Ma hai visto quella?

Criticare è la cosa che ci viene più spontanea.

“Ma hai visto come si è pettinata la tale?”
“Chi lo avrebbe mai detto che uno così avrebbe tradito la moglie? È vero che lei è una donna impossibile”.
“ Ti devo dire un segreto: mi raccomando, tienilo per te. Ho saputo che... Lo dicevo io che non c’era da fidarsene!”
“Se si togliesse dieci chili sarebbe davvero una bella donna”.

Per non parlare delle critiche sulla chiesa, la lunghezza dei sermoni, la condotta delle figlie del Pastore e i pettegolezzi mascherati da soggetti di preghiera. Tipo: “Dobbiamo pregare per il tale. Pare che faccia dei debiti e la Scrittura dice di non farne!”.

Si critica perché nominare i difetti degli altri ci fa sentire migliori di loro, perché criticare mette in risalto il nostro buon gusto e la nostra classe, sottolinea la nostra spiritualità, la nostra moralità impeccabile e fa capire a tutti che noi siamo i migliori. E di molto!

Criticare equivale a giudicare e la Bibbia dice che giudicare è un peccato. E, putroppo, finché non arriveremo a chiamare la critica per quello che è, un peccato, continueremo a mascherarla, giustificarla e a praticarla.

Allora, come affrontare e vincere questa tendenza che spesso diventa un’abitudine brutta e cattiva?

Primo, e mi ripeto, è riconoscere che è un peccato. Gesù lo ha detto nel sermone sul monte.

Due, avere voglia di vincere questo peccato non per migliorarci, ma per convinzione.

Tre, pregare ogni giorno il Signore di “mettere una guardia davanti alla nostra bocca” come diceva il Salmista Davide.

Quattro, esaminarmi per capire se i difetti che vedo negli altri, sono prima di tutto miei. Di solito è così.

Cinque, chiedere l’aiuto dello Spirito Santo per controllare i miei pensieri e le mie parole.

Sei, coscientemente sostituire la mia critica di una persona con parole positive sul suo conto.

Sette, confessare come peccato al Signore una critica anche pensata.

Dopo tutto questo, la guarigione è spontanea e istantanea? Magari! Purtroppo le ricadute si ripetono, ma il Signore promette di aiutarci a migliorare e soprattutto il punto “sei” è di grande aiuto pratico. Perché qualcosa di buono si trova sempre da dire e, una volta che si è detto, quello che avremmo voluto dire di cattivo diventa meno interessante.

Dio mi ha detto che...

“Dio mi ha detto che devo sposarti!” Il giovane che mi stava davanti aveva tutte le carte in ordine: piacente, età giusta, intelligente, un buon lavoro, una fede genuina che dimostrava in molti modi, essendo attivo nella sua chiesa e pronto a aiutare chiunque ne avesse bisogno. La sua frase mi ha presa in contropiede e i problema era che non mi piaceva abbastanza per pensare di sposarlo.

“Onestamente a me Dio non lo ha detto!” ho risposto sperando che una battuta lo avrebbe sistemato. Macché! Lui non si è convinto e mi ha risposto: “Ti aspetterò!”

Fortunatamente, a forza di aspettare, si è convinto e ha trovato un’altra brava ragazza con cui è vissuto felice e contento.

L’idea del “Dio mi ha detto che...” è pericolosa. Una ragazza che ha voglia di sposarsi legge nel salmo 68 che “Dio dona al solitario una famiglia” e lo prende come una promessa assoluta che si sposerà. Se non arriva il marito si sente tradita da Dio. Ma, allora, perché ha lasciato che perfino l’apostolo Paolo fosse solo?

Un altro, ammalato, si basa sul Salmo 103 che afferma che Dio “sana tutte le tue infermità”. Se non guarisce, si mette a dubitare della veridicità della Bibbia. Ma Dio ha mai promesso di abolire tutti gli ospedali e mandare a spasso medici e infermieri? Non mi pare. Le infermità che Dio vuole guarire in tutti sono le infermità spirituali. Se poi vuole guarire anche fisicamente, tanto meglio!

So di un ragazzo che ha pregato che il nonno non morisse e, quando il nonno è morto, si è ribellato a Dio e è rimasto ribelle e depresso per molti anni. Purtroppo, nessuno gli aveva insegnato che Dio esaudisce le richieste fatte “secondo la sua volontà”. Evidentemente la sua volontà era diversa da quella del ragazzo.

