Perché mi hai ingannata?

Parlo di nuovo di Eliseo. Spero che vi interessi. Io lo trovo affascinante.

Una donna e suo marito parlano fra loro. Finanziariamente stavano bene; il marito si occupava della loro terra. Non avevano figli. Abitavano a Sunen, nel nord della Palestina.

“Caro” dice lei, “ho un’idea: c’è un uomo di Dio che passa di qui ogni tanto. È una bravissima persona, un vero uomo di Dio. Fa del bene dovunque va. Quando passa di qui, lo invito a mangiare e a riposarsi... Se sei d’accordo, facciamo costruire una stanza sul tetto, ci mettiamo un letto, una lampada, un tavolo e una sedia in modo che quando viene possa stare un po’ tranquillo...”

“Va bene, facciamo come dici tu” rispose il marito.

Quando la camera fu pronta, quello diventò il rifugio di Eliseo ogni volta che passava da Sunen. Di solito, lo accompagnava un servo che si chiamava Gheazi. Un tipo piuttosto intrapprendente.

“Cosa posso fare per te?” chiese Eliseo alla donna.

“Grazie, non mi manca niente” rispose lei.

Eliseo chiese consiglio al servo, che osservò: “Le manca solo un figlio... ma il marito è vecchio”.

Eliseo fece chiamare la donna e le annunciò che, entro un anno, avrebbe avuto un bambino. La donna pensò che fosse un inganno. Ma così fu. L’anno dopo, lei teneva davvero un bambino fra le braccia. Che grande gioia!

Un giorno, ormai cresciuto, il bambino stava coi mietitori. A un tratto, cominciò a lamentarsi di un gran mal di testa. Un’insolazione, evidentemente.

“Portatelo dalla mamma” ordinò il padre. La mamma cercò di curarlo, ma a mezzogiorno il ragazzo era ormai senza vita. La donna lo coricò sul letto di Eliseo. Non gridò, non si mise a urlare dalla disperazione. Pensò subito a Eliseo.

Corse dal marito, non gli disse nulla del ragazzo, ma gli chese di far sellare un asino, dicendo che voleva andare da Eliseo.

“Proprio oggi?” chiese il marito.

“Sì, ci devo andare!”

“Fate come dice!”

Eliseo era sul monte Carmel, lo stesso monte su cui era avvenuta la grande sfida fra Elia e i profeti di Baal. La strada da Sunen era lunga. Possiamo immaginare l’ansia di quella mamma e quanto avrà pungolato l’asino, perché non si impuntasse e procedesse celermente. Finalmente arrivano dal profeta. La donna entra da lui e gli si butta ai piedi. E scoppiò di dolore: “L’avevo detto io... Perché mi hai ingannata? Il bambino è nato, è vero, ma adesso è morto! Perché?”

Leggete il resto della storia nel capitolo 4 del secondo Libro dei Re, nella Bibbia, e scoprite come Eliseo risuscitò il ragazzo e lo ridiede a sua madre.

Riporto solo l’ultima frase del racconto: “Eliseo lo disse: «Prendi tuo figlio». La donna entrò, gli si gettò ai piedi e si prostrò in terra; poi prese suo figlio e uscì” (2 Re 4:36,37).

Quanta dignità e profondità di fede c’era in quella donna!

Sapeva giudicare giustamente. “È un santo uomo di Dio...” disse al marito, parlando di Eliseo e gli propose la costruzione della stanza speciale per ospitarlo.

Era premurosa. Fece in modo che il profeta avesse un luogo dove riposarsi e abitare in qualsiasi momento, quando era di passaggio nel suo paese.

Era serena. Quando Eliseo le chiese che cosa volesse, non mostrò di desiderare niente di più di quello che già aveva. Una qualità non comune, soprattutto in una donna.

Non perdeva il controllo neppure nei momenti di crisi. Quando Eliseo le disse che avrebbe avuto un bambino, quasi non riuscì a crederlo, ma non è detto che abbia dubitato. Quando le portarono il figlio morente, non perse la testa. Quando il figlio le morì fra le braccia, mantenne un contegno da regina e cercò aiuto dall’unica persona che glielo poteva dare: Eliseo. Mentre Eliseo indugiava non ebbe timore di sollecitarlo. Quando riebbe il figlio vivo, adorò in totale umiltà. Una donna da imitare.

