Lavorare... Ma come?


“Ma lo sai, tu, che cosa vuol dire cercare lavoro senza trovarne e essere senza soldi? Fai tante prediche, ma non sei nei nostri panni!”

Me lo hanno detto. È vero che i tempi sono difficili e che la crisi è globale. È vero anche che ho un lavoro. Ma è anche vero che so molto bene cosa sia essere senza soldi. E avere fame con la F maiuscola.

In un periodo difficile, quando vivevo ancora a casa coi miei genitori, abbiamo vissuto giorni pesanti. C’era la guerra, eravamo sfollati, non avevamo soldi. Così sono andata dai contadini e ho chiesto se potevo aiutarli a vendemmiare, a raccogliere le olive e a mietere il grano col falcetto, come si faceva allora, in cambio di un po’ di cibo. Era una goccia nel mare, ma una goccia era.

Mi sono fatta anche dare un pezzetto di terra da certi amici, che avevano della terra, e ho coltivato melanzane, pomodori e fagiolini. Non ero l’unica. Accanto a me c’era il campetto di un avvocato, anche lui amico dei proprietari, che coltivava pomodori e zucchine. Facevamo a gara a chi aveva i prodotti più belli.  

Mio marito, dal canto suo, da studente ha fatto ogni specie di lavoro per mantenersi agli studi e non dipendere troppo dai genitori. I nostri figli? Idem.

Se fossi giovane oggi, e non avessi lavoro, penso che mi butterei a dare ripetizioni a poco prezzo, mi offrirei come baby-sitter o roba del genere. Non starei, mi pare, solo a piangere o a fare cortei di protesta.

Conosco molto bene un giovane architetto che ha battuto le strade di Roma, offrendo il suo curriculum. Non ha trovato un impiego. Oggi fa un lavoro che, per quello che ne capisco, non ha niente a che fare con l’architettura e non è prestigioso. Ma gli permette di mantenere moglie e figlie dignitosamente. Per me, è un gran buon esempio.

Comunque sia, la Bibbia ha molto da dire sul nostro atteggiamento riguardo al lavoro.

“Va’, pigro, alla formica; considera il suo fare e diventa saggio! Essa non ha capi né sorvegliante, né padrone; prepara il suo nutrimento nell’estate e immagazzina il suo cibo al tempo della mietitura” (Proverbi 6:6-8).

Nel nostro mondo occidentale ci siamo tutti abituati a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Carte di credito, rate, mutue, prestiti, aiuti governativi e chi più ne ha più ne metta. Oggi ne paghiamo i risultati. E, in più, siamo diventati pigri.  

La formica del versetto non aspetta né ordini né aiuti da nessuno: lavora, si dà da fare, è previdente e non sciala. Mette via e non butta via.

Se c’è una cosa che mi fa vedere rosso, è osservare gli sprechi nelle famiglie, nelle  comunità, nelle chiese. Piatti e posate di plastica. Verdura già pronta e pulita. Cibi preconfezionati da riscaldare nel micronde.

Usa e getta a più non posso.  Se un cibo è scaduto da un giorno si butta. Se un paio di scarpe non è pù di moda si butta e se ne compra un altro. Gli armadi sono pieni di vestiti poco usati. Tanto, dai cinesi, costano così poco!

Ma cosa succede ai pigri? Ecco le parole di Salomone.

“Fino a quando, o pigro, te ne starai coricato (oggi forse avrebbe scritto: te ne starai davanti al computer a navigare su Internet, a perdere tempo con facebook, o a divertirti coi videogiochi)? Quando ti sveglierai dal tuo sonno?

“Dormire un po’, sonnecchiare un po’, incrociare un po’ le mani per riposare. La povertà verrà come un ladro, la tua miseria come un uomo armato” (Proverbi 6:9-11).

I tempi sono difficili. Non c’è dubbio. Ma non sarebbe ora che cominciassimo  a risparmiare un po’? Non solo per necessità, ma per convinzione. Come stile di vita.
.

Nessun commento:

Posta un commento