La Bibbia descrive molti episodi in cui Dio ha parlato direttamente agli uomini. Lo ha fatto con Mosè, Giona, Elia e decine di altri. Ha avvertito alcuni in sogno, a altri ha mandato visioni. Erano tempi in cui la Bibbia non era ancora stata scritta. Oggi Dio parla per mezzo della sua Parola, la Bibbia, ma anche la Bibbia deve essere letta con buon senso. I versetti devono essere presi nel loro contesto e tenendo conto delle persone a cui sono stati rivolti.

A un paralitico Gesù ha detto: “Alzati e cammina!” e il paralitico si è alzato e ha camminato. Ma lo dice a tutti i paralitici della terra? No.

In molti abbiamo letto i libri di Joni Eareckson, che è paraplegica da molti anni in seguito a un tuffo che le ha stroncato la spina dorsale. Anche lei, per un tempo, ha creduto che Dio le avrebbe ridato la capacità di camminare e molti credenti hanno pregato con lei e per lei chiedendo un miracolo, appoggiandosi su promesse specifiche fatte a specifiche persone. Non è stata esaudita.

Oggi dipende ancora dall’aiuto del marito e di amiche per funzionare, ma ha capito che dalla sua sedia a rotelle, col suo esempio di fede e sottomissione, ha potuto e può aiutare più persone di quante ne avrebbe aiutate da “miracolata”.

Dio mi ha detto, e lo dice a tutti, che vuole salvare la mia anima per l’eternità, se credo nel suo Figlio Gesù e nel suo sacrificio sulla croce. Io ci credo e so di essere salvata.

Se si tratta di promesse spirituali mi ci aggrappo e ne gioisco. Se le mie richieste riguardano cose materiali, le esprimo con fede, ma aggiungo: “Sia fatta la tua volontà”. E sono pienamente felice.

Un collega è troppo gentile. Che fare?





Sara è single, carina e simpatica. Lavora in una grossa società di assicurazioni e sta arrivando verso quell’età in cui a qualsiasi donna viene un po’ di panico. Infatti, ha da poco superato i trent’anni e non ha mai avuto un fidanzato. C’è stato uno che le piaceva, ma lei non piaceva a lui e, naturalmente non se n’è fatto nulla. Sara è credente, attiva nella sua chiesa evangelica e pronta a parlare della sua fede.

Mi ha confidato che c’è un collega di lavoro che si mostra molto gentile, la complimenta e trova spesso una scusa per fermarsi a chiacchierare nel suo ufficio. A volte, le ha offerto un cappuccino al bar dell’ufficio. È sposato, ma dice che non va d’accordo con la moglie, che trova “piatta”.

Sara mi ha chiesto cosa deve fare per toglierselo dai piedi. Ammette che è un tipo simpatico e piacevole, ma sa perfettamente che deve tenere le distanze. Eccome!

Diciamo con franchezza che a noi donne i complimenti fanno piacere e che tendiamo a reagire positivamente a chi ce li fa (quante mogli mi hanno detto che andrebbero in estasi se ne ricevessero alcuni dal marito!). Se parliamo con uno che è spiritoso, rispondiamo cercando di essere altrettanto spiritose. Se uno esprime scontento e tristezza, invariabilmente proviamo un sentimento di materna compassione. Perciò dobbiamo imparare a stare in campana.

Nel suo caso, cosa dovrebbe fare Sara, senza diventare antipatica e maleducata?

Per cominciare, deve tenere un contegno assolutamente professionale. Se il collega scherza e fa lo spiritoso, lei non deve reagire nello stesso modo e deve continuare a lavorare tranquillamente. Rispondere ai complimenti lancia un segnale che può essere interpretato molto male.

Se lui le vuole offrire un cappuccino, può dire che non lo desidera oppure suggerire di andarlo a prendere anche con un’altra collega.

Quando c’è da discutere su una pratica d’ufficio, farlo in presenza di qualcuno e tenere la porta dell’ufficio aperta.

Non accettare nessun gesto troppo amichevole, fosse solo permettergli di toccarle un braccio.

Sembra poco spirituale, ma non sarebbe savio parlare al collega della propria fede. Il tasto spirituale spesso è un amo pericoloso. Molti uomini lo usano non per abboccare, ma per pescare e allargare e “approfondire” l’amicizia.

