Invidiare significa, secondo il dizionario Zingarelli,
“provare un sentimento di rancore e di astio per la fortuna, la felicità o le
qualità altrui”. Biblicamente, significa
provare un sentimento che trasgredisce il decimo comandamento che ordina di “non desiderare (la Riveduta dice “concupire”
che è molto più efficace e grafico) la
casa, la moglie del tuo prossimo né la sua serva, il suo bue, il suo asino, né
cosa alcuna del tuo prossimo”.
La Bibbia
racconta di dieci fratelli che odiavano e invidiavano tanto un loro fratello che decisero di
ammazzarlo. Unicamente per la pietà di uno di loro, finirono “solo” per
venderlo come schiavo e gli risparmiarono la vita. Si tratta di Giuseppe e dei
suoi fratelli e la loro storia si trova nel Libro della Genesi dal capitolo 37,
fino alla fine del libro. Vale la pena leggerla, perché contiene anche il
rimedio per vincere il serpente dell’invidia. Un serpente mortale, che abita anche
nel mio giardino. E nel tuo.
A volte crediamo che la nostra sia un’invidia “buona”.
Vorrei sapere fare questo o quello come il tale o il talaltro. Vorrei avere
quello che ha il tale, per... Vorrei conoscere la Bibbia come... Vorrei un
marito come... Se avessi una moglie come... Vorrei una macchina, una casa, un
lavoro, una famiglia, una capacità come... E dopo il “come” aggiungiamo un nome: Gino,
Anna, Giorgio, Tizio, Sempronio. E lì, casca l’asino. Stiamo invidiando
qualcuno e Dio ordina di non farlo.
L‘invidia non è mai buona. Salomone ha scritto nel Libro dei
Proverbi: “Un cuore calmo è la vita per
il corpo, ma l’invidia è la carie delle ossa” (4:30). Non è mai buona perché indica insoddisfazione,
insicurezza, scontentezza per quello che Dio ci dà o ci ha dato. E anche
pigrizia.
Vorresti conoscere la Bibbia come il Tale? Applicati, leggila di più e
studiala. Procurati dei libri, dei commentari e
consultali. Vorresti avere una casa pulita e ordinata come ...? Alzati prima e mettila in ordine. Fai come
Guglielmo, mio marito, che ammetteva di provare un po’ di invidia per chi aveva
fatto il Seminario, mentre lui aveva studiato solo psicologia e giornalismo.
Ebbene, si è iscritto a dei corsi speciali e, a circa 50 anni, si è preso la
laurea in teologia anche lui. A pieni voti.
L’invidia non è un serpente che morde e avvelena come il
rancore, ma è un serpentello che sta lì e sibila piano piano. Guarda quello...
vedi quella... immagina... E ti rode.
Per tenerlo a bada (non illuderti di vincerlo una volta per
tutte!) il metodo è abbastanza semplice.
Comincia a ringraziare Dio per come sei e per i doni che ti
ha dato. Hai delle qualità da sviluppare, delle capacità da usare, delle
potenzialità da valorizzare? Mettile a disposizione di Dio e Lui le userà.
I discepoli sapevano pescare e Dio li ha trasformati in
pescatori di uomini. Paolo era un dottore della legge e Dio ne ha fatto un
apostolo straordinario. Lidia era mercante di porpora e Dio ne ha fatta una
donna ospitale, utile e generosa. Tabita sapeva cucire e usava quello che
sapeva fare. Quando è morta, che testimonianza ha lasciato! Degli armadi pieni
di vestiti per i poveri!
Seconda cosa: apprezza le capacità che hai, non cercare di
essere quello per cui Dio non ti ha fatto.
Non tutti possiamo essere musicisti, scienziati, poeti o medici. Un buon
muratore è valido quanto un architetto. Uno progetta e l’altro esegue.
Terza cosa: impara a rallegrarti di quello che hai. Paolo ha
scritto, lui che aveva studiato, che poteva vantarsi della sua famiglia e dei
suoi titoli: “Ho imparato a
accontentarmi dello stato in cui mi trovo” (Filippesi 4;12). Non invidiava la ricchezza di Filemone,
l’oratoria di Apollo, la prestanza fisica di chi era più giovane e più sano di
lui. Diceva piuttosto con grande umiltà : “Per
la grazia di Dio sono quello che sono” (1 Corinzi 15:10). Certamente
parlava del suo servizio e della sua salvezza, ma si rallegrava anche del fatto che Dio lo stava usando.
Anche noi, se ricordiamo che se abbiamo un cervello che
ragiona, una mente che pensa, un corpo che funziona è solo merito e frutto
della grazia di Dio, e che Lui ha scelto esattamente per ognuno di noi la mente,
il cervello e il corpo che abbiamo, avremo ampie ragioni per non invidiare
l’erba del vicino, ma di coltivare con molta cura quella del nostro giardinetto.
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