Cosa mangia la tua mente?

Tu sei esattamente quello che pensi. Lo dice la Bibbia e per questo ti dice che cibo devi dare alla tua mente.

La volta scorsa ho concluso facendo una lista di cose con cui riempire la mente, contenute nel capitolo 4 della lettera ai Filippesi. Bella,vero? Però, se sei come me, le liste mi fanno un po’ l’effetto dell’elenco del telefono. Le scorro, ma non mi fermo a pensare bene a ogni elemento.

Perciò ti propongo di rileggere con me la lista. Metà oggi e metà nel prossimo blog.

Allora, l’apostolo Paolo comincia dicendo che dobbiamo pensare a...

TUTTE LE COSE VERE devono essere oggetto dei notri pensieri. La nosta mente immagazzina più facilmente le cose brutte che quelle buone. Nel pensare alle cose vere, mi vengono in mente, naturalmente, le parole della Bibbia, che sono tutte vere.

Ma penso anche a quello che ascoltiamo o alla radio, alla TV o apprendiamo dalle persone. Chiediamoci sempre: questa cosa è vera? È utile? Mi fa del bene? Se sì, incorporiamola nel nostro bagaglio mentale.

Ma attenzione! Pensiamo a cose vere al negativo. Ai pettegolezzi, per esempio. Possono anche avere una certa misura di verità, ma che bene mi fanno? In genere, riportano solo cose cattive, per le quali, in genere, non possiamo fare assolutamente nulla, ma che suscitano una voglia matta di parlarne con qualcuno. Evitiamoli, anche se il gossip oggi piace tanto, da diventare spesso parte del telegiornale.

TUTTE LE COSE ONOREVOLI, degne di essere rispettate, apprezzate e approvate.
Nel mondo c’è tanto marciume. Non possiamo evitarlo né ignorarlo, ma non deve diventare oggetto dei nostri pensieri. È più facile pensare a quello che non fa il governo che notare quello che fa di buono, criticare i propri vicini, i parenti e rimuginare sui loro difetti, che notarne i lati positivi. Concentriamo i nostri pensieri su quello che è buono e degno di rispetto.

Meditiamo piuttosto sulla bontà del Signore che, invece di punire immediatamente i malvagi trattiene la sua ira e esercita pazienza, trasformiamo in preghiere le nostre critiche e rallegriamoci nella nostra salvezza. Saremo più sereni noi e più contenti quelli che vivono vicino a noi.

TUTTE LE COSE GIUSTE. Le cose davvero giuste si trovano solo nella Bibbia. Tutti i suoi insegnamenti sono dettati dalla mente di Dio. Ci dice come vivere in famiglia e nella chiesa. Come lavorare e usare i soldi. Come interagire col prossimo.

Perciò, quando la leggiamo, confrontiamo, senza trovare scuse e attenuanti, la nostra vita con quello che essa dice. Quello che capiamo e scopriamo, trasformiamolo in azioni. Il Salmista pregava nel Salmo 139: “Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c’è in me qualche via iniqua (non giusta) e guidami per la via eterna”. Facciamone una cosciente preghiera giornaliera.

TUTTE LE COSE PURE, pulite, in cui non ci sono ombre equivoche. In questa categoria non entrano certi spettacoli TV, letture di certi rotocalchi, barzellette a doppio senso. Come evitarli? Spegnere la TV, portarsi un buon libro da leggere, se si va dalla parrucchiera o dal medico, dove fanno bella mostra giornali pieni di roba poco pulita. E se qualcuno racconta una barzelletta sporca? Non riderci su e dirgli gentilmente di andare a dirla altrove, la prossima volta. Mica siamo timidi, no?

TUTTE LE COSE AMABILI, piacevoli, attraenti. Pare che questa parola sia usata solo quì nel Nuovo Testamento. Cerchiamo di vedere il bello, il buono in quello che ci circonda.

