Angeli il più possibile

“Ma cosa è quella schifezza?” ha chiesto la figlia di alcuni nostri amici che avevamo invitato a pranzo.

“Ma cosa è quella schifezza?” ha chiesto la figlia di alcuni nostri amici che avevamo invitato a pranzo.

“Tesoro, è la schifezza che noi mangiamo la domenica” ho risposto col mio migliore sorriso. “Spero che ti piacerà”. L’ha mangiata. E spero che abbia imparato le buone maniere.

Essere ospiti e ospitare è una cosa bellissima, raccomandata nel Nuovo Testamento in modo particolare. “Non dimenticate l’ospitalità; perché alcuni praticandola, hanno ospitato angeli” (Lettera agli Ebrei 13:1), “esercitate con premura l’ospitalità” (Romani 12:14).

Ai tempi del Signore l’ospitalità era essenziale per chi viaggiava. Gli alberghi erano spesso taverne poco raccomandabili e la cosa migliore era trovare degli amici o delle persone gentili che aprissero la loro casa. L’ospitalità era considerata praticamente un dovere di normale cortesia. Forse per questo gli scrittori del Nuovo Testamento hanno parlato, come incentivo, del possibile privilegio di ospitare degli angeli, e hanno incoraggiato a ospitare “con premura”, cioè impegno e amore. E non “desiderando di non doverlo fare” come dice una moderna traduzione inglese.

Sia come sia, anche oggi ospitare e essere ricevuti in casa d’altri è bellissimo.

Ospitare è un’arte. Bisogna che chi sta sotto il nostro tetto senta di essere il benvenuto, ricevuto come un membro della famiglia, circondato (ma non soffocato!) da gentilezza e messo a suo agio. Rispettato, ma non trattato e riverito come se fosse il cugino del re d’Inghilterra, tanto da metterlo in imbarazzo. Accolto e aiutato, ma non costretto a conversazioni continue e, a volte, banali. Lasciato anche in pace, se lo desidera.

I figli di chi ospita si devono abituare a essere gentili coi visitatori, a cedere, se necessario, il loro letto e a non essere curiosi o invadenti. E a non intromettersi nelle conversazioni degli adulti.

Anche chi è ospitato deve avere degli accorgimenti. Tipo?

Non chiede cibi speciali. Se qualcosa non gli piace non fa storie e la mangia. Se ha delle intolleranze o delle allergie lo comunica con gentilezza alla padrona di casa (una mia amica celiaca si portava in valigia la sua pasta speciale). Se preferisce un materasso duro e il letto che gli viene offerto ne ha uno molle, sta buono e zitto senza lamentarsi. La mattina dopo non proclama che ha il male di schiena.

Attenti anche nell’offrire aiuto e nel voler collaborare a tutti i costi con la padrona di casa. Certe donne non vogliono nessuno in cucina e preferiscono fare da sé. Allora si lasciano in pace e si cerca, magari, di giocare con i suoi bambini e, soprattutto, di sorvegliare i propri.

Molti anni fa, ho conosciuto e ospitato un predicatore itinerante che chiedeva “l’onore” di asciugare i piatti e diceva: “Dimenticheranno quello che ho detto, ma ricorderanno quello che ho fatto”.

Oggi, in quasi tutte le case c’è la lavastoviglie e la sua offerta sarebbe forse inutile. Dovrebbe trovare qualche altro modo per essere ricordato con piacere. Facciamolo anche noi.

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