Sono stata sei mesi in Inghilterra, dopo la fine della
seconda guerra mondiale. Anche lì era finita da non molto l’epoca delle tessere
annonarie e delle restrizioni sui cibi.
Il cibo inglese non è niente di cui vantarsi, ma i
cioccolatini inglesi sono deliziosi. Certi negozi ne avevano le vetrine piene.
Avreste dovuto vedere come la gente si fermava a guardare, osservare,
commentare. E poi entrava e usciva con dei bei pacchetti gonfi e ben
confezionati. Durante la guerra ne avevano dovuto fare a meno; ora potevano
finalmente godere! E ne ho goduto anch’io.
Il gusto e la capacità di assaporare i cibi, di distinguere
fra dolce e amaro, fra salato e sciapo è un dono di Dio. Un grande dono: rende
la vita più bella e varia.
Ho conosciuto un uomo che era caduto, aveva battuto la testa
malamente e aveva perso il senso del gusto. Tutto per lui era “cibo”. Non
poteva distinguere una patata da una bistecca, se non dall’aspetto e la consistenza.
Niente aveva sapore. Poveraccio, che tristezza!
Come tutti gli altri nostri sensi, anche il gusto e la
voglia di gustare devono essere tenuti sotto controllo. Se non lo facciamo il serpente
della golosità, che si aggira tutto il tempo nel nostro giardino, si mette in
moto e si dà un gran da fare. Ha
cominciato a tentare Eva per mezzo di un cibo bello e attraente. Ci sa prendere!
Si comincia a usare il gusto per istinto, da piccoli,
succhiando il latte della mamma. Buono! In più, Dio ha messo in noi lo stimolo
della fame e il desiderio di nutrirci. Così mangiamo, cresciamo, prendiamo
forza, ci sviluppiamo. Il nutrimento ci
permette di muoverci e di funzionare.
Il cibo è importante. I genitori godono nel vedere i loro
bambini che mangiano bene, li lodano perché finiscono tutto quello che hanno
nel piatto. Nei primissimi mesi e anni di vita, il cibo è quasi la cosa più
importante nel rapporto fra genitori e bambini. Quasi più delle carezze. È così
importante che diventa presto l’arma segreta e vincente che i bambini maneggiano
per ottenere ciò che vogliono.
“Non mi piace... non lo voglio... non ho fame...”. E le
mamme ci credono. Perciò danno da mangiare patatine invece di frutta a merenda
e brioches e biscotti invece di pane burro e marmellata a colazione. Non
parliamo poi di come si nutrono gli adolescenti, che fanno a gara per visitare
McDonald’s.
Il cibo può diventare
un dio in molte famiglie. Se ne parla, lo si cerca, lo si adora, ci si abbuffa.
E il corpo si ingrassa, il fegato ne soffre e la pressione del sangue va su. Del
peso non si parla.
La trappola del cibo è che, anche se consumato in gran
quantità, non danneggia il cervello, come fa invece il vino. Perciò uno può
ragionare a meraviglia e diventare una botte (pensi anche tu a Giuliano Ferrara?)
senza risentirne. In America, ho visitato con mio marito molte chiese
evangeliche sanissime quanto alla dottrina. Ho sentito molti pastori (magari
con misura di vita XXL) tuonare contro l’uso del vino, ma uno che tuonasse
contro l’uso eccessivo del cibo e i mali dell’obesità non l’ho mai sentito.
Come mai?
La Bibbia
dice dobbiamo essere “temperati”, che significa moderati, in ogni cosa (quindi
anche nel cibo). E Paolo affermava che teneva il suo corpo “in schiavitù, perché non avvenga che, avendo predicato agli altri, io
stesso sia squalificato” (1 Corinzi 9:27). Bravo!
Come fare? Come sempre, il caro libro dei Proverbi ci viene
in aiuto: “Quando ti siedi a mensa con
un principe, rifletti bene su chi ti sta davanti; mettiti un coltello alla gola
se sei ingordo” (23:1).
Dato che, di solito, da buoni credenti, preghiamo prima di
mangiare e siamo alla presenza non di un principe qualsiasi, ma del Re dei re,
pensiamoci, prima di chiedere (o di accettare) un bis. Funzionerà.
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