L’integrità costa
Ad esempio, è successo ad Alicia, nella Guyana, un paese di circa 800.000 abitanti, in SudAmerica.
È un paese, pare, di grande bellezza naturale, ma tormentato dal commercio della droga, la prostituzione, il crimine violento e la corruzione rampante sia nella vita pubblica sia in quella privata. Buona parte della popolazione vive sotto il livello di povertà e molti laureati e professionisti emigrano per trovare lavori più rimunerativi e sicuri.
Alicia non aveva fatto come molti suoi colleghi e amici e, dopo la laurea, aveva preferito rimanere nel suo paese per lavorare nell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) e soprattutto per essere una testimone per Cristo. Sul lavoro si era distinta per la sua integrità e la sua coerenza di credente. Aveva svolto anche delle indagini molto delicate su lavori e commerci connessi con l’agenzia dove lavorava e forse questo ha causato la sua fine.
Una sera, tornando dal lavoro insieme a sua sorella, è stata affrontata da un uomo armato di fucile che le ha intimato di scendere dalla macchina. Essa ha rifiutato di ubbidire e l’uomo le ha sparato a bruciapelo. Alicia è morta poco dopo. Evidentemente la sua presenza nell’EPA era troppo scomoda. Del sicario, almeno per ora, non si sa nulla.
Alicia era nata in una famiglia cattolica, ma, mentre era all’Università, era venuta in contatto con i Gruppi Biblici Unversitari, GBU, un movimento che incoraggia la diffusione della conoscenza della Bibbia fra gli studenti nelle Università e nei Licei. Per mezzo dei GBU, aveva scoperto la verità della salvezza per grazia e era “nata di nuovo” credendo in Cristo come suo unico Salvatore e Signore. E per Cristo è vissuta fino alla fine.
“Gli studenti hanno bisogno di conoscere Gesù Cristo e di sottomettersi alla sua signoria” afferma il responsabile dei GBU nei Caraibi. “Siamo tutti convinti che il Vangelo è vero e che noi siamo chiamati a studiarlo, viverlo e proclamarlo. Chiediamo ai credenti ovunque di pregare affinché gli studenti che si convertono a Cristo siano esempi di integrità come lo è stata Alicia, in un tempo di compromesso e doppiezza morale come il nostro”.
Il Vangelo, creduto e vissuto, è l’unico rimedio per la decadenza morale che ci circonda anche in Italia. Se ci crediamo, proclamiamolo con coraggio! E, soprattutto, viviamolo.
La potenza di dieci carote
Non dico che i bambini siano asini, ma parlando del modo in cui allevarli e educarli, la volta scorsa ho parlato un po’ del bastone. Naturalmente l’ho fatto in maniera metaforica per evitare le ire degli psicologi e delle denunce al Telefono Azzurro. Ho anche accennato alle carote, cioè alle lodi, dicendo che per ogni sgridata ci vorrebbero dieci lodi.
Dubito che ci sia qualche madre o padre che sia arrivato a tanto, ma il principio è sacrosanto. I bambini hanno grande bisogno di essere lodati, spronati a far bene e premiati quando lo fanno. Non dovrebbero essere scoraggiati e mortificati.
Io ricordo una maestra che, da bambine, se non rispondevamo bene all’interrogazione, venivamo mandate al banco con l’appellativo di “lasagna e melensa”. Dato che eravamo nel Veneto, non conoscevamo troppo le lasagne e, in quanto alle melense, io personalmente pensavo che fossero delle mele un po’ insapori.
Ho apprezzato, invece, una maestra americana, che ho vista in azione nella sua classe.
“Chi ha scoperto l’America?” ha chiesto.
Molte mani si sono alzate.
“Dimmelo, tu, Jimmy”.
“George Washington!” rispose Jimmy.
“Jimmy, questo era un buon tentativo, ma puoi fare meglio. Chi vuole aiutare Jimmy?” ha chiesto la maestra.
Dopo altre numerose proposte, finalmente, è stato dato a Cristoforo Colombo l’onore che si meritava e Jimmy e altri bambini hanno imparato, senza essere stati scoraggiati o derisi, che né George Washington né Abramo Lincoln aveva scoperto l’America.
