C’è un serpente nel mio giardino: si chiama abitudine


Alcune donne americane di origine italiana, discuteveno su come preparare e cucinare le polpette.

“Io ci metto la salsiccia.” “No, la salsiccia non ci vuole: solo carne di manzo magra.” “Meglio pollo e mollica di pane.” Poi la discussione continuava, se ci vuole l’origano o il peperoncino, il pane grattugiato o l’uovo, se si friggono o si saltano in padella. Ogni donna giurava sulla sua ricetta come veramente italiana. Le poverette non sapevano che ogni donna italiana fa le polpette con la sua personale, privata e precisa ricetta. E che ogni regione italiana, in ogni modo, ha le sue ricette. Le migliori, naturalmente.

Quando mi hanno chiesto cosa ci mettevo io, italiana doc, nelle mie polpette, e ho risposto: “Quello che ho!” mi hanno guardata come se venissi da Marte. Non era possibile!

Io, mentre le ascoltavo, pensavo a quanto le abitudini governano la nostra vita. Ti danno sicurezza, ti aiutano a funzionare, dal modo di cucinare le polpette a dove si va in vacanza. Imprimono il ritmo della giornata. Sono lo schema secondo cui ci si muove.  Le abitudini sono buone e ti fanno da  stampella.

Invece, c’è una nemica mortale della nostra vita, e specialmente del matrimonio. Non si chiama abitudini, ma abitudine, al singolare.  Mi spiego: abitudine, significa tirare i remi in barca, lasciarsi scivolare con la corrente, non cercare mai niente di nuovo, di fresco, di attraente. Significa apatia, mancanza di entusiasmo e di aspettazione. Vivere ogni giorno come l’altro.

Quando nel mio giardino mette piede e fa il suo nido il serpente dell’abitudine, le cose si mettono male. L’abitudine è piatta, noiosa, opaca. Rovina la relazione del marito con la moglie, dei genitori coi figli, ammazza anche la vita di una chiesa. Non c’è più niente che ti entusiasma, che ti dà una spinta. Non c’è più vita. È noia totale.

Con l’abitudine si affievolisce spesso l’unione fra coniugi, a cominciare dalla loro unione sprituale.  Lui fa sempre la stessa preghiera. Lei legge sempre gli stessi salmi e non trova niente di entusiasmante da condividere col marito. Quando assistono a uno studio biblico, non trovano niente di stimolante di cui parlare.

Dopo di che, anche l’unione morale scricchiola. Lui si immerge nei suoi hobby e lei si butta sui nipotini. Se non li vede tutti i giorni, non sa cosa fare.

Dell’unione fisica non si parla neppure. Non c’è più attrazione. Lui ci starebbe ancora, almeno qualche volta, ma lei “non si sente”. Tanto è sempre la stessa solfa, una semplice abitudine. “Che barba! Che noia!” come diceva Sandra Mondaini. 

Al serpente dell’abitudine si deve fare molta attenzione, perché le situazioni non restano mai allo stesso 
punto. Il marito può trovare una collega molto più  interessante della moglie e la moglie può decidere di andare molto troppo spesso a dare una mano alla figlia che abita lontano. Con quello che ne può derivare e seguire...

Che fare? Pensarci a tempo.

Fare cose insieme, pianificare qualche uscita, magari solo per una pizza. Non fare vacanze sempre e solo con amici o con parenti, ma funzionare come coppia. Condividere quello che si legge. Stare insieme, viaggiare, ospitare. Coltivare l’unione. Cantare e camminare insieme. Ripetersi che si sta bene insieme. Al ritorno da un mio viaggio, mio marito mi ha fatto trovare una nostra foto con scritto: “Ecco due persone che si vogliono bene, che stanno bene insieme e stanno meglio quando SONO insieme”. L’ho incorniciata e appesa nel bagno!

Non aspettarsi l’impossibile. Lodare più che criticare. Incoraggiare più che sgridare. Esercitarsi nel servirsi reciprocamente. Chiedersi: che cosa gli fa piacere, che cosa la potrebbe aiutare, come lo posso stimolare, cosa le direi se fossimo ancora fidanzati...

Infine, parlare per trovare un’intesa e decidere che si troverà un’intesa.

A volte è più facile che uno dei due si renda conto per primo che l’abitudine è in agguato. Farà bene a alzare la bandierina rossa e prendere provvedimenti!
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