Quando parla poco bene di sua moglie, non fare commenti. A nessuno piace parlare con un muro che non reagisce. Se continua coi lamenti, buttare lì l’offerta: “C’è un bravo consulente matrimoniale che frequenta la mia chiesa. Penso che potrebbe essere di aiuto a te e a tua moglie. Se vuoi, ti dò il suo numero di telefono”.

Se continua con le avances e propone addirittura un’amicizia (spesso succede), tagliare corto dicendo: “Non ho nessuna intenzione di fare qualcosa che potrebbe mettere il tuo matrimonio a rischio. Spero che tu lo capisca e intendo essere solo una collega”. Punto e basta.

Rendo l’idea? Altri suggerimenti per Sara?

Mai contente le donne!

Uno psicologo parlava a un gruppo di donne e l’interesse era alto. Doveva parlare delle responsabilità del marito in una coppia.

Dopo alcune considerazioni generali sulla personalità e le caratteristiche femminili, molto interessanti e frutto della sua esperienza, ha detto che avrebbe basato la sua esposizione sulla Bibbia. Con un sorriso da chi se ne intende, ha osservato: “Dato che l’inventore del matrimonio è stato Dio, tanto vale che andiamo a prendere informazioni e direttive dal libro che ha fatto scrivere”.

Ha citato Salomone per dire che “chi ha trovato una moglie ha trovato un tesoro”, che “una moglie giudiziosa è un dono dell’Eterno” e “che la donna savia edifica la sua casa”. Parole che, con molte altre, hanno trovato tutte d’accordo.

Poi è passato al Nuovo Testamento e alcune donne si sono leggermente irrigidite, perché proprio le parole degli apostoli sottolineano l’ordine che deve esserci nella coppia e affermano che il marito deve essere la guida della sua famiglia e che le donne hanno il compito di rispettarlo.

“Ci siamo. Adesso arriva la sottomissione!” hanno pensato.

Ma l’oratore ha messo tutte a loro agio. Citando San Paolo e, concentrandosi sul ruolo del marito, come era stato annunciato, ha detto che il marito deve amare la moglie come Cristo ha amato la chiesa, ricordando che il Figlio di Dio si è dato e si dà a lei per curarla, nutrirla e sostenerla.

Ha detto che il marito deve curare la moglie con tenerezza, dolcezza e premura, come se fosse il suo proprio corpo. È arrivato, per sottolineare graficamente il suo punto, a prendere in mano un mattone, e di affermare che, ogni volta che un marito tratta male la moglie, è come se facesse cadere sul proprio piede un mattone pesante. (Naturalmente non si è buttato il mattone sul piede, ma lo ha tenuto saldamente in mano. Però l’idea era ampiamente resa.)

Poi ha citato San Pietro, che era sposato e aveva una moglie che lo accompagnava nei suoi viaggi missionari, per dire che il marito deve tenere conto della fragilità della donna e deve trattarla con grande rispetto. E di lì si è lanciato in disquisizioni varie citando esempi di mariti buoni e mogli difficili nominati nella Bibbia.

Alla conclusione ha detto: “Niente fa più felice una donna di un marito che la cura e sta sempre dalla sua parte e al suo fianco!”

Applausi.

Ma la donna che era seduta accanto a me, mi ha sussurrato all’orecchio: “Se si allontana ogni tanto per passare l’aspirapolvere sarà ancora meglio!”

Ciao! Grazie a chi mi scrive e mi dice tante cose gentili. Non ho paura di sentire anche delle critiche (naturalmente “costruttive” come si dice in gergo burocratico!)

Minestra riscaldata? Macché!

Ecco altri tre consigli, da aggiungere ai quattro della volta scorsa, per evitare che il tuo matrimonio diventi come una minestra riscaldata e poco appetitosa.

1. Non sforare sul preventivo finanziario della famiglia.

Ogni coppia deve fare attenzione al bilancio famigliare e è importante che si sia d’accordo su come si spendono i soldi. Ogni mese bisogna tenere conto delle spese fisse (mutuo, affitto, macchina, offerta per la chiesa ecc.) e si devono preventivare le spese occasionali. È giusto fare questi piani col marito e poi rimanere dentro ai piani fatti. Anche se un maglioncino era così carino e costava poco (comprato nel negozio appena aperto dai cinesi, naturalmente!), se non entra nel bilancio, scordalo. A meno che, non decidiate da principio di assegnare una sommetta sia al marito sia alla moglie per essere spesa come sembra giusto.