Sul nostro pianerottolo che dà sul giardino abbiamo una lampada che una passera ha trovata perfetta per farci il nido. Lo ha fatto alcuni anni fa, e ogni anno ci torna a deporre le uova. È vero che devo un po’ pulire i suoi “biglietti da visita” (a volte ho pensato di distruggere il nido quando era vuoto), ma ieri quando ho sentito i primi “cip-cip” degli suoi uccellini ho provato tenerezza, per quelle nuove vite indifese. Era una cosa “amabile” da godere.

Alla prossima, il resto della lista!

CUSTODISCI IL TUO TEMPIO

La volta scorsa abbiamo detto che il nostro corpo è il tempio dello Spirito Santo, e come credenti lo dobbiamo tenere bene. Farlo è una questione di convinzione personale, di ubbidienza a Dio e alla sua Parola.

E non è facile. Ci ha dovuto lottare perfino l’Apostolo Paolo che confidava a un suo stretto collaboratore: “Chiunque fa l’atleta è temperato in ogni cosa e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile, ma noi una incorruttibile... tratto duramente il mio corpo e lo riduco in sciavitù, perché non avvenga che, dopo avere predicato agli altri, io stesso non sia squalificato”.

In questi giorni di mondiali di nuoto, vediamo atleti che si impegnano, si sacrificano, si allenano per raggiungere la pefezione. Esercizi fisici ogni giorno, diete speciali, sonno adeguato, controlli. Sforzi incredibili per raggiungere una medaglia (magari di legno!).

Ma per chi vuole fare piacere al Signore, le cose diventano ancora più serie. Si tratta non solo di custodire bene l’involucro, ma di custodire ciò che fa funzionare il tempio. La parte più profonda.

Il re Salomone ne ha parlato nel suo Libro dei Proverbi. Il capitolo 4 contiene i discorsi che suo padre, il re Davide, gli aveva fatti quando era bambino. Non sono solo consigli utili: sono degli imperativi, e, dato che si trovano nella Bibbia, sono ordini provenienti direttamente da Dio.
Li leggiamo insieme.

“Custodisci (proteggi, difendi) il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita”. Da quello che sei dentro, dipende la tua condotta. Il cuore è la sede delle decisioni. Dal cuore, che biblicamente significa mente, volontà e tutto quello che fa di noi quello che siamo, in cui abita lo Spirito Santo, viene la forza per agire.

“Rimuovi da te la perversità della bocca, allontana da te la falsità delle labbra”, continua Davide. Non dire cose cattive, pratica la verità. Sii molto onesto con Dio, giudica te stesso senza pietà, non trovare scuse, non giustificare i tuoi peccati, non dare la colpa ad altri per le tue mancanze. Non c’è niente di peggio che vivere nella bugia. Può rendere marcia la tua vita.

E poi: “I tuoi occhi guardino bene in faccia, le tue palpebre si dirigano dritto davanti a te”. Pratica l’onestà. Quando ti guardi allo specchio, fai in modo di rispettare la persona che vedi riflessa. Guarda cose buone. Anche se ti senti forte su certi punti, fai attenzione lo stesso. “Chi sta dritto, guardi di non cadere” dice San Paolo.

Ha parlato di cuore, di labbra, di occhi. Ora Davide passa ai piedi. “Appiana il sentiero dei tuoi piedi, tutte le tue vie siano ben preparate... ritira il tuo piede dal male”. Rimuovi gli ostacoli che ti potrebbero fare inciampare. “Non entrare nel sentiero degli empi e non ti inoltrare per la via dei malvagi”. Ci vuole pochissimo per deviare. Basta un piccolo compromesso e la buona strada è abbandonata.

Ammonimento finale: “Schivala, non passare per essa, allontanatene e va’ oltre”. Quando ti si presenta l’occasione di peccare, scappa. Quando vedi il pacchetto delle sigarette, buttalo nel water. Quando hai voglia di sfogliare una rivista porno, gettala nella spazzatura e, meglio ancora per cominciare, non la comprare. Quando stendi la mano per prendere un’altra barretta di cioccolata nel frigo, afferra invece un frutto. Scappa. Punto e basta.

Non dire “È più forte di me”. La voglia di peccare è forte, ma Dio è più forte della tentazione e di chi la provoca. Riempi la tua mente di cose vere, onorevoli, giuste, pure, amabili, di buona fama, cose in cui ci sia del bene e lodevoli. Come uno pensa così è.

