UN CUORE BUONO E UNA RICHIESTA POCO SAVIA

Anni fa, la cosa che molte madri desideravano più di ogni altra per i loro figli, era un impiego sicuro, possibilmente un posto statale.

Dato che il Ministro Brunetta non era ancora in circolazione con la sua caccia agli sfaticati, una volta avuto quel posto, ci si poteva mettere a dormire fra due guanciali. Lavoro e pensione erano assicurati e la mamma si poteva mettere tranquillamente alla ricerca di una buona moglie per il figlio e di un giovane per “sistemare” le figlie.

Anche una mamma, nominata nella Bibbia, aveva un po’ la stessa mentalità. Non c’è da stupirsene: i genitori vogliono assicurare un futuro sicuro ai loro figli.

La donna si chiamava Salome, abitava in Galilea, aveva un marito, proprietario di una barca, con degli operai che lavoravano per lui e due figli che collaboravano nell’azienda. Nell’insieme la famiglia se la passava piuttosto bene. Erano ebrei e timorati di Dio.

Un giorno, Gesù passò sulla riva del lago, vicino alla barca di famiglia, si fermò, vide i due figli che rassettavano le reti, e li chiamò perché lo seguissero e diventassero “pescatori di uomini”. I due, Giacomo e Giovanni, non ci pensarono neppure un momento e si unirono immediatamente a quel Maestro che faceva miracoli e predicava meravigliosamente.

Niente è detto del padre, il quale probabilmente non fece nessuna obiezione alla decisione dei figli, né della madre. Questa la troviamo solo più tardi, insieme con un gruppo di donne, che seguivano Gesù e i discepoli e prestavano assistenza al gruppo, andando di villaggio in villaggio (Luca 8:2; Marco 16:40,41). Evidentemente, Salome aveva creduto anche lei in Gesù, aveva capito che era il Cristo e voleva collaborare con Lui come poteva e sapeva.

Non è detto se la sua assistenza sia stata costante o saltuaria. È certo che, quando il Signore stava andando a Gerusalemme e si avvicinava il momento in cui avrebbe dato la sua vita sulla croce, essa era con i discepoli e col Signore.

Gesù, poco prima, aveva detto delle parole solenni. “Ecco noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi sacerdoti e degli scribi; essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito, flagellato e crocifisso; e il terzo giorno risusciterà” (Matteo 20:18,19).

Sia i discepoli sia chi era vicino a Gesù comprendeva che le cose stavano precipitando, ma la loro comprensione era nebulosa. Gesù parlava della sua morte, ma aveva parlato anche del suo regno e della resurrezione...

Salome si avvicina al Signore per fargli una richiesta. Probabilmente pensava: “In qualunque modo vadano le cose, Gesù è il Messia, il Cristo di Dio, deve stabilire il suo regno... i miei figli, insieme con Pietro, sono fra i suoi discepoli più speciali... hanno visto la trasfigurazione... sono stati con Lui quando ha risuscitato la figlia di Iairo... un posto speciale lo meritano...”.

La donna, insieme coi figli, si inginocchia davanti a Gesù e Lui le chiede cosa vuole. “Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra, nel tuo regno” (Matteo 20:21).

Sembrava una richiesta logica, anche se piuttosto pretenziosa e esagerata. La mamma si preoccupava di “sistemare” i figli con un buon posto statale, nel regno futuro. Ma il Signore, con gentile fermezza, le rispose che l’assegnazione delle posizioni spettava solo a suo Padre e che i suoi due figli avrebbero dovuto bere anche loro il calice della sofferenza (infatti, Giacomo morì martire per mano di Erode (Atti 12:1) e Giovanni finì la sua lunga vita esule nell’isola di Patmo). Poi Gesù ammonì che chi voleva avere un posto importante nel suo regno avrebbe dovuto essere il servo di tutti, esattamente come aveva fatto Lui.

Non si sa se Salome chiese perdono per la sua impertinenza, ma certo capì la lezione. Continuò la sua strada verso Gerusalemme e certamente vide tutta la trafila del processo di Gesù, la flagellazione, gli scherni, l’infamia e osservò la crocifissione del Signore da lontano con altre donne. E la mattina della resurrezione andò al sepolcro portando aromi per imbalsamare il corpo del Signore e trovò la tomba vuota (Matteo 27:55,56; Marco 16:1).

Dato che Gesù affidò a Giovanni Maria, sua madre, forse Salome prese anche cura di lei. A volte, ho sentito dei predicatori biasimare Salome, per la sua richiesta. È vero ha sbagliato, ma ci sono anche alcune lezioni importanti da imparare da lei.

  • Amava il Signore e lo ha servito praticamente come poteva e sapeva.
  • Non ha trattenuto i suoi figli dal seguire il Signore, sia nel periodo del successo, quando molti osannavano il Maestro, sia nei momenti bui che sembravano che il suo ministero fosse una sconfitta totale e il pericolo era grande anche per i suoi seguaci. Un buon esempio da imitare.
  • Non ha avuto paura di identificarsi coi seguaci di Cristo davanti alla folla inferocita che chiedeva la crocifissione di Gesù (a differenza dei discepoli, che, ad eccezione di Giovanni che stava con Maria vicino alla croce, fuggirono per paura dei Giudei).
  • Ha continuato a amare il Signore, volendo almeno ungere di profumo il suo corpo esanime. Ed è stata ricompensata diventando una testimone della resurrezione.
Quanto alla sua richiesta avventata, è un neo comprensibile. Quale mamma non desidera che i suoi figli siano apprezzati e riconosciuti?


Perciò impariamo a rallegrarci se li vediamo seguire il Signore anche umilmente, disposti a essere i servi di tutti.

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