Le due ragioni principali per cui le coppie litigano e si “disaccoppiano” sono: i soldi e i parenti. Stai in campana!

2. Cerca ogni sera di andare a letto alla stessa ora in cui ci va lui.

Che piacere ci può essere nell’infilarsi sotto le coperte del letto di un marito che russa già da un’ora e che cosa c’è di piacevole in una moglie che sembra un cadavere a pancia all’aria? Si può fare qualche volta, ma non deve essere la regola. Le maggiori cattiverie matrimoniali succedono in camera da letto .... e a letto. Onestamente, anche a 90 anni, è sempre una gioia addormentarsi tenendosi almeno la mano.

3. Ogni giorno chiediti, con assoluta onestà: “Mi piacerebbe essere mia moglie?”

Sono una che si lagna sempre e che vede le cose sempre dal lato storto? Che non ama l’ordine in casa oppure che vuole che la sua casa assomigli a un museo? Che accoglie il marito a casa con la storia infinita dei capricci e le malefatte dei bambini? Che critica vicini e parenti?

Salomone ha detto che sarebbe meglio abitare sull’angolo di un tetto che con una moglie così. E tuo marito dove preferirebbe abitare?

Minestra riscaldata? Non necessariamente.

“Il nostro matrimonio è solo una minestra riscaldata” dice un’amica.

“Una volta o l’altra si perde il primo amore...” sospira un’altra.

“È normale che sia così. Dopo un po’ ci si fa l’abitudine e si tira avanti” conclude una terza.

Una conversazione di questo tipo è una pena, ma non è inventata. Però non è necessario che un matrimonio si riduca a essere una minestra riscaldata. Ho visto una coppia di inglesi centenari alla TV che si tenevano per mano e sembravano due ragazzi innamorati.

“Come fate a mantenere così fresco il vostro matrimonio?” ha chiesto loro il giornalista che li intervistava.

“Ci lavoriamo ogni giorno!” ha risposto la moglie con un sorriso birbone. E non era solo humour inglese. Aveva ragione: sul matrimonio si deve lavorare come su ogni altro lato della vita.

Ho trovato questi sette consigli su una rivista americana per donne cristiane. Mi sono sembrati utili. I commenti sono miei.

1. Non interromperlo o correggerlo quando racconta una storia.

Lui dice: “Martedì scorso siamo andati a mangiare una pizza...”
“Caro, non era martedì” interviene lei. “Era giovedì, perché martedì siamo andati dai tuoi...”
Ma che ti importa? Una pizza di martedì o di giovedì non cambia il corso della storia. La tua correzione vuol dimostrare solo che la tua memoria è migliore della sua.

2. Complimentalo davanti ai figli, ai tuoi e ai suoi genitori, agli amici.

Un apprezzamento fa sempre piacere. Dato che l’abitudine di sottolineare quello che uno fa di bene è un’arte persa. Usala tu. Fallo con onestà, ma in ogni occasione possibile.

3. Fai attenzione a come ti vesti e mettiti carina come quando ti ha invitata per la prima volta a fare una passeggiata con lui.

Col passare del tempo nessuno rimane come era a vent’anni. Un canto dell’innario evangelico, che una volta, si cantava ai matrimoni, dice: “Passerà la bellezza fugace...” Anche troppo vero! A nessun uomo piace portare a spasso una scorfanetta. Perciò, occhio al tuo aspetto! Anche in casa.

4. Sviluppa un interesse genuino per il suo lavoro e i suoi hobby.

Se è un medico, informati sulla sua specializzazione e dell'efficacia delle sue cure. Se è un operaio, chiedigli la sua opinione sui problemi sindacali. Se è un operatore ecologico... beh, mostra interesse sull’utilità della raccolta differenziata. Se poi ha l’hobby della raccolta di scatole di fiammiferi, collabora. E se ha la passione dei film di Totò, guardali con lui.

Alla prossima con gli altri tre consigli! Ciao, e buona fortuna.

Speriamo che non sia una cosa seria!

Due genitori che si definiscono “scoraggiati” mi hanno scritto: “Da qualche mese, nostro figlio di 17 anni si è fidanzato con una ragazza non credente. Viviamo questa cosa abbastanza male. Vorremmo da te un consiglio in merito agli errori da evitare...”