Queste ultime parole non fanno parte dei discorsi di Davide a suo figlio Salomone, ma sono sempre Bibbia. Li trovi nel Nuovo Testamento nel capitolo 4 della lettera ai Filippesi.

Alla prossima!
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VOLERE E POTERE

Me lo ripeteva spesso mia mamma quando, da bambina, trovavo qualche lavoretto un po’ difficile e dicevo che non riuscivo a farlo. Poi, per corroborare le sue esortazioni, mi raccontava che anche Vittorio Alfieri era un pigro, ma che diceva “volli, sempre volli, fortissimamente volli”, e aveva combattuto la sua pigrizia, facendosi legare alla sedia da un servitore per obbligarsi a scrivere anche quando non ne aveva voglia (se anche avesse scritto un po’ meno, pensano gli studenti, non sarebbe stata poi una grossa disgrazia!).

Io, sotto sotto, pensavo che, se aveva bisogno di essere legato, di volontà ne doveva avere proprio poca. Oggi lo penso ancora. Sono, piuttosto, persuasa che tutto quello che facciamo parte da una precisa convinzione della mente e che, in fondo, siamo quello che vogliamo essere.

Per questo, chi non è credente, si lascia andare a fare quello che gli pare e che lo gratifica al momento. Così beve, fuma, si droga e mangia male. Quale freno dovrebbe avere? Va dove lo porta il suo cuore moralmente malato.

Ma, se siamo credenti, abbiamo una marcia in più che deriva dalla presenza dello Spirito Santo in noi e questo dovrebbe aiutarci a mettere dei limiti e dei paletti alla nostra condotta e a esercitare la nostra volontà in direzioni diverse e a comportarci in modo utile.

Perciò non ho molta pazienza quando vedo delle donne grasse che, durante i convegni o nei pranzi con le amiche, mangiano piatti colmi di patatine fritte, strizzano l’occhio e dicono che le diete cominciano sempre domani. Mi fa tristezza anche vedere e sentire credenti che fumano e dicono che non ne possono fare a meno e diabetici che “fanno uno strappo” e mangiano gelati a tutto spiano. È vero anche che molti mi hanno detto che hanno provato a smettere di fumare e non ci sono riusciti. Perciò se la cavano sospirando: “È più forte di me”. Lo stesso fanno i malati di fegato e di cuore.

Chissà se, invece di provare rimedi in farmacia e altri escamotages, non li aiuterebbe pensare un po’ più seriamente al fatto che la Bibbia dice che il nostro corpo è il tempio dello Spirito Santo e che bisogna averne cura? Non solo per stare meglio in salute, ma soprattutto per onorare Dio? L’Apostolo Paolo lo dice molto chiaramente: “Non sapete che vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”.

Conosco donne che si ammazzano per tenere la loro casa come uno specchio e che non inviterebbero nessuno a cena senza avere prima pulito tutto da cima a fondo. Uomini che se vedono un oggetto spostato dalla loro scrivania se la prendono con la segretaria o la moglie che spolverano troppo. Altre sono persone meticolose da paura. Altre si fissano sull’igiene. Lo fanno perché ci tengono, perché considerano l’ordine e la pulizia importanti.

E allora perché non fare un po’ di attenzione alla pulizia interiore? Badando a ciò che facciamo, guardiamo, ascoltiamo, pensiamo, mangiamo?

La Bibbia ne parla molto a giovani e vecchi. Ne parleremo anche noi, nei prossimi blog. Penso che sarà importante per tutti noi. Anche per me che, a volte, farei carte false per avere una buona tazza di caffè, quando l’ora in cui me la posso permettere è passata. Ciao!
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Ancora sui pantaloni...

Salve signora Maria Teresa, dato che sono uno studioso dei riflessi sull’abbigliamento nel processo di emancipazione femminile, ho trovato particolarmente stimolante il suo post, pubblicato sul blog che lei cura su blogspot, riguardante l’ opportunità per una donna di portare i pantaloni. È interessante come a tutt’oggi ci sia una parte della coscienza muliebre che considera i pantaloni un indumento non decente, se non addirittura vagamente immorale, per la donna.

