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Un’amica, che mi ha sentita durante una trasmissione da Perugia, mi ha scritto che ha involontariamente ascoltato una telefonata in cui suo marito diceva a un amico delle cose poco lusinghiere su di lei.
“Sono stufo, mi assilla, non ne posso più delle sue critiche: devi fare, non devi fare, devi vestirti meglio, mangi troppo, dovresti occuparti dei figli...”. La moglie dice che lei lo fa per essergli d’aiuto, ma capisce che il marito non la rispetta, se parla male di lei a quel modo.
La sua domanda è: che devo fare? La risposta semplice è: cambia tattica!
Ma non è tutto lì, perché il problema è un altro.
In inglese c’è un verbo che descrive l’atto di insistere, assillare e esortare con insistenza. Il verbo è “to NAG”. Mi pare che descriva anche onomatopeicamente l’azione: nag, nag, nag,
Se Salomone avesse saputo l’inglese, avrebbe usato quel verbo per descrivere una donna brontolona che sembra il gocciolare di un rubinetto e così noiosa che chiunque preferirebbe abitare sull’angolo di un tetto piuttosto che con lei.
Purtroppo è un’abitudine abbastanza comune fra noi donne. Insistiamo, ripetiamo, diciamo, “nagghiamo”. E i mariti si annoiano... e fanno peggio per ripicca.
Nessun marito ama le prediche, soprattutto se vengono dalla moglie. Nessuno vuole essere sposato con “una Billy Graham”. O con una psicologa o una maestra d’asilo. Nessun marito è migliorato o è cambiato ascoltando le prediche di sua moglie. Chi si è sposata pensando: “Dopo sposati, cambierà. Ci penserò io a cambiarlo” è riuscita solo a promuovere incomprensioni o tristezze. Se non separazioni o tempeste.
Il nostro compito di mogli è un altro. Siamo degli aiuti “adatti”, secondo la definizione biblica, e un aiuto efficace non assilla né annoia. Prende provvedimenti su un altro fronte.
Prima di tutto, prega per il marito. Non per parlare al Signore dei suoi difetti, (a quelli ci pensa già tutto il tempo Satana, che è il grande accusatore dei credenti, secondo l’Apocalisse), ma ringraziando il Signore per quello che di bene il marito fa. E poi esprime la sua gratitudine verbalmente anche al marito.
Poi lo loda, ogni volta che fa qualcosa di bene. A meno che non sia un incrocio fra Caligola e Cagliostro, del bene ne fa. Ed è importante notarlo davanti a lui e davanti ai figli.
Invece di dare consigli, chiede consigli e opinioni. Discute cortesemente, ringrazia, incoraggia e sostiene. Dimostra affetto e esprime calore.
Nel caso specifico della donna che ha sentito la telefonata del marito – cosa che avrebbe rattristato chiunque – penso che farebbe molto bene se facesse la cosa più difficile al mondo: chiedere perdono, senza trovare scuse, attenuanti o accuse.
Ripeto che sarebbe difficile, ma dovrebbe dire: “Ho sentito quello che hai detto e ti chiedo perdono, perché evidentemente ti ho fatto dispiacere. Pensavo di fare bene, ma ho sbagliato. Sono ferita, ma voglio cambiare”. Penso che un discorso di questo tipo sorprenderebbe e smuoverebbe anche una cariatide.
Naturalmente, dopo un discorso così, niente più “nag”. Solo parole che incoraggiano, una cucina meno pesante, se lui ha la tendenza a mangiare troppo, delle belle camicie ben stirate messe in vista per invitarlo a indossarle, appese, per caso, accanto a un maglioncino intonato, se lui si veste con poco gusto.
E poi? Si aspetta, si prega e si loda ogni volta che c’è anche il minimo segno positivo.
Quanto tempo ci vuole? Forse un mese, un anno, o una vita. Ma l’importante e non “nag” mai più.
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Le donne sono troppo brontolone.
RispondiEliminaPurtroppo hai ragione...
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