I bambini hanno bisogno di essere sostenuti con amore. Troppi genitori danno loro dei “buoni a niente” o degli “svogliati” o dei “cattivi” o dei “vivaci”. I bambini ci credono e si mettono a comportarsi secondo la loro reputazione. Ci pensiamo poco, ma i figli li formiamo più di quanto non ce ne rendiamo conto. Mio marito dice che ognuno si fa il suo letto e poi ci deve dormire dentro.
Se i nostri bambini fanno una cosa buona, lodiamoli. Se sbagliano, correggiamoli, ma senza mortificarli e soprattutto senza attaccare il loro carattere.
“Ma non rischiano di diventare orgogliosi, con tante lodi?” mi ha chiesto una mamma.
Era una buona osservazione, ma se le lodi sono giuste, fanno piacere a chiunque e incoraggiano a continuare. Come ho detto la volta scorsa, la Bibbia ordina di inculcare nel fanciullo la condotta che deve tenere. E la condotta buona deve essere premiata.
Premiata come? Con l’approvazione, un bacio, un abbraccio. Ci può essere anche una piccola ricompensa materiale, come una visita dal gelataio o una monetina, da accumulare con altre e messa ben in vista in un vasetto di vetro, in modo che si noti l’accumularsi dei soldi.
C’è chi non approva i premi, e dice che i bambini devono fare il bene perché è bene. Punto e basta. Io penso che, se anche Dio promette delle ricompense ai suoi figli per il loro servizio, i premi non devono essere poi una cosa così sbagliata. Fate voi! Soltanto non promettete cose troppo grandi e a troppa lunga scadenza e che non avete intenzione di dare.
Insieme alla condotta, i bambini, naturalmente, devono imparare il timore di Dio, cioè il concetto che c’è Qualcuno in cielo che li vede e li ama. Un Qualcuno che dice loro quello che dobbiamo fare e che deve essere ubbidito senza fare controproposte e chiedere dilazioni.
Quello che Dio dice è scritto nella Bibbia e la Bibbia deve essere letta con loro e applicata alla loro vita. Prima si comincia a farlo, meglio è.
Avete mai letto il mio libro “Piccoli e preziosi”? È basato su esperienze personali. Vi potrebbe essere utile. Chiedetemelo.
Coi figli io ci ragiono
Quella persona, che ho nominata all’inizio, ci passava delle ore coi figli a parlare di politica, di studi di scuola, di rispetto dei professori, di cultura corrente e di voti politici e di spese proletarie (in parole semplici, saccheggi di negozi). Non sempre il suo uditorio era d’accordo con le sue idee. Ma lo rispettava. Per cui non ci sono state esperienze traumatiche nella famiglia.
Come mai? Penso che il segreto stesse nel fatto che erano stati abituati a essere “figli” e a accettare il fatto che Dio ha dato ai genitori il compito sacro e solenne di educare i figli che Lui manda loro.
Troppi genitori pretendono oggi di trattare da adulti i loro bambini non punendoli, non mettendo paletti, non volendo creare in loro traumi e blocchi psicologici, credendo nella forza della persuasione e del ragionamento. E tirano su dei piccoli ribelli, disorientati e prepotenti, terribilmente insicuri su cosa sia bene e cosa sia male. E che, dato che il male è più attraente del bene, scelgono il male.
Però, quando i figli diventano adolescenti, li vogliono trattare come se fossero bambini, tirando le redini, mettendo divieti, imponendo regole, orari e restrizioni. Ma quelli non ci stanno più. Hanno fatto sempre quello che gli pareva, perché cambiare ora?
La Bibbia dice che bisogna inculcare nel fanciullo “la via che deve seguire, in modo che da vecchio non se ne allontani”. Dice che “la follia è legata al cuore del fanciullo” e la punizione fisica lo farà mettere sulla strada giusta e dice che il padre che ama suo figlio, si comporta così e ha il coraggio di tenere fermo.
In poche parole, dice che al bambino bisogna insegnare come deve comportarsi e pretendere che ubbidisca, anche se dovrà impararlo con una disciplina applicata sui cuscinetti naturali provveduti da madre natura. Il tutto accompagnato da molte lodi (dieci per ogni sgridata) e molto amore.
Ne riparleremo.
“Ma chi era quella persona così saggia?” chiedete. Beh, lo avrete indovinato. È il padre dei miei figli!
NON RIESCO A RAGIONARCI!