Spero di avervi fatto venire voglia di conoscere di più questo profeta. Ciao!
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Non ne chiedere pochi!

Quante prediche avete sentito su Eliseo, il profeta che continuò l’opera di Elia nel regno di Israele? Io alcune, quando ero ragazza. Da molti anni nessuna.

Eppure è stato un gran profeta. Ha predicato nel regno del nord, il Regno di Israele, che ha avuto solo re malvagi ed è stato discepolo di Elia. Prima che il suo mentore fosse rapito in cielo in un carro di fuoco, aveva chiesto al Signore di poter fare il doppio dei miracoli di Elia, e se li contate, vedete che sono stati veramente il doppio.

Eliseo deve essere stato abbastanza ricco perché quando fu chiamato da Elia a servire il Signore stava arando con dodici paia di buoi, che non erano poca cosa. Eliseo non ebbe esitazioni, seguì subito Elia e rimase fedele al Signore fino alla fine della sua vita. Evidentemente era un tipo deciso e laborioso (avete notato che tutte le persone che Gesù ha chiamato erano dei forti lavoratori? Dio non apprezza gli sfaticati e, del resto, servire Dio richiede forza e soprattutto perseveranza).

Alcuni miracoli di Eliseo sono particolarmente significativi. Uno avvenne in tempo di carestia. Una vedova, moglie di un discepolo di profeti, era in grande difficoltà. Il marito era morto e lei era rimasta con due figli. Aveva contratto dei debiti e i creditori volevano prenderle i figli per farne due schiavi. La situazione era drammatica e apparentemente senza via d’uscita. Due figli schiavi sarebbero stati come due figli morti! Andò a parlarne con Eliseo.

“Cosa hai a casa?” le chiese Eliseo.

“Ho solo un po’ di olio in un vasetto” fu la risposta. Poche parole che descrivevano solo disperazione. Eliseo le disse di andare a chiedere in prestito dei vasi ai vicini e aggiunse: “Non ne chiedere pochi. Poi chiudi la porta, versaci dentro l’olio e metti tutto da parte!”

La vedova ubbidì. Portò a casa molti vasi. Immaginate l’atmosfera: tanti vasi vuoti e un misero vasetto di olio. Sembrava tutto troppo irreale per essere vero. Ma, il profeta aveva detto di fare così e non c’era che da provare. Un figlio reggeva il vaso vuoto e la donna versava dal vasetto piccolo. L’olio scendeva e scendeva. Quando il vaso grande fu pieno, la donna disse: “Portane un altro!”

Il figlio ubbidì e l’olio dal vasetto continuò a scorrere. Uno, due, tre vasi... L’olio continuava a scorrere. Finalmente un figlio disse: “Mamma, non ci sono più vasi!”.

La donna allora corse da Eliseo e gli disse quello che era successo. Eliseo le disse solo: “Vendi l’olio necessario per pagare i debiti. Il resto è tuo, per te e per i tuoi figli!”

Una bella storia, nella sua semplicità scarna e senza fronzoli.

Una storia che comincia con una donna disperata che si rivolge a un uomo di Dio. Una donna che davanti a un ordine illogico reagisce con fede, ubbidisce e rischia il ridicolo andando a chiedere dei vasi vuoti ai vicini. Una donna che, con fede, comincia a versare l’olio e che, con la fede rafforzata, continua a versare, finché ci sono vasi.

Avrebbe potuto dire coi suoi figli: “È un’idea troppo stupida per essere vera! Lasciamo perdere...”. Avrebbe potuto reagire come la gente di oggi quando cerchiamo di spiegare che la salvezza dell’anima è gratuita, che Gesù ha espiato ogni peccato e che si deve solo credere in Lui e accettare la grazia gratuita che non meritiamo.

“Gratuita, ma scherzate?!” ci dicono. “Oggi neppure un cane ti scuote la coda se non lo paghi! La salvezza bisogna guadagnarla, pagarla con sacrifici...”

Invece, quella vedova ha creduto, ha pagato i suoi debiti e ha avuto di che vivere coi suoi figli. Chi non ha Dio è un disperato, condannato a morte, schiavo della sua natura umana peccatrice. Ma se si rivolge a Dio con fede, chiede il perdono dei suoi peccati, riceve in dono la salvezza, la liberazione dalla condanna e la vita eterna.

