Spingi tu, che tiro anch’io

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Lavoravano in nove per spingere il loro tesoro. E come spingevano! Si alternavano nella loro posizione, riposandosi per pochi istanti e poi riprendendo la loro fatica. L’oggetto era almeno venti volte più grande di ognuna di loro. Avanzavano piano piano. Ma tiravano, spingevano e avanzavano.


Mi hanno fatto pensare al proverbio “l’unione fa la forza” e al passo biblico che paragona la chiesa a un corpo, composto da membra che devono tutte essere attive, efficaci e pronte a fare insieme la loro parte di lavoro per servire il Signore.

L’apostolo Paolo parla di mani, piedi, occhi, orecchie, giunture, ossa e dice che i credenti di una chiesa locale devono funzionare come un corpo unico, senza invidia e senza contrasti. Alcune parti del corpo sono nascoste e poco appariscenti, ma importanti. Altre membra sono molto visibili, apprezzate e ammirate, ma non necessariamente più utili di altre. Ogni parte del corpo deve essere in buona salute per servire, parlare, soccorrere, dare dei suoi beni con generosità. Ognuna deve collaborare con le altre membra per raggiungere lo scopo e la meta finale. Spingendo insieme, tirando, aiutandosi, sostenendosi, stanno unite tutte in un corpo solo. Una bella immagine, senza dubbio.

Però, sono convinta che quando Dio guarda le nostre chiese locali, dall’alto del suo cielo, vede spesso dei corpi molto strani e sproporzionati, se non proprio deformi. Alcuni hanno delle teste enormi, piene di conoscenza dottrinale che le ha fatte gonfiare di orgoglio, altri hanno delle bocche molto sviluppate che sanno citare a meraviglia i versetti della Bibbia, ma parlano troppo. Altri corpi hanno delle gambette secchine secchine e senza forza, che non sanno fare un passo per andare a distribuire un po’ di foglietti di evangelizzazione ai vicini, o agli angoli delle strade; altri corpi hanno delle orecchie così poco sviluppate che non riescono as ascoltare i messaggi della Parola di Dio e degli occhi che sembrano fessure di un salvadanaio, incapaci di vedere la gente che se ne va ignara verso la perdizione. Altri corpi sono così grassi e compiaciuti che non riuscirebbero a muovere un dito per soccorrere chi è nel bisogno.

È vero: le chiese locali sono composte da peccatori. Perciò è impossibile che formino dei corpi perfetti. Ogni chiesa, quale più e quale meno, è deforme e funziona spesso in maniera inefficiente e deludente. Pur cercando di migliorare e progredire, nessuna chiesa potrà mai considerarsi arrivata.

Deformi, imperfette e deludenti, dunque, le chiese del Signore. Eppure...

Eppure, immensamente amate. Amate da Dio, perché formate da peccatori salvati per grazia, redenti ad uno ad uno, personalmente, al prezzo della vita del Figlio di Dio, immolato sulla croce. Amate da Dio che offre loro il dono della salvezza. Amate di un amore eterno.

Non lo trovi incredibilmente meraviglioso? Lo hai capito? Hai accettato di fare parte per mezzo della fede in Cristo di una sua chiesa locale sana e operosa?

Lo so: ora chiedete: “Ma chi erano quelle nove creature, che spingevano, tiravano e muovevano il loro carico, di cui hai parlato all’inizio? Una congregazione di pie donne? Una confraternita?”

No. Erano nove formiche che trasportavano una cavalletta morta, che sarebbe servita da cibo una volta arrivate al formicaio. Lo facevano per loro e per le altre compagne formiche.

Commoventi, nel loro impegno, e, secondo me, un buon esempio da imitare.
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