sta guardando, faremo le cose giuste.

Questo, per me, è il modo per realizzare la vita esuberante nel Signore. Forse ti sembro troppo facilona. Ma, per me, funziona. Fammi sapere!
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