Ti sembra troppo semplice per essere vero? Se quella vedova non avesse creduto alle parole di Eliseo, che parlava da parte di Dio, sarebbe rimasta senza figli e sarebbe morta di fame. Fai attenzione a non morire di fame spirituale e di passare l’eternità nella peggiore disperazione.
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Piangono anche loro!

Quando sono stata in Inghilterra da ragazza, per imparare l’inglese, ho lavorato in una scuola privata per ragazze inglesi di buonissima famiglia. C’erano, fra le allieve, perfino tre nipoti dell’Imperatore di Etiopia. Potete immaginare il grado di etichetta. Tutto “very proper”, come si dice in inglese. O “tutto per benino” come diceva mia mamma.

Il primo giorno di scuola la direttrice ha fatto un bel discorso alle allieve e la prima delle raccomandazioni è stata che in nessun modo dovevano mostrare e esternare le loro emozioni, buone o cattive che fossero. Dovevano ridere, piangere, arrabbiarsi, rattristarsi, rallegrarsi solo “dentro”. “Esternare le emozioni è la cosa più disdicevole che ci sia” ha detto. “Tutt’al più si può sorridere”.

Le poverette dovevano perfino guardare la partita della loro scuola contro un’altra scuola, altrettanto “proper”, senza gridare, sbracciarsi o saltare. Solo le nipoti dell’Imperatore non ci badavano e si esibivano in quella che gli Africani, allora, chiamavano una “fantasia”, cioè un balletto rituale.

“Questione di cultura” ha commentato la direttrice con sufficienza e piuttosto disgustata.

Anche da noi, in Italia, una volta si diceva che un “vero uomo non piange” e si insegnava ai maschietti che non dovevano mai piangere in pubblico.

Sembra che oggi le cose siano molto cambiate. Vediamo in TV uomini che si commuovono e chi mai avrebbe la lagrima più facile del Presidente Clinton?

Anche gli Inglesi cambiano. Un’inchiesta condotta fra 2000 uomini inglesi ha rivelato che:
  • il 77% ha ammesso che si poteva piangere in pubblico, per ragioni accettevoli,
  • il 50% ha affermato di avere pianto durante la proiezione di un film commovente,
  • il 17% ha ammesso di avere pianto sulle proprie miserie,
  • il 9% ha confessato di avere pianto a un matrimonio.
Un grosso cambiamento, senza dubbio. Pare che una delle ragioni di questo cambiamento sia che gli uomini interagiscono molto di più in maniera confidenziale con le donne, al lavoro e nella società in generale, e hanno imparato a essere più trasparenti.

Io ho visto mio padre piangere molto compostamente, quando mi ha detto che sua mamma, la mia nonna Maria, era morta. E l’ho visto piangere, quando sono partita per andare a studiare fuori casa. L’ho trovato bello, perché mi ha fatto capire che aveva un cuore molto tenero dietro a una crosta piuttosto severa.

Il Signore Gesù ha pianto per la morte di Lazzaro, ha pianto sulla durezza di cuore di Gerusalemme e nel giardino di Getsemani ha esternato il suo turbamento e la sua angoscia. L’Apostolo Paolo ha pianto e ha ricordato le lacrime di Timoteo. Gli Efesini hanno pianto quando hanno salutato Paolo per l’ultima volta. Perché non dovremmo piangere noi?

A volte, ci facciamo un vanto perché piangiamo poco o niente. Ricordo che la signora Ciampi una volta ha detto a una giornalista che la intervistava: “Cocca mia, Franca Ciampi non piange!”

È bella la forza d’animo, ma quanto fa bene una bella piangiata!
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Tanto per fare una cosa gentile!

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A volte la vita matrimoniale diventa un po’ monotona. Perché non rallegrarla con un biglietto per vostro marito o vostra moglie (so che anche dei mariti sono miei amici e mi leggono!) che suona così... Naturalmente, faccio solo dei suggerimenti. Basta poco per suscitare scintlle!

CARA/O, ECCO COSA MI PIACE DI TE!