Scena al supermercato.GRAZIE, GRAZIE E GRAZIE ANCORA, cari amici e amici dei miei amici, che mi scrivete dei commenti così belli e incoraggianti. In molti siete giovani e non potete immaginare quanto mi fa bene vedere che, vecchia come sono, posso ancora essere utile a qualcuno. Grazie di nuovo. Vi voglio tanto bene. Ora torniamo alle cose serie.
Una mamma alla cassa, col carrello pieno, e un bambino sui tre o quattro anni con un pelouche in braccio che strilla come un’aquila: “Mamma, lo voglio!”
La mamma si guarda intorno fra lo smarrito, lo sconsolato e il disperato: “Ma caro, ne hai tanti a casa... Che te ne fai d’un altro?!”
“Ma questo non ce l’ho!”
“Ma pensi davvero di averne bisogno?”
“Sì, ne ho bisogno”.
La mamma dice alla cassiera: “Con questo non si ragiona!” e al bambino: “Mettilo nel carrello!”
Affare fatto e bambino soddisfatto. Mamma sconfitta per l’ennesima volta.
Posso immaginare il futuro fra dieci o dodici anni.
“Mamma, stasera esco. Andiamo in pizzeria, poi facciamo un salto al pub. Non ti preoccupare, vengo presto.”
“No, stasera non ci vai. Ieri hai fatto tardi e eri mezzo fatto. Stasera resti a studiare”.
“Ma fammi il piacere! Tu non mi comandi!”
Una porta che sbatte. Il rombo del motorino. Una mamma che scuote la testa e ripete: “Con questo non si ragiona!”.
Gli psicologi sono riusciti a far credere ai genitori che coi bambini piccoli bisogna ragionare, far loro capire che cosa è giusto e cosa è sbagliato. “Il ragionamento li matura” dicono, “e tiene la comunicazione aperta”.
Invece il ragionamento non li matura da piccoli neppure per un momento. Non lo capiscono. O se lo capiscono, lo dimenticano, mentre la loro natura egoista e egocentrica vuole prende il sopravvento. Non possono capire che non si può avere tutto quello che si vede, non si possono mangiare solo patatine fritte e gelato (ne ho visto uno che per pranzo si è mangiato solo una ciotola di panna montata, imboccato da una nonna compiacente), e non si può andare a letto solo quando si casca dal sonno.
Quando sono piccoli, i bambini hanno bisogno di regole (poche!) precise, di orari decisi dai genitori e fatti osservare, di giornate gioiosamente strutturate, di pasti regolari, senza merendine e snack a ogni richiesta, concessi solo perché il bambino, passando in cucina vede il sacchettino giallo e rosso così invitante.
I bambini sono incredibilmente abitudinari e godono fare le cose a scadenze precise. Se sono lasciati a se stessi, finiscono per annoiarsi e assillarti con la voce lagnosa: “Non so cosa fare”.
Da piccoli devono anche imparare a ubbidire, senza discutere e senza ribattere sospirando: “Devo proprio farlo?”.
Si può spiegare, ed è giusto farlo, perché si dà un ordine, ma poi lo si fa eseguire, senza discussioni e ritardi. L’ubbidienza deve essere immediata. È troppo pericoloso permettere una disubbidienza abituale o un’ubbidienza dilazionata.
Se si lavora in questo senso, quando i figli sono piccoli, quando saranno adolescenti, non troveranno che certe proibizioni, le richieste di puntualità e i divieti di frequentare certi luoghi sono “novità” piovute da chissà quale cielo e da contestare e rifiutare. Saranno pronti a parlarne e non saltare subito alla conclusione che i genitori sono dei rimbambiti, arretrati e coatti.
Ne parliamo ancora.
OCCHIO AI VERMI!
Sono Alina! Quello che mi hai scritto, mi ha fatto capire che me ne importava! Così non gli ho scritto una lettera, ma gli ho telefonato per chiedergli se ci potevamo vedere. Lui ha detto di sì e ci siamo visti e abbiamo parlato per un pomeriggio. Mi ha chiesto scusa e abbiamo deciso di metterci una pietra sopra e ricominciare. Spero che ti fa piacere saperlo!Alina, sono molto contenta! Quando mi hai detto che non ti importava che tuo marito se ne fosse andato, non ci ho creduto neppure per un momento. Non è possibile che una persona, dopo tanti anni di vita insieme, se ne vada e ti faccia l’effetto solo di un vecchio paio di scarpe che si butta nel cassonetto. Adesso, tenetevi stretti per mano e andate avanti!
