“Mia moglie non mi capisce. Se mi capisse, mi lascerebbe in
pace quando torno a casa dal lavoro.”
“Mio marito non mi capisce. Se mi capisse, una carezza ogni
tanto me la farebbe”.
“I miei genitori non mi capiscono. Se mi capissero, mi
lascerebbero in pace a farmi i fatti miei”.
Almeno una
volta nella vita, tutti ci siamo sentiti soli.
Terribilmente soli.
Quando ci morde, nel nostro giardino, il serpente della
solitudine, di solito è perché ci sembra che nessuno, ma proprio nessuno, si
occupi di noi. Riesce a morderci anche se siamo in un convegno di mille
persone, o in compagnia di una persona a cui vogliamo bene. Morde meglio, quando ci pare che nessuno si accorga di noi.
Io telefono e nessuno mi telefona. Io
scrivo e nessuno mi scrive. Io stendo la mano e nessuno me la stringe. In
genere, non è vero. Ma così ci sembra.
Uno solo ci può capire a fondo quando siamo soli: Gesù.
Nessuno è stato tanto solo quanto Lui, quando era sulla
terra. Non aveva una moglie. Non aveva una casa. Aveva una madre, fratelli e
sorelle, che non lo capivano. La gente non lo capiva. I discepoli lo
ascoltavano e spesso non lo capivano. I religiosi lo odiavano e dicevano che
faceva i miracoli per opera di Satana. La gente lo seguiva e Lui si rendeva
conto che lo seguiva perché moltiplicava il pane e li guariva dalle malattie.
La notte spesso si ritirava per parlare e comunicare col suo
Padre celeste. Ma, come uomo, era solo.
Che cosa mi rende “solo”?
Se non sono credente, sono separato da Dio, lontano da Lui.
Posso cercare di divertirmi e di distrarmi, ma quando rientro in me stesso sono
totalmente solo. Separato da Dio, con una barriera che mi divide da Lui.
Se sono credente e mi sento solo, spesso la ragione è la
stessa: ho peccato. Ce l’ho con
qualcuno, devo
perdonare qualcuno, sono offeso, deluso, provo rancore. Peggio
ancora: ce l’ho con Dio. Il mio peccato
di credente mi tiene lontana da Lui.
Come ha vinto la solitudine Gesù? L’ho detto poco fa: cercava
la comunione con suo Padre e diceva: “Colui
che mi ha mandato è con me, egli non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre
le cose che gli piacciono” (Giovanni 8:29).
Se faccio quello che Dio mi comanda e sono in armonia con Lui, forse sarà
un po’ solitario, ma non sarò “solo”.
Personalmente ho trovato utile fare alcune cose.
- Guardo la realtà in faccia. La solitudine è un fatto della vita. Una volta o l’altra la devi affrontare.
- Curo la mia vita spirituale, senza appoggiarmi su nessuno. Molti uomini di Dio si sono sentiti soli e Dio è venuto in loro aiuto. L’apostolo Paolo, mentre era da solo in prigione, scriveva a Timoteo: “Nella mia prima difesa nessuno si è trovato al mio fianco ma tutti mi hanno abbandonato... Il Signore però mi ha assistito e mi ha reso forte, affinché il mio messaggio fosse proclamato ...” (2 Timoteo 4:16).
- Credo alle promesse del Signore. “Io non ti lascerò e non ti abbandonerò” (Ebrei 13:5), “Quelli che conoscono il tuo nome, confideranno in te, perché, o Signore, tu non abbandoni quelli che ti cercano” (Salmo 9:10).
- Cerco qualcuno più solo di me. Non per piangere sulla sua spalla, ma per confortarlo. Funziona.
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