Secondo lei, al di là delle preoccupazioni estetiche, che cosa rende ancora demonizzabile l’immagine della donna in pantaloni? Non sarà che appare storicamente veicolata da un tipo di società, quella anglosassone, dove la personalità della donna ha teso presto a svincolarsi dai tratti tradizionali della figura della donna madre e angelo del focolare?
G. Dell’Acqua


Grazie di avermi scritto. Non avrei mai immaginato che le mie considerazioni tutte personali sui pantaloni delle donne avrebbero suscitato tanto interesse (e non solo di lei).

So perfettamente che oggi le donne indossano gonne o pantaloni secondo quello che ritengono comodo e per scelta. Non le demonizzo e non penso affatto a influenze anglosassoni sul mio modo di pensare. Io la considero solo una questione di buon gusto e di possibilità per le donne di essere più... carine e attraenti.

Onestamente, confesso che trovo i pantaloni a vita bassa troppo suggestivi e pericolosi in una società permissiva e immorale come quella in cui viviamo. Sarà solo un’opinione, ma mi domando se tanti stupri e violenze, di cui sentiamo parlare e leggiamo sui giornali, non siano anche sollecitati dalla mancanza di modestia e di pudore che la moda incoraggia in tutte le maniere.

Una donna saggia, quando io ero ancora molto giovane e le dicevo che facevo una certa scorciatoia un po’ buia per arrivare a casa, mi ha detto: “Cara, Dio non è obbligato a proteggerci dai pericoli in cui ci mettiamo da soli!”.

Tutto lì. E ora, basta parlare di pantaloni.

Il rimedio ci sarebbe, ma chi ci crede?

Abbiamo sentito parlare, la settimana scorsa, del convegno dei G8 da mattina a sera e, come italiana, sono stata orgogliosa che tutto sia andato bene, che l’organizzazione sia stata perfetta e che tutto abbia funzionato alla grande. Quando ci mettiamo, anche noi ci sappiamo fare!

Quello che lascia perplessi, non solo in occasione di grandi assise politiche, ma in tutti i pronunciamenti, discorsi, esortazioni e proposte dei politici e governanti, sono le illusioni a cui sembrano credere e a cui, forse, credono contro speranza.

Dicono che ci vogliono più scuole, più istruzione. Affermano che le famiglie e le istituzioni si devono impegnare più a fondo, che bisogna colpire la corruzione, riformare le leggi, globalizzare l’organizzazione. E così via e così avanti.

Lo dicono i Presidenti delle nazioni, il Papa, gli scienziati e gli “esperti” in ogni campo. Obama, dopo il G8, è addirittura andato in Africa a dire che si devono dare una mossa a lavorare e che ci deve essere meno corruzione fra i governanti. Fatica sprecata, perché le cose vanno sempre peggio e gli scandali di ogni tipo spuntano come funghi da tutte le parti. La fame aumenta, l’immoralità dilaga, il vandalismo si diffonde e guerre e nuove guerriglie esplodono ovunque.

Quello che nessuno vuole ammettere, perché ammetterlo vorrebbe dire, per una volta, dare ragione alla Bibbia, è che riformare l’uomo non si può. Il profeta Geremia ha detto, chiaro e tondo, che “il cuore dell’uomo è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente malvagio” e Gesù lo ha ribadito, 600 anni dopo, dicendo: “Fate l’albero buono e farà frutti buoni... Ravvedetevi e credete al Vangelo”. Il problema è negli uomini, che vivono come se Dio non ci fosse, credono di poter fare a meno di Lui e di migliorare il mondo con le loro forze. Ma non ci riescono e non ci possono riuscire.

Quando i miei figli erano piccoli, volevo aiutarli a capire che sarebbero riusciti a stare buoni solo se il loro cuore fosse cambiato. Così ho raccontato loro una storia.

