Dieci lodi per ogni sgridata (magari!)


Io ho avuto modo di ammirare alcune insegnanti americane che ho visto al lavoro nelle loro classi. Non scoraggiavano mai i loro piccoli scolari. Per esempio...

“Chi ha scoperto l’America?” chiede la maestra.

Si alzano almeno dieci piccole mani.

“Jimmy, dillo tu!”

“George Washington!” dice Jimmy trionfante.

“Era un buon tentativo!” commenta la maestra, anziché dire a Jimmy che è un somaro e far ridere gli altri ragazzi. “Proviamo di nuovo! Chi vuole aiutare Jimmy?”

Altre dieci mani alzate.

“Megan, tocca a te” dice la maestra a una bambina.

“Cristoforo Colombo!”

“Grazie! Sì, era proprio Cristoforo Colombo” e va avanti con la sua lezione sul grande navigatore e scopritore.

Jimmy non è stato mortificato, Megan si è sentita lodata e utile perché ha aiutato Jimmy. E la lezione è proseguita.

C’è un Proverbio di Salomone che vale un capitolo di un libro di pedagogia: “Castiga tuo figlio mentre c’è ancora speranza, ma non lasciarti andare fino a farlo morire” (19:18).

Questo non significa, correggere il proprio figlio senza farlo morire a forza di botte. Significa correggerlo giustamente e con moderazione. Non lasciarsi andare fino a farlo morire “dentro”.

Questo succede in tante famiglie che non toccherebbero un figlio né con uno sculaccione o una piuma. Ma lo toccano e lo uccidono con parole o minacce non mantenute.

“Lorenzo, adesso basta! Se non la smetti te le dò!” dice la mamma al bambino che  non vuole fare la sua paginetta di compiti.

Lorenzo continua a giocare a modo suo. Le “totò” promesse non arrivano e la mamma sospira. “Con questo non si cava un ragno dal buco. È troppo testardo! È proprio come suo padre...”

Ma che ci vorrebbe a mettersi seduta con lui e fargli fare i compiti con gentile fermezza? Solo un po’ di pazienza. E che ci vorrebbe, poi, quando arriva papà dal lavoro, dire: “Lorenzo è stato bravo. Guarda come ha fatto bene il compito!”? Invece di sospirare: “Siamo alle solite, questo non vuole studiare... pensaci tu!”.

Oppure, al figlio che non è bravo nello sport, un padre dice: “Tu non vali niente. Non sai neppure correre venti metri senza inciampare, guarda invece tuo fratello, lui sì che sarà un campione!” O, se non capisce un problema di geometria: “Sei un cretino, e finirai solo a zappare!”. O, peggio che mai, come un padre che presentava suo figlio, che aveva creduto in Cristo e voleva vivere una vita sessualmente pulita: “Questo è il mio figlio pederasta!”.

Si può fare morire un figlio mortificandolo e dicendogli che è un buono a niente o anche non dicendogli mai che è bravo e fa bene.

“Puoi fare di più. Hai preso 7, ma con un po’ di impegno poteva essere un 8! A te basta la mediocrità... Tu devi essere il  meglio della classe!”

Non ci vuole molto a uccidere “dentro” un figlio o una figlia. Mi hanno detto di un ragazzo  che è scappato di casa per alcuni giorni. Quando è tornato ha detto semplicemente: “Volevo vedere se mi volevate davvero bene”.

Un bell’egoista che ha fatto morire di spavento i genitori? Certamente.

Ma sarà stata solo colpa sua?
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