Comincio dai mariti...
  1. Mi piace il tuo sorriso. Mi fa pensare a quando il sole spunta dietro a una nuvola.
  2. Mi piace quando ridi come un’isterica, se mi metto il dentifricio al posto della crema per la barba. E non mi dici che sono scemo.
  3. Mi piace quando mi dici che ho messo la cravatta ben intonata con la giacca e non l’hai scelta tu.
  4. Mi piace quando mi aiuti a fare i piani per le vacanze e hai sempre delle buone idee per non andare solo dai parenti.
  5. Mi piace pensare a tutte le volte che ci siamo trovati a dire la stessa cosa e facciamo “flick!” come quando eravamo ragazzini.

 
E questo è per le mogli...
  1. Mi piace quando mi metti la mano sulla spalla mentre camminiamo.
  2. Mi piace quando apri la porta di casa e mi fai entrare per prima. Mi sembra di essere una principessa.
  3. Mi piace quando mi aiuti e carichi la lavastoviglie. Nessuno lo fa meglio di te.
  4. Mi piace quando vieni a letto tutto profumato e con la barba fatta. Tutto diventa molto più bello....
  5. Mi piace quando mi chiami “cara”.

Capito l’idea?

Mi marito mi fa trovare sempre un biglietto affettuoso se vado da sola fuori Roma e torno da un convegno. Li ho tutti conservati! Ciao e alla prossima!
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La vita è bella, se...

...la vivo con le mie priorità in ordine.

Molti anni fa, nella nostra famiglia, abbiamo passato un periodo di forte ristrettezza finanziaria. Non c’era la crisi globale di oggi, ma avevamo noi una grossa crisi finanziaria famigliare. I figli erano ancora piccoli, tutti alle elementari, e ci domandavano come mai mangiavamo molti fagioli e, se c’era la carne, era sempre carne macinata, ridotta a polpette e polpettoni.

Mio marito e io avevamo deciso che avremmo sempre continuato a offrire al Signore la decima pare delle nostre entrate. Era il minimo che potessimo fare, ma era quello che eravamo convinti che gli spettasse. Era una priorità a cui tenevamo.

A volte, è stato un po’ difficile. Dovevamo contare anche i centesimi. Ma non siamo mai andati a letto affamati, non ci è mai mancato l’essenziale e abbiamo pagato regolarmente affitti e bollette. I figli sono stati molto contenti quando hanno rivisto comparire le fettine panate o gli involtini sulla tavola e ho potuto ricominciare a fare le loro torte favorite.

Qualcuno potrebbe considerare una simile pratica un legalismo che danneggiava i figli. A noi è sembrato giusto e abbiamo potuto constatare la cura costante del Signore. I figli sono venuti su sani e forti ugualmente. Oggi non se lo ricordano neppure più, anche se hanno una certa reticenza a godere fagioli e lenticchie. E, grazie a Dio, il periodo di “vacche magre” non è durato molto a lungo.

Il Signore Gesù, subito dopo aver parlato della necessità di non essere ansiosi e di preoccuparci, ha dato una dritta per aiutarci a avere l’atteggiamento giusto nella vita, sia in ricchezza che in porvertà.

“Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno” (Matteo 6:33,34).

Dio deve avere il primo posto nella nostra vita e fare piacere a Lui è più importante che fare piacere alla moglie e ai figli. Ubbidire alla sua Parola è più importante che possedere quello che i vicini di casa hanno o che i compagni di scuola sfoggiano.

E se Dio ha il primo posto, il problema di provvedere lavoro, finanze, casa, vacanze o vestiti, diventa un problema che Lui deve risolvere. E questo guarisce l’ansia e la preoccupazione.

E renderà bella la vita.
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La vita è bella, se…

.... la vivo senza ansia

A me piace guardare la gente, mentre aspetta la Metro, fa la spesa, cammina per strada o porta i bambini al parco. Mi colpisce il fatto che pochi ridono. Anzi non sembrano ridere mai. Sembra spesso che abbiano a che fare con un nemico, sono crucciate. La loro ansia, a volte, sembra palpabile.

I problemi ci sono e le difficoltà anche. Ma l’ansia è il peggiore guastafeste che ci sia. Toglie la gioia in qualsiasi occasione. Rovina anche i momenti più belli. Ed è la cosa più stupida che ci sia, perché non serve assolutamente a niente. Riguarda il futuro che non si è ancora verificato, immagina cose che non sono ancora successe e probabilmente non succederanno mai. Assomiglia a una lotta contro un fantasma... inesistente.

Però può rovinare lo svolgimento di un esame, anche se si è studiata la materia.

Può sciupare un incontro di lavoro, se si ha paura di fare cattiva figura.

