Signore, come mai ti curi di me?


Se siete come me, pregate poco. Troppo poco.  E non solo troppo poco, ma anche pregate male. Io me ne rendo conto molte volte.

Comincio a pregare e la mia mente corre a pensare alla lista delle cose che devo fare e mi distraggo. So che le ho tutte scritte su un pezzo di carta, ma non mi pare che basti. Mi metto a pensare dove ho messo quel pezzo di carta. Ah sì, sul tavolo di cucina!  E mi sono già distratta. E riprendo a pregare.

Mi capite? Ho paura di sì.

Prego per i miei cari e li nomino uno per volta. In quello stesso momento, la mia mente si comincia a preoccupare: un tale figlio ricorderà di prendere le sue medicine? Quella nipote mi dà pensiero perché non mi pare che studi con sufficiente serietà... e quell’altro come mai non si fa sentire... Viviamo in tempi difficili, le ragazze faranno attenzione a con chi escono?  Grazie, Signore, per quel nipote che ha un cuore così tenero...

La preghiera è un grande mistero: io sono qui nel mio studio, nella mia cucina, in macchina o al lavoro. Dio è in cielo, è dappertutto, ha promesso di esaudirmi, ma qualcosa ancora mi manca e forse mi mancherà fino a che sarà su questa terra. Se  non sono veramente soddisfatta della mia vita di preghiera, è chiaro che devo imparare a pregare meglio.

Non solo: devo imparare con quale atteggiamento devo avvicinarmi. Devo capire meglio chi sono io e chi è Lui. A questo punto, la Parola di Dio mi può aiutare.

Il Salmista Davide era stato un pastore da giovane e, certo, nelle campagne della Palestina, mentre osservava le sue pecore, avrà visto i prati coperti di fiori in primavera, i cieli azzurri, le nuvole che solcavano gli spazi infiniti. Di notte, poi, vedeva il cielo buio trapuntato di stelle e attraversato dalla via lattea. Guardava la luna che sembrava un piatto d’oro bagnato nell’argento e il suo cuore esplodeva: “Quando io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cosa è l’uomo che tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo che tu ne prenda cura?... O Dio, Signore nostro, quant’è magnifico il tuo nome in tutta la terra” (Salmo 8:3,4,9).

Quando mi avvicino a Dio in preghiera, devo essere consapevole della sua immensa grandezza e della mia nullità e peccaminostà. Egli è il  Creatore e io sono una sua creatura. È vero che in Cristo sono redenta, salvata, benedetta, figlia di Dio, ma sono sempre e solo una peccatrice salvata per grazia.

È una grazia se posso avvicinarmi a Dio, se posso rivolgergli la parola, se gli posso offrire la mia adorazione, se posso dirgli: “Signore, ascolta il mio grido, siano le tue orecchie attente al mio grido di aiuto! Se tieni conto delle mie colpe, Signore, chi potrà resistere? Ma presso di te è il perdono...  presso il Signore è la misericordia e la redenzione abbonda presso di Lui...” (Salmo 130:2-4,7).

Io sono nulla. Lui è tutto. Ma mi ama e mi accoglie, nonostante tutto. Quando mi avvicino a Lui in preghiera, lo devo sempre tenere presente. Ne parleremo ancora. 
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