Non è un problema da niente! Ho chiesto a mio marito come rispondervi, perché ho grande rispetto per la sua saggezza di uomo di Dio. Ecco alcuni suoi e miei consigli.

Il primo è di non prendere troppo sul tragico una cotta a 17 anni. Di solito una cotta si basa più che altro sull’attrazione fisica e la simpatia e anche si dissolve con una certa velocità. Purtroppo oggi vige il principio “se-non-sei-fidanzato-non-sei-nessuno” e avere un fidanzato ti fa essere “in”.

È chiaro che vostro figlio non vuole essere da meno dei suoi compagni. Speriamo, e preghiamo, che avendo avuto dei buoni insegnamenti da voi e nella chiesa, non voglia comportarsi come la maggioranza dei ragazzi di oggi e non finisca anche a letto con la ragazza.

Dire a un giovane di oggi che un credente deve sposare una credente non trova molto ascolto. I giovani, purtroppo anche nei nostri ambienti evangelici, spesso non prendono più la Bibbia come autorità finale per la loro condotta e danno più retta agli amici che ai genitori o a Dio stesso. E anche in molti adulti si nota una certa schizofrenia spirituale, per cui si accetta in teoria quello che la Bibbia dice e in pratica si fa quello che sembra più comodo.

Adesso, una domanda: secondo voi, vostro figlio è credente, ha veramente accolto Gesù nel suo cuore e vuole vivere per Lui? O è semplicemente un “figlio di credenti”, che va all’adunanza e frequenta i campi e i convegni più per abitudine che per un vero interesse nelle cose di Dio?

Questo dovrebbe essere il primo punto da esaminare.

Se è un vero credente e vive per fare piacere a Dio, dovrebbe essere possibile, se in precedenza c’è stata una buona comunicazione fra voi genitori e lui, mettersi una volta tranquilli a parlare in generale della serietà del matrimonio.

Parlare con calma (difficile!) dell’importanza di impegnarsi per TUTTA la vita con una persona, della responsabilità di essere guide spirituali della famiglia, di dover gestire una famiglia e sostenerla con un lavoro serio, di educare i figli in modo che crescano buoni cittadini e diventino buoni credenti, nominando anche i rischi di un fidanzamento troppo lungo.

Cercate di spiegare che, in qualsiasi matrimonio, anche fra credenti, ci sono difficoltà da appianare soprattutto all’inizio, ma avvisate che, se il matrimonio è fra un credente vero e uno che non lo è, le difficoltà di solito diventano insormontabili. Un credente (che è stato fatto partecipe della natura divina, come afferma Pietro, e che, secondo le parole di Paolo, è il tempio dello Spirito Santo, è nato di nuovo, ha la mente di Cristo) non può vivere bene con una persona che, sia pure buona e cara, è morta spiritualmente e vive per se stessa e non per il Signore. È come voler unire acqua e olio. Si possono emulsionare, ma poi si separano.

Probabilmente il ragazzo, a questo punto, vi direbbe che “le parla sempre del Signore”. Come sarebbe allora proporgli: “E se del Signore le parlassimo noi? O se chiedessimo a un’altra persona matura e con tatto di parlarle?” Provate!

Se invece vostro figlio, che dopo tutto non è ancora maggiorenne e vive sotto il vostro tetto, non è credente, pregate con la pompa che lo diventi e mettete dei paletti ben precisi, riguardo alla condotta, orari ecc. (cosa da fare in ogni modo anche con un figlio o figlia credente). E poi pregate ancora.

Fateci sapere.

Ipocriti

“Ho decapitato mia moglie!”

Non è successo fra i Talibani in Afghanistan o in qualche altro paese in cui un marito ha diritto di vita e di morte sulla moglie, ma è accaduto nello Stato di New York, nell’America democratica e tollerante.

Il marito, di fede musulmana, ha affermato ai poliziotti di averlo fatto perché la donna voleva il divorzio. Un affronto e un peccato imperdonabile, secondo la sua cultura.

In realtà lui la sottoponeva a continui maltrattamenti e violenze e lei si era stancata. Voleva andarsene e vivere tranquilla per conto suo, come fanno le donne occidentali che lei vedeva andare e venire ogni giorno.

