Due genitori che si definiscono “scoraggiati” mi hanno scritto: “Da qualche mese, nostro figlio di 17 anni si è fidanzato con una ragazza non credente. Viviamo questa cosa abbastanza male. Vorremmo da te un consiglio in merito agli errori da evitare...”
Non è un problema da niente! Ho chiesto a mio marito come rispondervi, perché ho grande rispetto per la sua saggezza di uomo di Dio. Ecco alcuni suoi e miei consigli.
Il primo è di non prendere troppo sul tragico una cotta a 17 anni. Di solito una cotta si basa più che altro sull’attrazione fisica e la simpatia e anche si dissolve con una certa velocità. Purtroppo oggi vige il principio “se-non-sei-fidanzato-non-sei-nessuno” e avere un fidanzato ti fa essere “in”.
È chiaro che vostro figlio non vuole essere da meno dei suoi compagni. Speriamo, e preghiamo, che avendo avuto dei buoni insegnamenti da voi e nella chiesa, non voglia comportarsi come la maggioranza dei ragazzi di oggi e non finisca anche a letto con la ragazza.
Dire a un giovane di oggi che un credente deve sposare una credente non trova molto ascolto. I giovani, purtroppo anche nei nostri ambienti evangelici, spesso non prendono più la Bibbia come autorità finale per la loro condotta e danno più retta agli amici che ai genitori o a Dio stesso. E anche in molti adulti si nota una certa schizofrenia spirituale, per cui si accetta in teoria quello che la Bibbia dice e in pratica si fa quello che sembra più comodo.
Adesso, una domanda: secondo voi, vostro figlio è credente, ha veramente accolto Gesù nel suo cuore e vuole vivere per Lui? O è semplicemente un “figlio di credenti”, che va all’adunanza e frequenta i campi e i convegni più per abitudine che per un vero interesse nelle cose di Dio?
Questo dovrebbe essere il primo punto da esaminare.
Se è un vero credente e vive per fare piacere a Dio, dovrebbe essere possibile, se in precedenza c’è stata una buona comunicazione fra voi genitori e lui, mettersi una volta tranquilli a parlare in generale della serietà del matrimonio.
Parlare con calma (difficile!) dell’importanza di impegnarsi per TUTTA la vita con una persona, della responsabilità di essere guide spirituali della famiglia, di dover gestire una famiglia e sostenerla con un lavoro serio, di educare i figli in modo che crescano buoni cittadini e diventino buoni credenti, nominando anche i rischi di un fidanzamento troppo lungo.
Cercate di spiegare che, in qualsiasi matrimonio, anche fra credenti, ci sono difficoltà da appianare soprattutto all’inizio, ma avvisate che, se il matrimonio è fra un credente vero e uno che non lo è, le difficoltà di solito diventano insormontabili. Un credente (che è stato fatto partecipe della natura divina, come afferma Pietro, e che, secondo le parole di Paolo, è il tempio dello Spirito Santo, è nato di nuovo, ha la mente di Cristo) non può vivere bene con una persona che, sia pure buona e cara, è morta spiritualmente e vive per se stessa e non per il Signore. È come voler unire acqua e olio. Si possono emulsionare, ma poi si separano.
Probabilmente il ragazzo, a questo punto, vi direbbe che “le parla sempre del Signore”. Come sarebbe allora proporgli: “E se del Signore le parlassimo noi? O se chiedessimo a un’altra persona matura e con tatto di parlarle?” Provate!
Se invece vostro figlio, che dopo tutto non è ancora maggiorenne e vive sotto il vostro tetto, non è credente, pregate con la pompa che lo diventi e mettete dei paletti ben precisi, riguardo alla condotta, orari ecc. (cosa da fare in ogni modo anche con un figlio o figlia credente). E poi pregate ancora.
Fateci sapere.
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2Corinzi 1:3 Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazioni
RispondiEliminaI TUOI ANZI I VOSTRI CONSIGLI E RIFLESSIONI SONO SEMPRE PREZIOSI
HO RINGRAZIATO IL SIGNORE PER AVER DATO ALLA SUA CHIESA IN ITALIA PERSONE COME VOI
UN FRATERNO SALUTO
più che un commento vorrei farti una domanda.quando in genesi troviamo il versetto che dice 'gli anni dell'uomo saranno 120'a cosa si riferisce? all'età massima della vita di un uomo o al tempo intercorso da ciò che DIO ha detto fino al diluvio? nel secondo caso da cosa lo si denota? grazie
RispondiEliminaCaro anonimo, la tua domanda sui 120 anni di cui parla Genesi 6:3 è interessante. Mi sembra logico che non si riferisca all’età massima che Dio avrebbe assegnato in generale alle persone viventi, dato che nel capitolo 11 di Genesi sono indicate delle età molto superiori ai 120 anni riguardo a quanto a lungo vissero i discendenti di Sem. I 120 anni indicano quelli in cui Dio avrebbe pazientato prima di mandare il diluvio, come ricorda Pietro nella sua prima lettera (3:20).
RispondiEliminaIo trovo molto interessante che Dio non indicò quel numero di anni a Noè quando gli comandò di costruire l’arca. Noè fu ubbidiente alla voce di Dio e cominciò a costruire e perseverò nel farlo per tutto il tempo della pazienza di Dio, predicando il giudizio sul peccato, senza essere ascoltato dai suoi contemporanei. Un bell’esempio, non ti pare?