Può danneggiare un matrimonio, se uno dei coniugi (Dio ci salvi se sono ansiosi tutti e due!) è costantemente preoccupato.

Può minare amicizie, ostacolare carriere, creare malintesi nelle famiglie, nella chiesa e in un ufficio. Può anche rendere insopportabile una persona, perché la porta a vedere tutto nero e tutto negativamente.

Per che cosa si è ansiosi: per il domani, per la possibile mancanza di denaro, per la scuola dei figli, per malattie o contagi, per la morte propria o di una persona cara, per la cattiva riuscita di un progetto, per il futuro di un commercio o anche di una chiesa, perché ancora non abbiamo un marito o una moglie, per la solitudine, per la perdita di un lavoro o un possibile tracollo finanziario. Per .......................... (in questo spazio scrivi quello che ora ti preoccupa).

“Non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o che cosa berrete; né per il vostro corpo di cosa vi vestirete” ha detto il Signore Gesù. “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?... Non siate in ansia dicendo: Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo? Sono i pagani che si preoccupano di queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose” (Matteo 6:25-27,31,32).

Nella preghiera modello, il cosiddetto “Padre nostro”, Gesù ha insegnato a chiedere il pane quotidiano. Non ci ha autorizzati a chiedere la bistecca quotidiana, ma il pane, sì. Ha, però, promesso di darci abbastanza per vivere. E lo sta facendo per migliaia di suoi figli.

Ma come si fa a non preoccuparsi? Qualcuno dice: “È più forte di me. Sono fatto così”.

Se sei fatto male non c’e ragione per non cercare di diventare meglio.

Comincia a dire al Signore che stai facendo una cosa che Lui dice che non si deve fare. In altre parole, digli che la tua preoccupazione è un peccato. E che vuoi elminarla dalla tua vita.

Poi esamina la tua preoccupazione: puoi fare qualcosa per migliorare la situazione? Sì? No?

Se c’è un sì: fallo. Se la risposta è no, confida nel Signore e lascia la cosa nelle sue mani.

In questo momento io ho due nipoti in due paesi lontani e pericolosi. Posso solo pregare per loro. Se me ne preoccupassi, non cambierei nulla e mancherei di fede nella capacità che Dio ha di proteggerli.

“E se uno di loro fosse in Afghanistan?” chiedete.

Centuplicherei le preghiere. Ma non cambierei nulla preoccupandomi.

Perciò, quando la preoccupazione fa capolino, trasformala immediatamente in una preghiera. Ti assicuro che funziona... è vedrai che la vita è bella, se è vissuta senza ansia.
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La vita è bella, se...

... la vivo nella gratitudine.

Non voglio parlare del film di Benigni, ma della vita che può essere bella, se ci sono le giuste premesse. Potrebbe essere bella anche in mezzo agli orrori di un campo di concentramento e, alcuni credenti che l’hanno vissuta, lo affermano.

La vita è bella se si vive nella gratitudine.

C’è un Salmo che parla di tante benedizioni che il Signore riversa su chi si affida a Lui e spinge a lodarlo. Leggiamolo insieme. È il Salmo 103: 1-5, 8,13,14. Ci farà del bene, ora che le ferie sono passate, i figli tornano a scuola e si ricomincia con la vecchia routine.

“Benedici, anima mia, il Signore e non dimenticare nessuno dei suoi benefici...

“Egli perdona tutte le tue colpe...”. Il Signore è chiamato “gran Perdonatore”. Basta andare da Lui, senza scuse e senza presentare attenuanti e Lui non aspetta altro che largirti il suo perdono acquistato da Cristo sulla croce.

“Egli risana tutte le tue infermità...” Le malattie fisiche fanno parte della nostra vita umana. Dio può guarirle miracolosamente, può usare dottori e medicine o può decidere di non guarirle. Lui sana, però, ogni infermità morale, ogni ferita che ci è stata inferta, ogni dolore spirituale, ogni ricordo penoso. Lo Spirito Santo che vive nei credenti è il Consolatore, Colui che sana la nostra anima, sempre, se lo vogliamo e se ci sottomettiamo alle sue cure.

“Salva la tua vita dalla fossa...” La fossa è la morte. Dio non ci risparmia la morte fisica, ma ha vinto la morte spirituale, che è la separazione da Lui. Sei rinato spiritualmente?

