Proprio così. Sulla mia scrivania, all’ufficio, ho trovato
un pandolce genovese.
Ce lo avevano messo alcuni nostri collaboratori
accompagnandolo con un biglietto pieno di parole gentili. Sapevano che a Genova
ho lasciato un pezzo del mio cuore, che il profumo del vero pesto non l’ho mai
dimenticato (lo ha perfino nominato Giulio Cesare!), che quelle colline, che
circondano la città, le ho percorse in lungo e in largo quando ero ragazza e
che per il pandolce ho un vero debole. Così hanno pensato anche a me, durante
una loro visita in Liguria. Grazie, cari!
Nella lettera ai Romani, l’Apostolo Paolo dice che “quanto all’amore fraterno” dobbiamo
essere “pieni di affetto gli uni per gli
altri” e che dobbiamo fare a gara nell’onorarci reciprocamente.
Affetto e onore sono alla portata di tutti. Non costano
nulla. Richiedono solo un po’ di pensiero e di attenzione.
Che cosa potrebbe fare piacere a una certa sorella in fede
che vive da sola e ha i figli lontani? Come potrei rallegrarla? Devo pensarci e
provvedere.
Come posso dimostrare a un fratello in fede che il suo
servizio in chiesa è apprezzato e utile? Glielo dirò! Se ha presieduto una
riunione con saggezza lo ringrazierò. Se ha suggerito un canto adatto e ben
azzeccato alla fine di un sermone gli dirà una parola di apprezzamento.
Finalmente un giovane sta dando segni di interesse per la
Parola di Dio. Come potrò incoraggiarlo? Dicendogli che mi fa tanto piacere.
Una certa mamma fa un grosso sforzo per essere puntuale alle
riunioni della chiesa e si impegna perché i suoi bambini non disturbino durante
le riunioni? Una parola di lode le farà un gran bene e mi ricorderò di dirgliela.
Al caso, potrò anche sedermici accanto e cercare di tenere tranquillo il più
irrequieto dei suoi pargoli!
Imparerò dal Signore Gesù, che sapeva dire una parola di
incoraggiamento per chi serviva al momento giusto o faceva una cosa bene.
L’episodio classico è quello di Maria, la sorella di Marta e Lazzaro, che era
stata criticata dai discepoli perché gli aveva cosparso i capelli con un profumo
molto costoso e Lui l’ha difesa.
“Lasciatela stare!” disse. “Ha fatto bene, perché lo ha
fatto in vista della mia sepoltura. Tutti lo sapranno!” E così è stato.
Anche il capitolo 16 della Lettera ai Romani è un grosso esempio
di cortesia cristiana. Paolo loda questo fratello, nota quello che ha fatto una
sorella. Nomina chi si è affaticato per lui, chi lo ha soccorso. Sottolinea il
servizio di uno, le fatiche di un altro.
Loda chi ha ospitato la chiesa in casa sua (un lavoro da
niente!) e chi lo ha difeso e aiutato nelle difficoltà. Nomina per nome
credenti che probabilmente nessuno avrebbe ricordato, ma che da 2000 anni sono dei
modelli per noi.
È bello: nel mezzo della sua lettera esorta a onorare i
fratelli in fede e alla fine della lettera indica come farlo. Mi piace!
Anch’io vorrei essere ricordata per le mie parole di
incoraggiamento. Spero che siano più numerose e efficaci delle critiche, che
purtroppo, mi vengono anche troppo spontanee. E che, invece di edificare,
demoliscono.
Ma non finisce qui! Ci risentiamo.
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