C’era una volta una principessa che, passeggiando nelle sue campagne, vide un porcellino che si rotolava nel fango. "Poverino" pensò, "devo fare qualcosa per lui. È troppo carino per lasciarlo crescere così sporco...". Lo comprò, lo portò nel suo palazzo, lo fece lavare dalla cameriera, lo asciugò lei stessa con un asciugamano morbido. Poi gli mise un po’ di profumo, un cappottino elegante e gli diede da mangiare. Gli fece pure pulire perfino il grugnetto da una servitore.

Tutto bene per qualche giorno. Il porcellino era contento come una pasqua. Bello, pulito, profumato. Fuori pioveva e in casa della prncipessa si stava bene.

Una mattina, il tempo era bello e la principessa decise di portarlo a spasso col guinzaglio. Tutti avrebbero ammirato il porcellino trasformato! Se non che, appena uscito nel parco, l’animaletto vide una bella pozzanghera, grigia e melmosa. Comincià a tirare il guinzaglio e lo strappò.

Andò beatamente a rotolarsi nel fango! Il suo cuore di porcellino non chiedeva altro!

Ma la principessa non si diede per vinta. Riportò il porcellino a casa, lo ripulì e chiamò un dottore. Evidentemente era malato.

“Altezza!” disse il dottore. “Il porcellno ha una malattia incurabile: si chiama fangomania. Il solo rimedio è un trapianto di cuore. Se vuole....”

“Certo, lo voglio!”

Il medico allora prese un agnellino, gli tolse il cuore e lo mise al posto di quello malato del porcellino, che da allora in poi, diventò diverso e amante del pulito.

Non so cosa gli animalisti pensino di una storia così, ma è un fatto che Gesù Cristo, che Giovanni Battista ha chiamato “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, ha dovuto morire in croce per dare un cuore nuovo e pulito a chiunque capisce di averne bisogno, di essere senza speranza, si ravvede e crede in Lui. “Senza di me, non potete far nulla” ha detto.

Che i politici, i religiosi e i sociologi ci credano o no, questa sarebbe la soluzione.

Un’azione gentile al giorno...

Avevo spazzato il nostro piccolo giardino e ero riuscita a riempire un grosso sacco di plastica (di quelli neri da condominio) con foglie, aghi caduti dai rami di un cedro del Libano, che ha il buon gusto di perdere gli aghi proprio d’estate, rametti, erbacce e tralci d’edera. Avevo chiuso bene il sacco e lo stavo trascinando verso la macchina, per portarlo poi al cassonetto. Pesava.

“Signora, la posso aiutare?” Una ragazza, che passava al di là del cortile, mi aveva vista e mi offriva il suo aiuto. Non avrebbe mai potuto farlo perché avrebbe dovuto scavalcare una siepe e una cinta di ferro, per venirmi in aiuto. Ma mi aveva vista trafelata e i miei capelli bianchi, probabilmente, l’avevano impietosita. La sua premura, in ogni modo, mi ha fatto un gran piacere. Come quando un marocchino si alza e mi cede il suo posto nella Metro oppure un ragazzo mi prende il carrello del supermercato e lo va a mettere a posto, per risparmiarmi un pezzetto di strada.

Questo mi ha dato un’idea: se ognuno di voi che legge questo blog si ripromettesse consciamente di fare almeno una cosa gentile al giorno, per una persona che non sia necessariamente della sua famiglia, il mondo diventerebbe più gentile.

“Come fai a dirlo?” mi chiedete. Beh, lo dico perché so che i contatti dei miei blog e di quelli di mio marito sono circa 4500. Perciò sarebbero altrettante gentilezze in più al giorno. Moltiplicatelo per 365... Non sarebbe male!

Adesso, mi dite che sarebbe solo una goccia nel mare. Vero: ma anche il mare è fatto di gocce!

Se poi, voleste cominciare le gentilezze in famiglia, andrebbe bene lo stesso! Forse, a certi genitori o sposi, verrebbe un infarto dalla meraviglia. Tenetevi pronti a chiamare il 118, ma provateci!

Ecco alcune idee.

Cedete il posto a una persona anziana sull’autobus, anche se di regge bene e non traballa.

Aiutate qualcuno a salire sul treno e reggetegli la valigia, senza che ve lo chieda.