“Ti corona di bontà e compassioni, Egli sazia di beni la tua esistenza...” Hai mangiato oggi? Hai un letto? Hai di che vestirti? Un lavoro? Ringrazialo di ogni bene di cui godi.

“Egli ti fa ringiovanire come l’aquila...” Se sei come me, e come tanti altri vecchi, hai meno forza di quando eri giovane. Nessun prodotto di bellezza o medicinale potrebbe cambiare la realtà. Il ringiovanimento di cui si parla qui è interiore.

Ma conosco dei giovani che sono già vecchi “dentro”. Scontenti, apatici e senza spinta. Permettimi di chiederti: quanti anni ti senti? Il tuo vigore spirituale dovrebbe aumentare di giorno in giorno e diventare un po’ più forte ogni giorno. A meno che tu non sia un vecchio (o una vecchia, o un giovane-vecchio) scontento e lamentoso. In quel caso chiedi a Dio di perdonarti e di cambiarti!

“Il Signore è pietoso e clemente, lento all’ira e ricco di bontà...” Ogni giorno abbiamo cento motivi per lodare il Signore perché non perde la pazienza con noi. Non per nulla è “l’Iddio della pazienza”!

“Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso il Signore verso quelli che lo temono... Egli conosce la nostra natura, si ricorda che siamo polvere.”  Il nostro è un Dio pieno di tenerezza, buono e fermo allo stesso tempo. Tiene conto della nostra fragilità e ha pietà di noi. È migliore del migliore padre umano.

Per tutte queste ragioni e mille altre dovremmo vivere nella riconoscenza costante. Allora la nostra vita sarà bella.
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Guardiani poco guardinghi

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“La butterai nel cassonetto della carta?” ho chiesto a una ragazza che stava maneggiando parecchia carta da macero.


“No, tanto va tutto nello stesso posto.”

“Ma mica vogliamo diventare come Napoli e Palermo!” ho risposto.

“Ma lo fanno tutti...”

Proprio dopo aver visto Napoli soffocata dalla spazzatura, e avere apprezzato lo sforzo per ripulire la città, fatto da Berlusconi e Co, mi si è svegliata una coscienza ecologica che non vi dico. Non è comodo fare la raccolta differenziata, perché le fantomatiche istituzioni che dovrebbero provvedere a raccolte e cassonetti comodi non ci aiutano, ma è una cosa giusta ed è una legge da osservare.

“Non c’è nessuna ragione” ho detto alla ragazza, di cui ho parlato prima, “di fare il male perché gli altri lo fanno”.

Non sono diventata una “verde”, anzi a volte mi arrabbio con i “verdi” politici che hanno da ridire su tutto e su tutti e ostacolano anche cose utili.

Però penso che dovremmo, come credenti, metterci la mano sulla coscienza non tanto perché si rischiano le multe a buttare tutto alla rinfusa, ma proprio perché siamo credenti e il Signore ha affidato agli uomini il compito di lavorare la terra e custodirla. Questo lo dice chiaro e tondo il libro della Genesi. Se gli uomini la rovinano, i credenti dovebbero curarla.

È vero che il peccato, compiuto dai primi abitanti della terra, ha cominciato a danneggiarla, ma non è necessario continuare a contribuire a peggiorarne la situazione.

Dio ama la terra, dopo il diluvio ha promesso di non distruggerla più con un altro diluvio e di regolare le stagioni perché la terra produca frutto e nutrimento per la popolazione. Fece istituire perfino una festa per celebrare i raccolti e offrire al Signore le primizie dei prodotti della terra.

Il Salmista Davide ha scritto un inno meraviglioso per cantare la provvidenza del Signore e la sua cura della terra: “Tu percorri la terra e la irrighi, la fai produrre abbondantemente, i ruscelli di Dio sono pieni d’acqua, tu procuri agli uomini il grano, quando prepari la terra, tu irrighi i suoi solchi, ne pareggi le zolle, l’ammorbidisci con le piogge, ne benedici i germogli” (65:9,10).

Dio ama la terra, un giorno il Signore Gesù stabilirà il suo regno proprio sulla terra e ha anche decretato che giudicherà e distruggerà “coloro che distruggono la terra” (Apocalisse 11:18).