Ora, però, non voglio fare la guastafeste, ma vi vorrei dire alcune cose. Perciò, fai leggere anche a LUI questo blog, perché è importante.
Oggi siete tutti contenti e le cose vanno bene. Forse vi pare di essere in una nuova luna di miele. Ma, se non vi siete spiegati bene e non avete fatto alcuni passi, siete ancora a rischio. Ve lo dico come lo direi ai miei figli.
Vi siete detti chiaramente perché lui se n’era andato e cosa lo aveva spinto a farlo? Siete stati sinceri in maniera totale l’uno conl’altra? Mettere una pietra sopra un episodio così serio è pericoloso, se sotto la pietra restano delle cose non spiegate e non chiarite e non dette. E, soprattutto, non perdonate. Quelle “cose” faranno i vermi e riappariranno.
Dovete avere il coraggio di dirvi cosa non era andato bene e vi aveva ferito, vi era dispiaciuto, vi aveva mandati in bestia. Fatene una lista scritta e più dettagliata possibile. Parlate di quello che vi è dispiaciuto, nella vostra vita intima, nelle relazioni coi figli, i parenti, di giorno e di notte. Farà un po’ male, ma perché una ferita guarisca bisogna pulirla bene e disinfettarla.
Poi vi dovrete chiedere perdono in maniera specifica, per ogni torto, parola cattiva, atto scortese, violenza verbale (spero non fisica). Tutto. Via via che vi perdonate, dicendo l’uno all’altro “Ti perdono per...” , cancellate le componenti della lista. Poi bruciate la lista o fatela a pezzetti e buttatela nel water e tirate l’acqua. Non è un giochetto da bambini. In qualche modo assomiglia a quello che Dio fa: butta i nostri peccati confessati in fondo al mare.
Una volta distrutta la lista, la cosa è fatta e finita. Non si vanno a ripescare i pezzetti né si va a frugare nella cenere. Dio dice che dimentica i peccati e lo fa nel senso che non ci torna più su. Fate lo stesso anche voi.
Vi sembra eccessivo? Una coppia che mio marito e io abbiamo cercato di aiutare ci ha detto che un processo così sarebbe stato troppo penoso e che con l’aiuto di Dio avrebbero superato ogni ostacolo.
Io gli ho detto che sbagliavano (sono molto franca e diretta!). Oggi sono divorziati.
Datemi retta e fate le cose biblicamente.
Un’altra cosa: c’è una differenza fra chiedere scusa e chiedere perdono. Chiedere scusa sottintende una qualche giustificazione. Chiedere perdono significa ammettere il male fatto senza scusanti.
Infine, siate sicuri di prendere (o continuare) l’abitudine di leggere insieme la Parola di Dio, di pregare, e di continuare la pratica del perdono giornalmente. Il Signore dice che il sole non deve tramontare sul nostro cruccio. E se lo dice Lui, bisogna farlo.
Mio marito e io l’abbiamo fatto da 53 anni a questa parte. Ha funzionato alla grande.
Se volete leggere un bel libro che contiene quello che vi ho detto e molto di più, leggete insieme: “Liberami, Signore, dal divorzio nascosto!”. Lo ha scritto mio marito e ha aiutato molte coppie.
Chiedetelo scrivendo a assverev@tin.it
Non me ne importa - 2
Maria Teresa, non pensavo che mi avresti risposto e io mi ero voluta sfogare. Non mi chiamo neppure Alina, ma volevo restare sconosciuta. Sono però triste e arrabbiata. Mio marito questa non me la doveva fare. Io sono credente da molti anni e lui ha accettato Gesù nel cuore prima di sposarmi. Tutto andava abbastanza bene, ma ora è andato via e veramente mi dispiace tanto di averlo perso. Sono arrabbiata e ferita. Hai ragione sull’età (come hai fatto a indovinare?)
Dimmi cosa devo fare. Aiutami per favore.
Cara Alina, Continuo a chiamarti così per amore della privacy. Io rispondo sempre alle amiche e provo sempre di trovare del tempo per loro. Mi chiedi anche come ho fatto a indovinare sulla vostra età. L’esperienza mi aiuta.
I mariti o se ne vanno poco dopo il matrimonio o sui 50. I primi perché sono delusi e si aspettavano chissà che cosa dal matrimonio e i secondi per la noia, la stanchezza di un rapporto piatto o la voglia di avventura.