Portate i sacchi della spesa a una signora se deve salire una scala e non c’è l’ascensore.

Sapete un pettegolezzo succolento su una persona? Tenetelo per voi.

Offrite di aiutare il ragazzo del vicino a fare i compiti, mentre i genitori sono al lavoro, dato che sapete che lui perde il tempo al computer.

Fate passare prima di voi, al supermercato, una persona che ha poche cose nel suo cestino, mentre il vostro carrello è pieno.

Il bambino del vicino sta passando un brutto periodo perché i genitori si sono separati: invitatelo a passare un pomeriggio alla spiaggia coi vostri figli.

Le occasioni di essere gentili sono infinite. Basta tenere gli occhi aperti e essere un po’ meno egoisti.

Ho letto da poco tempo la storia di un ragazzo che, proprio perché è stato invitato a passare una giornata alla spiaggia con i ragazzi di una famiglia credente, ha gustato per la prima l’amore sincero, che nella sua famiglia era sconosciuto, e si è avvicinato alla fede. Non si sa mai... da cosa nasce cosa.

Meno male che non era forcelluto!

Un uomo, che era cieco da un occhio, lo ripeteva continuamente. La sua storia l’ho letta nell’antologia quando ero alle medie e mi è rimasta sempre in mente. Era caduto da un albero e, nella caduta, un ramo gli aveva colpito irrimediabilmente un occhio. Però, non essendo un ramo “forcelluto” l’altro occhio era rimasto illeso.

È una storia che insegna l’ottimismo e l’arte di accontentarsi. La ricordo spesso e l’ho ricordata qualche giorno fa ... all’inverso, rendendomi conto della benedizione che il nostro impianto elettrico di casa fosse invece “forcelluto”. Ha, cioè, sia la corrente motrice che fa funzionare gli elettrodomestici e quella normale che fa funzionare l’illuminazione delle stanze. Ma dove sta la benedizione? Ve lo spiego.

Ultimamente, a Roma e dintorni, abbiamo avuto un tempo stranissimo. Bello, bellissimo la mattina e, senza perdere un colpo per vari giorni, temporali con tuoni, fulmini, saette, pioggia e grandine nel pomeriggio.

Un giorno, mio marito e io samo tornati a casa proprio dopo un temporale, e la luce non si è accesa.

“Provo a vedere il salvavita!” ho detto a Guglielmo.

Tac. La luce è tornata. Sospiro di sollievo.

Dopo dieci secondi, tac e... buio. La luce se n’era andata e non c’è stato più tac che la facesse tornare.

E qui arriva la benedizione dell’impiato forcelluto. Frigo, freezer, lavatrice e micronde hanno continuato a funzionare. Se no, sarebbe stato un vero disastro. Per il resto ci siamo dovuti arrangiare. Ora aspettiamo che venga il tecnico e scopra il tac miracoloso che ci faccia mettere via torce e candele, prolunghe e cavi, e ci permetta di tornare a funzionare come esseri umani e non trogloditi.

Ma c’è stato anche un buon motivo per ricordare la bontà del Signore. Un versetto della Bibbia dice che “nessuna tentazione ci ha colti che non sia stata umana (cioè faccia parte della vita normale). Però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati al di là delle vostre forze (combattere con cibi congelati che rischiavano di andare tutti da male e che sarebbero andati certamnte da male dato che il temporale galeotto è scoppiato ormai cinque giorni fa e fino a domani non si parla di riparazioni!), ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne, affinché la possiate sopportare”.

Ed è stato proprio così.

La corrente motrice ha continuato a funzionare, perciò i bucati e i cibi non ne hanno risentito.

Le giornate sono lunghe e la luce dura fino a alle 8 di sera. Se la faccenda fosse successa d’inverno sarebbe stato peggio.

Abbiamo avuto acqua calda per farci la doccia.

Abbiamo mangiato la cena romanticamente a lume di candela.

Siamo andati a letto un po’prima e ci siamo alzati di buon’ora.

E cosa volete di più dalla vita? (Niente, purché la situazione non duri troppo a lungo e torni al più presto la corrente .... forcelluta o no, purché corrente sia!).

