“È tanto bravo e serio: si direbbe che sia un credente e mi
ascolta quando gli parlo del Signore!”
Me lo diceva una ragazza non molto tempo fa, parlandomi
della sua simpatia per un compagno di liceo.
“A parte il fatto che uno che ti volesse conquistare ti
starebbe a ascoltare, o farebbe finta di essere interessato, anche se gli
parlassi dell’influenza della poesia di Ariosto sul gioco del tennis, cioè su
qualcosa di anche assolutamente cretino e inesistente” le ho risposto, “fai
attenzione. Ancora meglio: scordatelo!”.
“Ma è interessato davvero…”
“Allora proponigli di parlare della fede con qualcun altro,
come tuo padre, o il pastore della tua chiesa, o un fratello in fede affidabile.”
“Ma perché sei così dura?” mi ha chiesto la ragazza con gli
occhi lucidi.
“Perché ho visto troppi disastri cominciare proprio così e
perché se nella Bibbia c’è un comando chiaro rivolto ai credenti, è proprio
quello di non sposare una persona che non è nata di nuovo.”
Spero che mi dia retta.
La Bibbia dice categoricamente: “Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo che non è per voi;
infatti che rapporto c’è fra la giustizia e l’iniquità? O quale comunione fra
la luce e le tenebre? E quale rapporto fra Cristo e Belial? Quale relazione fra
il fedele e l’infedele?” (2 Corinzi 6:14,15).
La differenza fra un credente e un non credente è troppo
grande. Un credente in Cristo appartiene alla famiglia di Dio e lo Spirito
Santo abita in lui, ha la mente di Cristo, cioè pensa secondo quello che dice la Parola di Dio, è nato di
nuovo e possiede la natura divina (sembra incredibile, comunque non vuol dire
che è divenuto quasi un dio). Un non credente è tutto il contrario. Non ha lo
Spirito Santo, perciò pensa in maniera carnale, non comprende le cose di Dio e,
Gesù ha detto, addirittura pari pari, che non è un figlio di Dio, ma è figlio
del diavolo.
Dalla mia esperienza ho visto che in un matrimonio
cosiddetto “misto” tutte le relazioni, molto presto, diventano traballanti e sono
a rischio.
La relazione verticale con Dio è a rischio, perché fra i
coniugi non c’è una vera unione. Non possono pregare insieme, andare in chiesa
insieme, leggere la Bibbia insieme. E chi ne soffre? Non il partner non
credente!
Chi ne soffre è il credente che, per cominciare, prova
rimorso di aver disubbidito a Dio e sa di essersi rovinato con le proprie mani.
Quando prega, non è sicuro che Dio lo ascolti. In realtà, Dio lo ascolta, ma
lui, o lei, ha paura di non essere ascoltato. Poi, non sa come educare i figli
e spesso si trova in contrasto con le idee del coniuge (anche se da fidanzati la
promessa era stata che il credente sarebbe stato assolutamente libero di
professare la sua fede e di educare i figli secondo la sua coscienza). In più, di
solito, nella mischia famigliare si intromettono anche i parenti del non
credente che vorrebbero questo e quello. A cominciare da battesimi e prime
comunioni.
Così la fede del credente è ferita, comincia a vacillare e si
intiepidisce. Se non si spegne del tutto.
La relazione orizzontale col coniuge si incrina. Certo, si
possono ancora fare molte cose insieme e goderle: praticare uno sport, vedere
un film, andare a un concerto, fare all’amore. Ma c’è sempre quel certo
importantissimo elemento che manca: l’unità della fede.
Così sorgono tensioni di vario tipo, come per esempio l’uso
dei soldi. Uno vorrebbe sostenere le spese della chiesa, o donare all’opera
missionaria e l’altro pensa che si deve comprare qualcosa che l’altro considera
uno spreco.
Poi, si discute e si litiga su cosa permettere ai figli. Ecco,
allora, un’altra relazione orizzontale che rischia di rovinarsi. I figli, con
molta probabilità, tenderanno a seguire il non credente. Perché permetterà di
più, perché sarà più indulgente, perché farà meno storie e non vieterà ogni
tanto una serata in discoteca o una notte fuori casa da amici. Già i figli
sbuffano davanti ai paletti messi dai genitori credenti che fanno fronte unico!
Figuriamoci se vedranno delle incrinature! E chi vìncerà?
Dio l’aveva già detto a Mosè nell’Antico Testamento. Perciò Mosè
aveva ordinato agli Ebrei di non sposare donne pagane perché “distoglierebbero da me i tuoi figli che
servirebbero dèi stranieri e l’ira del Signore si accenderebbe contro di voi.
Egli ben presto vi distruggerebbe” (Deuteronomio 7:4).
Perciò diamo retta a Colui che ne sa molto più di noi. Il
matrimonio è una cosa troppo seria per prenderlo alla leggera e cominciarlo con
una disubbidienza. “Meglio andare sul sicuro” dice un proverbio americano, “che
doversi pentire di ciò che si è scelto”.
Ecco perché ho detto a quella ragazza sull’orlo di mettersi
su un sentiero pericoloso: “Non lo
fare!”. Lo ripeto: spero che mi dia retta.
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