È incredibile: se sentiamo dire una cosa buona su qualcuno, molto
spesso la teniamo per noi. Quando ne sentiamo una cattiva, abbiamo subito
voglia di parlarne con un’altra persona.
Così, poi, la parola passa di bocca in bocca, la cosa si ingrandisce e
si gonfia sproporzionatamente, facendo molto danno.
Nell’opera di Rossini, il
Barbiere di Siviglia, un prete consiglia di spargere una calunnia sul
conto di qualcuno. La descrive come un venticello sottile che finisce per
diventare una terremoto e un temporale. Lo fa cantando un’aria famosa, molto
descrittiva sia nelle parole che nella musica, in cui, alla fine, il meschino,
calunniato e calpestato, non sa più come salvarsi.
La maldicenza è un male antico quanto l’uomo. Infatti,
quando Dio rimproverò Adamo perché aveva mangiato del frutto che gli era stato vietato,
questi diede subito la colpa alla moglie. Questa immediatamente si difese dando
la colpa al serpente, che l’aveva sedotta. Nessuno era pronto a confessare che
era stata colpa sua.
“Le parole del
maldicente sono come ghiottonerie e penetrano fino all’intimo delle viscere” dice
il libro dei Proverbi (18:8). Niente di più descrittivo. Le maldicenze attirano
come un bel dolce che dice: “Mangiami!”. Come un buon pasticcino alla crema, scendono
bene. Poi mettono radici ben profonde nel cuore, che è la sede delle emozioni,
e nel cervello, che non le dimentica.
Gettano un’ombra negativa su chi ne è il soggetto, di dubbio e di
delusione in chi le ascolta.
“Sarà vero? Non sarà vero?” ci si chiede. “Chi sa? Non si
può sapere...”
“Chi va sparlando
svela i segreti, ma chi ha lo spirito leale tiene celata la cosa”
(11:13). Però, volere o no, l’ombra del
dubbio gli rimane.
“L’uomo perverso
semina contese, il maldicente disunisce gli amici migliori” (16:28). Quante
famiglie hanno avuto separazioni, dispiaceri e contese, perché un parente o un
amico si è preso la briga di dire male di qualcuno e è riuscito a mettere l’una
contro l’altra persone che prima andavano perfettamente d’accordo! E quante
chiese si sono smembrate per delle dicerie cattive!
Che fare?
Prima di tutto non pettegolare e non raccontare cose solo “per sentito dire”. Se possibile,
accertare i fatti. Se no, fare come dice Salomone, ispirato dallo Spirito
Santo: “Chi va sparlando palesa i segreti; perciò non t’immischiare con chi
apre troppo le labbra” (20:19).
Se poi volete conoscere, il mio metodo infallibile che evita
che delle anime buone vengano a raccontare pettegolezzi, su amici comuni, magari rivestendoli col manto pio di soggetti di
preghiera, eccolo.
Con una faccia molto seria, propongo: “Dato che la cosa è
grave, andiamo insieme a parlarne con l’interessato”. Funziona.
Se poi questa terapia d’urto non vi piace, attenzione: continuate
a mangiare ghiottonerie che vi avvelenano.
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