Sia come sia, adesso pensiamo a te (o meglio, a voi).
Mi fa piacere che tu sia credente. Questo mi dà speranza. Hai il Signore dalla tua parte, e non è poco! Il credente ha una marcia in più, cioè la presenza in lui dello Spirito Santo, e ha una forza che gli altri non hanno. Spero che la marcia in più ce l’abbia anche tuo marito, anche se ho visto parecchie “conversioni prima del matrimonio” che erano fasulle e solo emotive. Ma non ho nessun motivo di pensare che non sia un credente. Anche i credenti possono prendere delle sbandate...
Ma, per ora, lavoriamo su te. Mi hai detto che le cose fra voi andavano abbastanza bene, e quell’abbastanza mi preoccupa. Vuol dire che non litigavate spesso e andavate avanti per forza di inerzia? Che, senza accorgervene, stavate navigando verso la “separazione in casa”? Succede.
È un pericolo di ogni matrimonio. Si va avanti, si accetta il tran tran, lavoro, casa, figli. Ci si vuole bene, ma piano piano ci si trova uno di qua e uno di là.
Bisogna farci attenzione.
Ma torniamo a te. Prima di tutto, vorrei che tu calmassi la tua rabbia. Quando si è su di giri, non si ragiona in modo razionale. E poi vorrei che tu pensassi seriamente se vorresti che tuo marito tornasse e perché. Poi, se vorresti che tornasse, che tu scrivessi la risposta a queste domande:
- Cosa mi manca di lui? Che cosa mi piaceva di lui? In che cosa lo ammiravo? Per che cosa mi sentivo al sicuro con lui?
- Perché vorrei che tornasse? Se tornasse che cosa gli prometterei di fare? Che cosa gli direi se si presentasse alla porta?
- Che cosa mi chiedeva e io non facevo? Cose piccole, e cose più serie. Tipo non lasciare le luci accese quando esci da una stanza, togliere i capelli dalla spazzola dopo che l’hai usata, essere disponibile quando faceva delle avances a letto, non lasciare il latte fuori dal frigorifero, e non parlare sempre dei parenti difficili.
Poi vorrei che tu gli scrivessi una lettera (non fare una telefonata!) senza recriminazioni, sgridate, lamenti e accuse, in cui metti le risposte a queste domande e gli chiedi di perdonarti per non avere preso abbastanza sul serio i suoi desideri e aver fatto troppo di testa tua in certe cose. Digli che saresti pronta a ricominciare e a perdonarlo. Non ti assicuro di nulla, ma ci proverei.
Fammi sapere.
Non me ne importa niente. Perché?
Maria Teresa, mio marito mi ha lasciata e se n’è andato con una più giovane. Da un po’ di tempo le cose già non andavano bene. Ora mi pare che non me ne importa niente, ma a momenti, provo una grande rabbia. Aiutami a capire. Ma sei d’accordo che gli uomini sono tutti dei porci che vogliono solo il sesso? Ma ai figli non ci pensano? -Alina
Non sei la prima che mi dice che il marito se n’è andato con una più giovane. Una volta i mariti si facevano l’amante. La moglie lo sospettava, ma se la cavava sospirando e scuotendo la testa, diceva rassegnata: “Lo sappiamo che l’uomo è cacciatore!” Però portava lo stipendio, provvedeva il necessario. I figli studiavano. Il mutuo si pagava. Lui abitava a casa e la faccia era salva.
Non era bello, ma ci si poteva stare.
Oggi gli uomini (e anche le donne) si sono emancipati e prendono la strada moderna del divorzio.
Alina, non mi dici quanti anni hai tu e quanti ne ha lui. Perciò devo tirare a indovinare: sei fra i quaranta e i cinquanta? E lui è sui cinquanta? Se sì, ti posso assicurare che intorno a quell’età bisogna curare i mariti più che mai. Quando arrivano da quelle parti si fanno anche loro una specie di menopausa, che è più psicologica che fisica. Cominciano a fare il punto della loro vita, si guardano allo specchio e vedono la pancia che sporge, i capelli che diventano più radi. E hanno l’impressione di avere concluso poco nella vita.
Per di più, la moglie non è più carina come una volta, anche se è brava e cucina bene. Però pensa solo ai figli. Se ci mettesse quel pizzico di interesse in più, le cose sarebbero diverse. E poi dice che è sempre stanca e la sera non ne vuole sapere di certe cose. Ha perfino proposto di insinuare il comodino fra i due letti... Così si sta più comodi e non ci si disturba quando l’altro viene a dormire...