Ma chi era questo marito dai metodi sbrigativi? Era un tipo rispettato, fondatore di una televisione islamica, la BRIDGES TV (BRIDGES significa “ponti”), definita la prima televisione via cavo in inglese, destinata ai musulmani negli Stati Uniti. L’aveva iniziata nel 2004 con l’obbiettivo di bilanciare l’immagine negativa data degli islamici negli USA, dopo gli attacchi dell’11 settembre alle torri gemelle.

Da una parte, mostrava il suo lato amichevole agli estranei, mentre massacrava tranquillamente in casa la moglie. La sua era una specie di schizofrenia malvagia del tipo che lo faceva apparire bello con quelli di fuori, mentre era perfido con quelli di dentro. Un Dr Jeckill e Mr Hyde.

Vergogna! Come è possibile una condotta simile?

Fermi tutti! A parte che certi comportamenti sono abbastanza diffusi anche da noi, non racattiamo tanto presto una pietra da scagliare contro quel marito, perché a volte rischiamo di assomigliargli. Bella figura fuori e “apriti-o-cielo!” quando nessuno ci vede in privato.

L’ipocrisia era la cosa che, più di ogni altra, faceva andare in collera Gesù. Lui aveva pazienza con i malati, gli importuni, gli insistenti e i mendicanti. Ma non con gli ipocriti.

“Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché pulite il di fuori del calice e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e intemperanza!.. Guai a voi ipocriti perché siete simili a sepolcri imbiancati che appaiono belli di fuori, mentre dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni immondizia....Così anche voi, di fuori, apparite giusti alla gente; ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità!”.

Pensiamoci. E provvediamo.

Il “Ma” del giudice

Se dici “scemo” a tuo fratello (o sorella) sei uguale a un omicida e se guardi una donna con la voglia di andarci a letto sei uguale a un adultero. Questa è l’affermazione di Gesù nel Vangelo di Matteo. È contenuta nel famoso “Sermone sul monte” che addirittura si conclude con l’ordine dato a tutti di essere perfetti come Dio. Così avevamo finito la nostra chiacchierata l’ultima volta.
Però avevo detto che c’era un “ma”.

Infatti, la faccenda non finisce qui. Dio, fortunatamente, non è solo uno che giudica, ma è anche uno che ama. Il suo amore è infinito, eterno e senza cambiamenti. “Dio è amore” ha detto San Giovanni.

“Allora dà un bel colpo di spugna, proclama un indulto mondiale e l’affare è fatto!” dici tu.

“Niente affatto!” dice la Bibbia, perché la giustizia deve rimanere giustizia e la punizione deve essere applicata. E allora...

Allora Dio ha risolto il dilemma nell’unico modo possibile: invece di punire noi, ha punito se stesso, pur non avendo fatto niente di male, nella Persona di suo Figlio Gesù. Ha pagato Lui per tutti.

Proprio così. Il peccato infinito dell’umanità, commesso contro un Dio infinito, poteva essere pagato solo da un sacrificio infinito, quello della vita del Figlio di Dio. Questo è il significato vero della croce. Essa non è stata solo un grande esempio, la dimostrazione suprema dell’abnegazione di un capo religioso, il sacrificio di un martire, tutte cose meravigliose, che non avrebbero nessun valore pratico per noi e ci lascerebbero esattamente come ci hanno trovati.

Sulla croce Gesù è diventato peccato per noi (parole di San Paolo) e sulla croce ha subito la condanna, sia per le nostre azioni malvagie sia per i nostri pensieri malvagi. Tutto è stato espiato.

“Allora, affare fatto!” dici di nuovo. “Tutto pagato, tutti salvati. Allegria!”.

Non proprio. Dio ci chiede di reagire al suo amore e di credere PERSONALMENTE ad alcune cose. Altrimenti niente perdono e niente salvezza. Lui vuole che...
  1. Ci rendiamo conto che Gesù è l’unica via di salvezza possibile. Niente altre vie, altri intercessori o mediatori, santi e madonne.
  2. Ci rendiamo conto che siamo dei peccatori perduti senza via di scampo, che, senza Cristo, per noi non c’è che l’inferno, senza attenuanti e senza indulti.
  3. Crediamo di cuore in Cristo e riconosciamo in Lui l’unico possibile Salvatore e Signore. Solo così potremo essere salvati.
  4. Stendiamo la mano come mendicanti e riceviamo in dono la salvezza e la forza di vivere per Lui. Dio non vuole essere pagato, ma vuole essere ringraziato e servito.
Capito? Vuoi saperne di più? Ti manderò altre informazioni.