INCULCA AL FANCIULLO LA VIA CHE DEVE TENERE

“Glielo raccomando, fratello Paolo, è un giovane bravo e ama tanto il Signore. Ma non è molto forte. Veda che mangi e che si riguardi...”.

Chi parlava era Eunice, una credente fedele e premurosa. Insieme con sua madre Loide, stava congedando suo figlio, che stava partendo per un lungo viaggio missionario con l’Apostolo Paolo. Le due donne avevano gli occhi lucidi, ma erano anche riconoscenti (e forse fiere) che Paolo avesse scelto il loro Timoteo, perché lo accompagnasse nella sua opera di proclamazione del Vangelo di Cristo.

C’era in loro una certa ansia, è vero, perché Timoteo non era un fusto e loro lo avevano sempre curato con grande attenzione. Poi i viaggi erano pericolosi e faticosi. Ma il loro impegno nell’allevare quel ragazzo nelle vie del Signore stava dando dei frutti. Timoteo era considerato un discepolo, uno che imparava e seguiva il Maestro, e tutti i credenti ne dicevano un gran bene. E ora era un missionario a tutti gli effetti. Avrebbe accompaganto Paolo e chissà quante altre cose avrebbe imparato!

Chi ha letto il Nuovo Testamento sa che Timoteo seguì Paolo, servendolo come un figlio, ricevette degli incarchi importanti e fu fedele al Signore a cui si era consacrato.

Era cresciuto a Listra, una città dell’Asia Minore, una colonia romana non di grande importanza, piuttosto remota, ma ben difesa da montagne.

Suo padre era greco, la mamma e la nonna erano giudee e conoscevano bene le Sacre Scritture. L’ambiente della città era pagano e, data la situazione di famiglia e la cultura del posto, le due donne avevano curato molto l’istruzione spirituale del loro figlio e nipote.

A un certo punto, erano arrivati in città due predicatori che annunciavano la buona notizia della salvezza per grazia, per mezzo di Cristo, il Messia. Avevano fatto anche un grosso miracolo: avevano guarito uno zoppo nel nome di Cristo. Era uno che non aveva mai camminato e che ora camminava!

Al che, la popolazione decise che i due fossero Giove e Mercurio, che fossero scesi in terra e avessero operato la guarigione. Immediatamente, il sacerdote del tempio di Giove organizzò una bella processione con l’intenzione di sacrificare delle vittime in onore dei due “dei”, che però rifiutarono gli onori umani e invece predicarono l’Iddio vivente e vero.

Molti si convertirono e c’è chi pensa che fra loro ci fossero anche Loide, Eunice e Timoteo. Fatto sta che, quando Paolo ritornò a Listra dopo un certo tempo, trovò un bel gruppo di credenti in quella città. E, quando partì, prese con sé Timoteo.

Non si sa più nulla della nonna e della mamma di Timoteo, ma il loro esempio è importante. Hanno curato non solo il corpo, ma anche l’anima del ragazzo che Dio aveva affidato loro.
L’ambiente pagano non era favorevole. Il padre di Timoteo non era credente. Forse viaggiava lontano dalla famiglia, forse era già morto. Il piccolo gruppo di credenti che si era formato era minacciato dai Giudei ostili al messaggio di Cristo.

Sarebbe stato facile nascondersi, far finta di niente, evitare problemi. Invece no, Timoteo fu pronto a seguire Paolo e la mamma e la nonna non lo impedirono.

Oggi, l’ambiente in cui i nostri figli e nipoti crescono è tanto pagano quanto quello in cui crebbe e visse Timoteo. Se non di più. Le pressioni a cui i ragazzi sono esposti sono forti. La TV, il consumismo, l’attrazione della droga, l’insegnamento della scuola sono tutto fuorché cristiani.

Che fare? Fare quello che hanno fatto Loide e Eunice e poi Paolo. Istruirli fin da piccoli nella Parola di Dio e dare loro un esempio di fedeltà e coerenza che non dimenticheranno.

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