Possiamo riuscirci benissimo!


La Bibbia è piena di gente interessante e simpatica, da cui possiamo imparare molto. Uno è Caleb di cui parla il libro dei Numeri. Il nostro grafico, Erkki, ha guidato uno studio sul carattere e le imprese di quest’uomo, nel nostro studio biblico settimanale in chiesa, e molto di quello che sto per scrivere è fonte delle sue ricerche. Io l’ho trovato molto significativo.

Caleb aveva un padre dal nome strano Gefunne, che probabilmene non era ebreo di nascita. Evidentemente si era unito al popolo d’Israele e suo figlio Caleb era diventato il capo della tribù di Giuda. Come tale, Caleb fu mandato da Mosè insieme a altri undici uomini, fra cui Giosuè, tutti capi delle altre tribù, a esplorare la Terra Promessa.

Dopo che Dio gli aveva fatto attraversare miracolosamente il Mar Rosso, il popolo aveva iniziato il suo cammino. Ora è accampato nel deserto di Paran.   I Giudei erano un popolo difficile, disubbidiente e ribelle, che Dio aveva curato nutrendolo dal cielo con la manna e con quaglie, aveva dissetato facendo scaturire l’acqua dalla roccia.  Gli aveva dato la legge morale e sacerdotale e aveva pazientato e aveva perdonato varie volte, quando aveva disubbidito.

Ora il popolo suggerisce che si mandino degli esploratori a visitare la famosa Terra promessa descritta da Dio come una terra in cui scorrono latte e miele. Dio lo permette e Mosè lo organizza.  Era un suggerimento, mi pare, dettato non tanto dall’entusiasmo di andare a esplorare il paese che Dio aveva promesso e di ammirarne la bellezza, ma più che altro dalla diffidenza. E se Dio avesse altri piani, se li volesse collocare in un territorio difficile? E se fosse peggio della schiavitù dell’Egitto? Se fosse, come dicono tanti anche oggi, che si “stava meglio quando si stava peggio”?

I  12 partono, con degli ordini precisi da parte di Mosè: “Andate... e vedrete che paese è, che popolo lo abita, se è forte o debole, se è poco o molto numeroso e come sono le città ... come è il terreno, se vi sono alberi o no. Abbiate coraggio e portate i frutti del paese”.

Il loro viaggio, andata e ritorno e esplorazione,  durò 40 giorni, videro che il posto era bello, il terreno fertile, portarono indietro un enorme grappolo d’uva e della frutta. Fecero il loro rapporto a Mosè e Aaronne e al popolo: “Il paese è bellissimo e fertilissimo, davvero ci scorre latte e miele, però è abitato da gente potente, grande, gigantesca, in città fortificate.... Troppo difficile, non lo vinceremo mai, non ci possiamo andare!”.

Stavano esagerando e comunicando la loro paura e il loro scetticismo agli Ebrei rimasti sotto le tende e tutta la popolazione si mise a piangere e a lamentarsi contro Mosè e Aaronne e, indirettamente, contro Dio. Anche in una chiesa o in un ufficio, basta che uno cominci a mormorare  e a lamentarsi, e presto si scatena la rivolta. Non vi è mai capitato?

Mentre gli esploratori parlavano, Caleb, sostenuto da Giosuè,  cercava di calmare i popolo, dicendo che quelli stavano esagerando e che il paese si poteva facilmente conquistare, che i problemi c’erano ma non erano insormontabil; che con l’aiuto di Dio la cosa era più che possibile.  Niente da fare: nessuno se li filava.

“Moriremo tutti, i nostri bambini diventeranno preda del nemico... Stavamo meglio in Egitto, nominiamoci un capo e torniamo lì!”

In una circostanza così, le parole non servono a molto. Mosè e Aaronne si prostrarono in preghiera, mentre Giosuè e Caleb, continuavano a ripetere: “Il paese è buono, buonissimoi... Se il Signore è favorevole, ci farà entrare in quel paese e ce lo darà... Soltanto non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo di quel paese... il Signore è con noi, non li temete...”.

“Questi due sono traditori, incoscienti... meritano di essere lapidati” fu il mormorio generale.

A quel punto Dio intervenne e la sua gloria apparve nel Tabernacolo dove risiedeva la sua presenza.

Quando Dio si adira, si adira sul serio. “Dopo aver visto tanti miracoli e aver goduto tanta protezione come mai il popolo non credeva ancora in Lui?” domanda. E minaccia di distruggerlo.

Mosè intercede e Dio acconsente a non operare una distruzione completa: solo i ribelli vagheranno nel deserto per 40 anni (mentre avrebbero potuto attraversarlo in 40 giorni!) e riceveranno esattamente ciò che la loro bocca aveva chiesto: la morte nel deserto. Solo i loro figli arriveranno nella Terra promessa.

Ecco la lista dei peccati del popolo:
  • tentarono Dio ribellandosi a Lui per ben 10 volte in un anno,
  • non ubbidirono alla voce di Dio,
  • Lo disprezzarono,
  • non credettero alle parole del Signore,
  • mormorarono contro di Lui,
  • disprezzarono il paese che Dio aveva promesso di dare loro,
  • si sviarono dal Signore,
  • furono infedeli, ostinati e presuntuosi.

“Che razza di gente!” dite. Andiamoci piano: non siamo anche noi spesso come loro?

E cosa impariamo da Caleb? Ne parliamo la prossima volta.
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