Notizia dell’ultima ora: tutto a posto. La luce è tornata!

Oro, oro e ancora oro

“Il colpo d’occhio è abbacinante.” Così cominciava un articolo del 21 giugno del Messaggero, il quotidiano di Roma, per descrivere la cripta che accoglierà presto la salma di Padre Pio, a San Giovanni Rotondo nel Gargano. “La stanza è completamente rivestita d’oro dal pavimento al soffitto. Oro, oro, e ancora, oro. Sono perfino d’oro le decine di sottili lampade a stelo sopese nel vuoto, destinate a rischiarare la cripta.”

Il cronista continuava dicendo che la cappella sarebbe stata inaugurata dal Papa e si domandava che sensazione avrebbe provato il Pontefice, mettendo il piede in tanto splendore.

Io spero che abbia pensato: “Che spreco! Con tutto questo oro si potrebbe dare da mangiare a molti di quei poveretti nel Darfur!”. Lui lo dice ogni volta che ne ha l’occasione che bisogna aiutare i poveri. Se poi, oltre a dirlo, vendesse all’asta un po’ delle opere d’arte che sono rinchiuse nei Musei Vaticani, darebbe una bella scossa alla povertà di alcune nazioni. Ma c’è un versetto biblico per ogni situazione e, probabilmente, lui si consola, come molti di noi, con le parole di Gesù: “I poveri li avrete sempre con voi”.

Pare che i frati del convento di Padre Pio abbiano distribuito 30.000 biglietti per assistere alla cerimonia, sul sagrato della chiesa. Questa, che per grandezza viene subito dopo quella di S. Pietro a Roma, può accogliere solo 7000 persone.

Il culto della personalità è una gran brutta cosa. In questi giorni, non si parla quasi d’altro che di quel bel tipo di Michael Jackson e per i suoi funerali, domani, se mai si decideranno a farglieli e a darsi pace, Los Angeles traboccherà di gente impazzita.

Qualche giorno fa, gli Spagnoli hanno gremito uno stadio non per tifare per Kaká mentre giocava e macinava goal, ma solo per vederlo. Lui si è preso gli applausi sorridendo e non ha neppure mostrato la maglietta con scritto “I belong to Jesus” (io appartengo a Gesù), come fa quando vince. Sarebbe stata una buona occasione, per lui, per testimoniare e dare la gloria a Dio.

Ma Padre Pio supera tutti e la gente lo venera più del Padre eterno.

Io l’ho visto, agli inizi degli anni ’50, quando cominciava a far parlare di sé. Ero andata a San Giovanni Rotondo, che allora era una paesino povero e sconosciuto, per fare una “settimana felice” per i bambini dei credenti della piccola chiesa evangelica nascente e i loro amichetti.

Fra i credenti, c’era anche l’ex-campanaro del convento di Padre Pio. Si era convertito al Vangelo da poco, e mi avevano colpito i suoi racconti degli inghippi che facevano i frati per gonfiare la fama del frate dalle stigmate.

“Voglio vedere che tipo è questo frate” mi sono detta. E, una mattina, dato che Pio diceva messa alle 5, me ne sono andata chiotta chiotta verso la cappella del convento. Le strade erano abbastanza deserte. Qualche donna spazzava il marciapiede davanti alla sua casa, dei carretti tirati da muli, portavano i contadini ai campi.

Nella cappella buia e illuminata solo da poche candele, c’era della gente del posto. Non molta, ma con l’aria devota. Padre Pio è arrivato, si è seduto nel confessionale e la gente è andata a dirgli i suoi peccati. Mai visto una fila sbrigata più in fretta! Altro che uffici postali! Un minuto al massimo per ogni penitente. Poi c’è stata la Messa seguita da tutta la gente in ginocchio. Io, naturalmente, sono rimasta in piedi. Lo sguardo di Pio mi ha raggiunta. Mai visto uno sguardo più duro e crudelmente penetrante.

Messa finita, il frate si ritira. La gente va a baciare il sedile del confessionale dove lui si era seduto. Un bel coraggio. Sono tornata dai miei bambini con una tristezza infinita.

