Il perdono è anche riconciliazione?

Coloro che hanno messo in croce Gesù e tutta la gente che lo scherniva, che Gesù ha chiesto al Padre di perdonare, sono andati in cielo? Ce lo siamo chiesti la volta scorsa.


È un problema di cui mi ha parlato Serena, un’amica perplessa. Mi ha raccontato: “Una mia amica mi ha fatto molto del male. L’ho perdonata di cuore, le voglio ancora bene. Vuol dire che devo trattarla come prima, come se fra noi non fosse successo niente? Lei non mi guarda neppure”.

Cosa fare con chi ci ha offeso e che abbiamo perdonato di cuore? Come ci si deve comportare nei loro confronti? È un problema di molti.

Il perdono nostro non equivale a una riconciliazione. Il perdono è un affare personale. Una persona mi ha offesa, mi ha fatto un torto. Io ne soffro, ma non le serbo rancore. La perdono, come il Signore mi ordina di fare. In preghiera, e con tutto il cuore, dico a Dio: “Il tale, la tale o cicchessia mi ha fatto molto male. Ha detto, ha fatto, ha rubato... e, Signore, come tu hai ordinato di fare, io la (o lo) perdono. Togli ogni amarezza dal mio cuore. E, con la tua forza, aiutami a non parlarne in giro e a non ricamarci su. Lascio la cosa nelle tue mani. Amen”.

Questo è il perdono personale. È il primo passo essenziale, ma non è tutto.

Se è possibile, è bene cercare poi di parlare, di chiarire, di spiegarsi e capirsi con la persona che ci ha fatto del male. A volte, è un processo delicato, perché chi è nel torto, spesso, è sulla difensiva. È importante evitare discussioni che potrebbero peggiorare la situazione per sempre.

Se la persona che ha offeso, a sua volta, chiede perdono, questo deve essere concesso senza esitazione. Le relazioni potranno riprendere anche se, a volte, da principo non saranno sempre facili. Allora sarà possibile la riconciliazione.

Il padre del figlio prodigo è stato offeso terribilmente dal figlio ribelle. Ma ha continuato a amarlo e non c’è dubbio che nel suo cuore lo ha perdonato, mentre il figlio era lontano e si dava alla bella vita. Come si capisce? Dal fatto che, appena il figlio è tornato a casa e gli ha chiesto perdono, lo ha riaccolto, abbracciato e ha ordinato che si facesse festa.

Un particolare interessante: Gesù alla fine di due parabole simili, quella della moneta smarrita e quella della pecora perduta, che precedono quella del figlio prodigo, ha fatto una riflessione: “Ci sarà grande gioia in cielo per un peccatore che si ravvede” (Luca 15).

Il paradiso assomiglierebbe a una festa di paese con fuochi d’artificio e musiche di banda, se tanti credenti, figli di Dio, perdonati e riscattati, si chiedessero perdono di tante offese e cattiverie che devastano a volte la vita delle chiese.

Per quello che riguardava la gente sotto la croce, non possiamo dire molto. Un centurione sembra che si sia ravveduto. Gli altri se non hanno chiesto perdono, sono rimasti con la loro colpa. Lo sapremo in cielo!

Alla prossima! Parleremo di almeno altri due ostacoli all’esaudimento delle preghiere.

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