E allora, se Dio ama tanto la terra, perché permette inondazioni e terremoti? Nella Bibbia è scritto che Dio ha voluto usare le catastrofi ecologiche per ammonire gli uomini e, di solito, questi non lo hanno né capito né ascoltato. Non sarà mica che Dio sta parlando per mezzo di tanti fenomeni che si verificano oggi (piogge torrenziali, caldo torrido, eruzioni di vulcani ecc.) per parlare all’umanità che non lo vuole ascoltare e ravvedersi?

“E se le cose vanno, in ogni modo, in malora a cosa serve la differenziata e perché farla?” chiedete.

Ho paura che la risposta sia solo una sola: “Perché è giusto farla, per il bene della terra che ci è stata affidata”.

Al tempo suo, Noè per 120 anni ha predicato che un diluvio avrebbe distrutto ogni cosa. Nessuno lo ha ascoltato. Ma lui e la sua famiglia si sono salvati, perché hanno creduto a Dio. E dopo la catastrofe, hanno avuto il privilegio di riprendere a coltivare il pianeta che Dio ha affidato alla cura dell’uomo.
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L’amore impossibile con cui amare

Un mio nipote è tornato da poco da un periodo di lavoro e di servizio a Haiti. È andato a aiutare nella ricostruzione dopo il terremoto. È stata per lui un’esperienza importante.

Attualmente un’altra nipote è in Bangladesh e fa uno stage in una missione. Il Bangladesh è uno dei paesi più poveri e dimenticati. Buio sotto tutti i punti di vista.

Questi nipoti hanno deciso di dimostrare in modo pratico l’amore di Gesù alla gente che soffre e ha bisogno di aiuto, in una cultura molto diversa dalla loro. La cosa mi fa piacere e la mia preghiera è che i loro occhi si aprano sempre più per vedere la sofferenza umana e fare qualcosa per lenirla.

L’Apostolo Pietro ha scritto: “Aggiungi alla fede... l’amore “agape”. È l’ultimo dei nostri scalini. Più in su non si va.

L’amore “agape” è un amore simile a quello di Dio. Non è umano, non è sentimentale o emotivo. È un amore pratico e attivo che parte da una decisione.

È l’amore del Samaritano di cui ha parlato Gesù nella sua parabola ben conosciuta.

Il Samaritano ha visto l’uomo ferito, si è fermato senza badare al pericolo che i predoni potessero venire a far del male anche a lui, ha medicato il poveretto, lo ha caricato sul suo animale, lo ha portato in una locanda, ha messo la mano al portafogli e ha pagato per le sue cure. E quando l’amore tocca il portafogli è amore genuino!

È l’amore che agisce: “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare...”.

L’amore agape è stato mostrato da Dio nel concepire il piano della redenzione, prima che il peccato fosse commesso. È stato dimostrato da Cristo nel mandare ad effetto il piano di Dio, andando a morire sulla croce, perdonando i suoi carnefici e dicendo: “Tutto è compiuto”. Questo è l’amore impossibile, con cui Dio ci chiede di amare.

L’ultima parola spetta a Pietro, che ci ha indicato la scala da salire.

Agape è l’amore che si dimostra con la condotta.

“Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini, ad astenervi dalle concupiscenze carnali che danno l’assalto contro l’anima, avendo una buona condotta fra i pagani, affinché... osservino le vostre opere buone e diano gloria a Dio nel giorno in cui li visiterà. Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti” (1 Pietro 2:11,12,15).

Agape è l’amore che si esprime con la parola.

“Se poi dovete soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate; ma glorificate il Cristo come Signore, nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto e avendo la coscienza pulita...” (1 Pietro 3:14-16).

Agape è un amore pieno di speranza e di fiducia.

“Infine, siate tutti concordi, compassionevoli, pieni di amore fraterno, misericordiosi e umili; non rendete male per male, o oltraggio per oltraggio, al contrario benedite; poiché a questo siete stati chiamati, affinché ereditiate la benedizione. Infatti: Chi vuole amare la vita e vedere giorni felici, trattenga la sua lingua dal male e le sue labbra dal dire il falso; fugga il male e faccia il bene; cerchi la pace e la persegua, perché gli occhi del Signore sono sui giusti e i suoi orecchi sono attenti alle loro preghiere, ma la faccia del Signore è contro quelli che fanno il male” (1 Pietro 3:8-12).

E adesso agape è, per noi, amore da praticare.
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