Oggi, le statue del frate sono dappertutto, grandi, piccole, accigliate, sorridenti e di tutti i materiali. C’è il boom di Padre Pio. Gli attribuiscono miracoli e prodigi. Fino a quando? Fino al prossimo santo.

Il profeta Geremia diceva: “Maledetto l’uomo che si confida nell’uomo”.

I morti non possono né aiutarci né occuparsi di noi. Crederlo è puro animismo.

Il profeta Isaia esortava: “Un popolo non deve forse consultare il suo Dio? Si rivolgerà a morti in favore dei vivi? Alla legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!”

Gli apostoli sono morti, Maria, la madre di Gesù, è morta. Sono beati nel cielo insieme con tutti quelli che hanno crduto in Cristo. I loro corpi aspettano la resurrezione. Né oggi né mai potranno fare qualcosa per noi.

Uno solo è vivo e la Parola di Dio dice che vive per intercedere per noi: è il Signore Gesù, morto per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione. E le sue braccia sono aperte e la sua voce dice: “Venite a me... nessuno viene a Padre se non per mezzo di me”.

Lo hai capito? Lo hai fatto?

Shock culturale

“Paese che vai, usanza che trovi” dice il proverbio. Oggi per rendere le cose più interessanti lo chiamano “culture shock”. Ma è la stessa cosa: se non ci siamo abituati, certe cose ci sembrano strane.

Per esempio, ho visto gli inglesi che mettono il cibo sulla forchetta, tenuta non in modo normale, ma rovesciata. Una prodezza di equilibrismo incredibile.

Gli orientali mettono il cibo sulla punta del coltello e lo portano alla bocca. (Mia mamma avrebbe gridato allo scandalo!) E così via.

Alcuni studenti indiani a casa nostra probabilmente hanno avuto il loro shock nel vedermi usare il BAIGON contro le mosche e le zanzare.

Il mio shock culturale l’ho avuto quando sono andata in America la prima volta e mi sono trovata a pranzo con tre o quattro pastori battisti, amici di mio suocero, ultra fondamentalsti, ultrabiblici e ultra pronti a difendere la fede tramandata ai santi, come dice la lettera di Giuda. C’erano anche le loro mogli che parlavano di figli e nipoti come donne normali. Io aspettavo qualche discussione teologica dagli uomini... E ero tutta orecchi.

Invece: per tutto il pranzo quelli hanno discusso su quanti cervi avevano ammazzati andando a caccia. “Io ho tirato così... io mi sono appiattato così... io ero dietro a un albero e... mi sono distratto un momento e l’ho mancato...”

Io non ci potevo credere. Da noi, in Italia, nelle nostre chiese evangeliche, di cacciatori non ne avevo mai conosciuti.

Colmo dei colmi: sempre in America, in una casa per missionari di passaggio, la direttrice era una vecchietta deliziosa. Ma teneva il fucile carico e pronto per ammazzare gli scoiattoli.

“Sono bestie che distruggono tutto” mi ha detto. Io ho pensato: “Ma sono così carini...”

Per tornare ai pastori, quando siamo stati da soli, ho chiesto a mio marito: “Ma è possibile che dei cristiani parlino per un’ora di cervi ammazzati?”

“Cara, è la loro cultura”. Mi sono trattenuta dal dire che mi sembravano dei selvaggi, ma ho detto che li trovavo molto strani.

Ora però, un selvaggio lo abbiamo in famiglia. Un figlio della sorella di mio marito è andato con la moglie in Africa a farsi un safari. E ci manda col computer le foto di quei poveri animali che ammazza. Io non riesco a capire che divertimento ci possa trovare a uccidere quelle bestie bellissime. Ha mancato una piccola zebra, ma, purtroppo, ha detto che domani ci riprova!

Se si tratta di procurare cibo per la famiglia, andare a caccia può anche andare bene (purtroppo mio suocero ci serviva i cervi che aveva ammazzato!). Ma uccidere animali per divertimento mi sembra crudele e cattivo.

Nella Bibbia non trovo incoraggiamenti a farlo e, per una volta, mi trovo d’accordo con i “verdi”. Senza esagerare, naturalmente.