Allora, alcuni mariti, a quel momento, si fanno la moto e vogliono dimostrare che come centauri non li batte nessuno. O se possono, si fanno la barca e se ne vanno sul lago vicino. Rischiano di ammazzarsi nel traffico, ma la velocità li soddisfa. E quelli con la barca, appena viene la primavera se ne vanno al lago o al mare, con qualcuno o qualcuna.
Altri, invece, cominciano a guardarsi in giro e trovano che una giovane collega lo ammira di più della moglie... E il gioco è fatto. Allora, se possibile, si comprano la decappottabile rossa, magari di terza mano e si sentono come Paul Newman. E se ne vanno.
Ci potrei scommettere la punta del mio naso che fra voi due è andata così, a parte la decapotabile.
Torno al quello che ho detto prima: quando si arriva alla mezza età, il marito va curato più che mai.
Sono sicura che tu tieni al tuo aspetto fisico, come tutte noi donne. Ma dalle tue parole, direi che, probabilmente, hai curato te stessa, ma non lui, dal punto di vista umano e intimo. E hai fatto male, perché anche la Bibbia dice che tu non sei padrona del tuo corpo, ma lo è il marito. E viceversa. E forse lui avrebbe avuto piacere di un po’ più interesse da parte tua. Per gli uomini la vita sessuale è forse considerata più essenziale che dalle donne e bisogna ricordarsene. E provvedere!
Lo hai complimentato? Lo hai fatto sentire importante nella tua vita? Gli hai detto che lo amavi?
Lo hai sostenuto nella suo lavoro, nel senso che ti sei interessata di lui? Lo hai ascoltato quando voleva parlarti o lo hai assalito con i problemi della lavatrice rotta o del figlio che voleva il motorino?
Fino a ora ho tirato a indovinare. Fammi sapere e forse ti potrò aiutare un po’ di più E dimmi un’altra cosa. Sei una credente? Tuo marito lo è o professa di esserlo?
Rimaniamo in contatto. E non perdere la speranza.
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Scacciapensieri (brutti)
Punto primo. Mettetevi l’anima in pace: i pensieri poco belli, brutti, malvagi, pieni di sospetti vi verranno sempre. La ragione è semplice: siamo bacati e lo saremo finché non andremo col Signore e non saremo liberati dalla nostra carne. Allora i nostri pensieri saranno perfetti.
Fino ad allora, dobbiamo non soffermarci a meditare, ricamare, mugugnare sui nostri pensieri cattivi.
Qualcuno ci ha offesi, perdoniamolo e andiamo avanti.
Se qualcuno ci ha confidato qualcosa di brutto, preghiamoci su e teniamolo per noi.
Se abbiamo dei timori e delle preoccupazioni per il futuro, ascoltiamo i versetti che precedono, nella Lettera di Paolo ai Filippesi, capitolo 4, la lista di cose a cui pensare, di cui abbiamo parlato nei blog precedenti. Eccoli: “Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamento”.
Preoccuparsi e angustiarsi non serve assolutamente a nulla.
Quando i nostri figli erano tutti e quattro lontani a studiare in America, io, da brava madre italiana, mi preoccupavo per loro. Mangeranno abbastanza? Si copriranno bene quando c’è la neve? Penseranno a questo e a quello? Mia figlia farà attenzione quando torna a casa la sera? Farà dei brutti incontri? Si applicheranno allo studio o perderanno del tempo?
Trent’anni fa, telefonavamo in America un paio di volte all’anno. I telefonini non erano stati inventati ancora e perciò non si potevano neppure mandare messaggini. Mi sono dovuta abituare a fare l’unica cosa intelligente: ho imparato a trasformare le mie preoccupazioni e angustie in preghiere. Il Signore poteva proteggere i miei figli meglio di me. Oggi faccio lo stesso per i nipoti che sono sparsi da tante parti (uno è addirittura professore in Corea del Sud!).
Ma il versetto parla anche di suppliche. Queste sono preghiere ancora più piene di senso di urgenza e di grande bisogno. Sono quelle che si innalzano quando una persona cara è molto malata, quando siamo profondamente rattristati. Nel mio caso sono proprio quelle che faccio quando qualcuno mi ha offesa, a mio parere, ingiustamente e l’offesa brucia.
