I “se” di Dio

“Quando vi mettete a pregare SE avete qualcosa contro qualcuno, perdonate...”


“SE voi non perdonate, neppure il Padre vostro che è nei cieli perdonerà le vostre colpe...”

Non sono dei “se” di poco conto, dato che sono dei “se” di Dio. Li trovate, per esempio, nel Vangelo di Marco, cap. 11:24,25. Però pochi credenti li prendono davvero sul serio.

Ricordo una signora, colta, credente e impegnata nella sua comunità, che papale papale mi ha detto, dopo che le avevo parlato di perdono: “Nella nostra cultura noi non perdoniamo”. Complimenti! Volevo chiederle se non aveva paura di trovarsi il morto sotto casa.

Il perdono è l’essenza del Cristianesimo. Senza il perdono di Dio, pagato alla croce da Cristo a prezzo della sua vita, tutti (e quando dico tutti, voglio dire proprio tutti) saremmo senza speranza, senza Dio nel mondo e incamminati sulla via dell’inferno eterno. Mentre siamo in vita, se non perdoniamo, non vale neppure la pena che ci mettiamo a pregare: la nostra preghiera non sarà ascoltata e la nostra disubbidienza costruirà una barriera fra noi e Dio.

Il perdono è un ordine.

“Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio, ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria (ovvero non serbate rancori e non litigate)! Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:31,32).

Non ci sono scappatoie, il nostro perdono deve essere simile a quello di Cristo per noi. Egli è morto al nostro posto, prima che nascessimo e prima che gli chiedessimo di salvarci. Il suo è stato un perdono per grazia, cioè immeritato. È stato un perdono che è scaturito dal piano d’amore eterno, concepito da Dio, verso gente lontana da Lui, ribelle e peccatrice.

Il perdono dipende da una decisione della volontà.

Gesù non aveva il desiderio di morire sulla croce. Sapeva che sarebbe stato un supplizio atroce e che gli sarebbe costato l’abbandono temporaneo da parte di suo Padre. Il suo perdono è risultato da un atto della sua volontà, di ubbidienza al Padre. Ha detto: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. Il nostro perdono è un atto di ubbidienza e di sottomissione alla volontà di Dio. Non ho voglia di perdonare? Perdono perché Dio me lo comanda.

Il perdono deve essere incondizionato.

Qualcuno dice: “Se viene a chiedermi perdono, lo (o la) perdonerò”. Questo non è il perdono biblico. Esso non dipende dal pentimento di chi mi ha offeso, da una riparazione, da un baratto di colpevolezze.

Il perdono deve essere totale.

“Gli perdono il danno che mi ha recato, ma non posso perdonarlo per...”. Neppure questo è perdono. Il Salmista lodava Dio dicendo: “Anima mia, benedici il Signore... Egli perdona tutte le tue colpe...”

Il perdono deve essere concesso, senza riserve mentali.

“Lo perdono per questa volta, ma se me lo fa di nuovo, se lo può scordare”. Dio non ha mai messo qualcuno in quarantena. Non abbiamo il diritto di farlo noi. E Gesù ha detto a Pietro che doveva perdonare 70 volte sette. Il che significava, sempre.

Un’offesa perdonata non esiste più, nel senso che non la si tira più fuori, non si rivanga e non la si riporta in superficie.

Dio ha gettato i nostri peccati in fondo al mare. Per Lui sono dimenticati. Mica vogliamo cercare di avere una memoria migliore di quella di Dio!

Il perdono deve essere concesso anche a chi non lo merita. Gesù sulla croce ha chiesto al Padre di perdonare la gente che lo aveva crocifisso e lo insultava, mentre moriva. Era una richiesta di perdono che partiva dal suo cuore. Vuol dire che tutti i suoi carnefici sono andati in Paradiso?

Ne parliamo la prossima volta. Ciao!

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