Salve signora Maria Teresa, dato che sono uno studioso dei riflessi sull’abbigliamento nel processo di emancipazione femminile, ho trovato particolarmente stimolante il suo post, pubblicato sul blog che lei cura su blogspot, riguardante l’ opportunità per una donna di portare i pantaloni. È interessante come a tutt’oggi ci sia una parte della coscienza muliebre che considera i pantaloni un indumento non decente, se non addirittura vagamente immorale, per la donna.
Secondo lei, al di là delle preoccupazioni estetiche, che cosa rende ancora demonizzabile l’immagine della donna in pantaloni? Non sarà che appare storicamente veicolata da un tipo di società, quella anglosassone, dove la personalità della donna ha teso presto a svincolarsi dai tratti tradizionali della figura della donna madre e angelo del focolare?
G. Dell’Acqua
Grazie di avermi scritto. Non avrei mai immaginato che le mie considerazioni tutte personali sui pantaloni delle donne avrebbero suscitato tanto interesse (e non solo di lei).
So perfettamente che oggi le donne indossano gonne o pantaloni secondo quello che ritengono comodo e per scelta. Non le demonizzo e non penso affatto a influenze anglosassoni sul mio modo di pensare. Io la considero solo una questione di buon gusto e di possibilità per le donne di essere più... carine e attraenti.
Onestamente, confesso che trovo i pantaloni a vita bassa troppo suggestivi e pericolosi in una società permissiva e immorale come quella in cui viviamo. Sarà solo un’opinione, ma mi domando se tanti stupri e violenze, di cui sentiamo parlare e leggiamo sui giornali, non siano anche sollecitati dalla mancanza di modestia e di pudore che la moda incoraggia in tutte le maniere.
Una donna saggia, quando io ero ancora molto giovane e le dicevo che facevo una certa scorciatoia un po’ buia per arrivare a casa, mi ha detto: “Cara, Dio non è obbligato a proteggerci dai pericoli in cui ci mettiamo da soli!”.
Tutto lì. E ora, basta parlare di pantaloni.
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