Dico al Signore che sono arrabbiata, disgustata e non ci vedo più dalla collera. In certi casi, si può cercare di fare buona figura con la gente, e fare buon viso a cattiva sorte, ma Dio ci vede dentro e sa esattamente come siamo. E glielo dico e poi mi metto a ringraziare perché Lui mi capisce e mi può aiutare. Gli chiedo perdono perché la rabbia è una peccato e mi metto a cantare un bel canto come: “Poiché Egli vive, affronterò il domani” e “O Dio, crea in me un cuore puro” (per il bene di mio marito canto “dentro” e non a gola spiegata).
E canto e ricanto finché non succede quello che dice il prossimo versetto: “E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.
Provateci. Funziona!
Cibo per la mente -2
TUTTE LE COSE DI BUONA FAMA, sono cose di cui si parla bene, che sono apprezzate e riconosciute come buone. Quando succede un disastro naturale, tipo terremoto di L’Aquila, c’è sempre una bella reazione emotiva, per cercare di aiutare. Quando si parla di adozione di bambini a distanza, mettiamo la mano al portafogli. Quando leggiamo una bella storia di riconciliazione o di perdono, ci rallegriamo. Ma è importante continuare a pensare e pregare per quello che, per un momento, ci ha colpiti. Ma questo è più difficile.
Ci rendiamo conto che ci sono ancora volontari che lavorano silenziosamente a L’Aquila, che ci sono persone, fra cui dei nostri fratelli in fede, che vivono nelle tende e sopportano il caldo e sperano di avere una casa?
Ci rendiamo conto che ci sono missionari che lavorano in mezzo a ogni sorta di pericoli (quelli uccisi nello Yemen, poco tempo fa, che le notizie sui giornali hanno definito come operatori sociali, erano tutti evangelici che cecavano di introdurre il Vangelo della grazia fra chi lo non conosce ancora)?
Siamo a conoscenza di persone che testimoniano fedelmente della loro fede?
Queste sono “cose di buona fama” a cui pensare. Come? Pregando regolarmente per loro (fatevene una lista e tenetela davanti). Prenderanno il posto di tante cose negative.
QUELLE COSE IN CUI C’E’ QUALCHE VIRTÙ
La parola resa qui con “virtù”, quando l’ha scritta l’Apostolo Paolo, in greco significava forza morale e eccellenza in qualsiasi sfera e tale da suscitare ammirazione. Leggiamo nella Bibbia la descrizione della donna virtuosa, impossibile da eguagliare.
Ma, pensando al significato etimologico della parola, abituiamoci a scoprire la virtù nelle cose che altri fanno e pensiamoci.
La mamma, abbandonata dal marito, che si tira su con “virtù” i figli, il contadino che lavora il suo campo al caldo e al freddo, il ragazzo che si sforza a studiare seriamente perché vuol farsi una posizione, il giovane adulto che è rimasto orfano e ha fatto da padre ai suoi fratelli e ora si ammazza gioiosamente a mandare avanti un negozietto di verdura che va a comprare dai contadini e lui rivende a prezzi stracciati (io vado a comprarci la verdura e la frutta!). In queste cose c’è virtù, che è poi anche la “virtus” dei latini, e noi facciamo bene a osservale, apprezzarle e lodarle.
... E QUALCHE LODE (che sia da approvare e additare come esempio) SIANO OGGETTO DEI VOSTRI PENSIERI
L’abitudine alla lode è rara, ma il Signore Gesù l’ha praticata spesso. Ha lodato Maria che aveva versato l’olio profumato sulla sua testa, ha lodato l’ufficiale romano per la sua fede, ha riconosciuto e apprezzato il Samaritano cieco che è tornato a ringraziarlo, mentre nove ebrei non ci hanno pensato, ha approvato la fede della donna sirofenicia. E posso immaginare quanto apprezzamento avrà dimostrato per chi lo serviva, lo accompagnava e sosteneva anche materialmente.
A me pare che un grosso segreto per avere una mente pulita, che poi influisce sulla pulizia di tutto il nostro essere, stia proprio nel pensare cose buone e nello sforzarsi nel vedere il bene che c’è attorno a noi, notarlo, apprezzarlo e ricordarlo (con la mente).
Ma se vengono pensieri cattivi? Ne parliamo la prossima volta.