Uno dei nostri figli, quando si metteva in mente una cosa, finché non la otteneva non si dava pace. E dai, e dai, e dai. Finché non la vinceva.
Poteva essere comperare una certa maglietta di un certo colore e con un certo colletto o riuscire a andare da qualche parte o che so io, non mollava.
Questo gli aveva fatto appioppare dai suoi fratelli il nomignolo di “fratello perseveranza”. Una qualità che ancora non ha perso dopo cinquant’anni.
La perseveranza è importante nella vita.
Per conseguire un diploma o una laurea ce ne vuole una dose considerevole.
Per finire un lavoro che si è iniziato, e che richiede impegno, bisogna perseverare.
Per educare i figli, la perseveranza accompagnata dalla pazienza è indispensabile (Isaia 28:10 dice: “Precetto dopo precetto, linea dopo linea. Un poco qui e un poco lì”).
E la perseveranza è anche indispensabile perché un matrimonio riesca bene.
L’Apostolo Paolo ha esortato i credenti a perseverare nella preghiera (Romani 12:12) e Gesù ha perfino raccontato una parabola proprio per esortare i suoi seguaci a “pregare senza stancarsi”. La potete leggere nel Vangelo di Luca18:1-18.
La preghiera è un mistero che capiremo completamente solo quando saremo in cielo. Io parlo a Dio qui sulla terra e Lui mi ascolta ovunque sono. Io chiedo qualcosa e lo Spirito mi aiuta in quello che chiedo. E Gesù, che è il mio unico mediatore, fa da tramite fra me è il Padre. Una mia preghiera coinvolge, dunque, tutta la Trinità. Che meraviglia!
Io devo chiedere qualsiasi cosa che mi sembra buona senza pretendere nulla (“non la mia ma la tua volontà sia fatta”), pur sapendo che Dio mi può dare tutto (nulla è impossibile a Dio). D’altra parte, Egli è anche il mio Padre buono e sovrano che sa quello che è bene per me e per i miei cari, per cui mi concederà quello che è giusto, utile e proficuo per me o per la persona per la quale prego.
Devo abituarmi perciò a pregare secondo quello che dice la Bibbia e quello che essa insegna. Non posso chiedere e aspettarmi sempre prosperità e buona salute, come ricompensa della mia fedeltà, come era promesso da Dio a Israele.
Oggi viviamo in un altro periodo delle azioni di Dio verso i suoi.
Le sue benedizioni per la chiesa sono più spirituali che materiali, anche se Dio ci promette di provvedere il necessario per vivere. Gesù ha insegnato a chiedere il pane quotidiano, ma non il burro da spalmarci sopra o come companatico della bistecca quotidiana.
Dio ha promesso di portare a compimento la sua opera spirituale cominciata in chi si è convertito sinceramente a Cristo. Su questa base, prego con fede, anche contro speranza, per chi si è allontanato dal Signore.
Credo che Lui riporterà a sé chi veramente gli appartiene. L’ho visto succedere molte volte.
Non penso che la promessa fatta personamente al carceriere di Filippi, riguardo alla conversione di tutta la sua famiglia, si possa applicare onestamente a tutti i parenti non credenti di tutti gli altri figli di Dio.
Non credo neppure che ci si possa attaccare alle parole del Salmista che diceva: “Mille ne cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma tu non ne sarai colpito” (Salmo 91:7) e chiedere incolumità costante in ogni situazione. Molti bravi credenti sono morti in guerra e altri sono morti in circostanze inaspettate o di pericolo.
Il Signore ci ha dato il buon senso per aiutarci nelle nostre richieste a non fare gli offesi se a volte ci dice “no”, oppure “aspetta”.
Dunque, bisogna con umiltà, sottomissione e pazienza perseverare nelle nostre richieste e nelle nostre preghiere. Se la risposta sarà “sì”, gloria a Dio!
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