Mamma, Papà, perché Dio...


“Mamma, credi davvero che Dio abbia creato anche le zanzare?”

“Mamma, come fa Dio a tenere appese le nuvole in cielo, anche quando scappano?”

“Perché Dio mi dà buchi ai denti se mangio le caramelle?”

 “Perché è morto il mio nonno e quello di Gigi è ancora vivo e gioca con lui?”

I bambini fanno delle domande che ti stupiscono. Come genitori, siamo i loro primi maestri.  Bisogna rispondere loro onestamente, senza dire: “Sei troppo piccolo per capire”.  Le domande che ho elencate i miei bambini me le hanno fatte. Insieme con centinaia di altre, e ho risposto come meglio sapevo. Per esempio...

“Forse, quando Dio le ha create, le zanzare erano più gentili e non pizzicavano. Poi, sono diventate più cattive.”

“Sì, Dio usa il vento per tenere appese le nuvole e le fa andare dove Lui vuole. No, non le tiene legate al guinzaglio come un cane.”

“I buchi ai denti vengono se non li lavi bene con lo spazzolino. Sono fatti con un tipo di roba che si rovina con lo zucchero, ma Dio ha fatto anche inventare il dentifricio. Così i buchi non vengono.”

“Dio ha pensato che era bene prendere con sé il tuo nonno che era tanto malato e aveva tanto dolore alla pancia. Adesso sta molto bene con Gesù. Il nonno di Gigi sta bene e non ama Gesù. Bisogna pregare per lui e per Gigi”.

Se c’è un tempo utile in cui cogliere le occasioni – TUTTE le occasioni – per parlare ai bambini di Dio è proprio quando sono piccoli e la loro mente è pronta a assorbire la verità, senza obiettare e senza discuterla.

Io ricordo molto bene mia nonna Maria che leggeva la sua Bibbia seduta su una poltrona e mi diceva spesso che Gesù era andato in cielo a prepararci una casa. Io pensavo che veramente Gesù la sera doveva essere molto stanco se fabbricava tante case, ma l’idea mi piaceva. Ora, che sono vecchia, il concetto di Gesù che ci preparava un posto in cielo, mi piace ancora di più e so che Lui non si stanca.

Nella Bibbia ci sono molte storie di uomini di Dio che sono stati istruiti da piccoli nelle vie del Signore e che non hanno mai dimenticato quello che avevano imparato.

Uno era Timoteo. Era un ragazzo cresciuto in una famiglia “divisa”, in cui il padre greco, probabilmente, non era credente. Ma il nome che gli era stato dato significa “timorato di Dio”. Un bell’augurio!

Sua mamma e sua nonna erano due donne ebree, che amavano l’Antico Testamento e che hanno istruito il figlio e nipote nelle vie del Signore.

C’era, di sicuro, la possibilità che Timoteo seguisse la cultura greca del padre, che diventasse un pagano, dato che viveva in una città molto pagana. Ma, fin da piccolo, la mamma e la nonna hanno costruito una specie di barriera nella mente di Timoteo, per mezzo della verità della Parola di Dio. Quella Parola mise radici solide e profonde.

Quando l’Apostolo Paolo visitò per la prima volta Listra, la città dove abitava Timoteo, probabilmente la mamma, la nonna e Timoteo stesso si convertirono al Vangelo. Durante una seconda visita di Paolo, Timoteo che era già considerato un “discepolo” dagli altri credenti e Paolo lo prese con sé come collaboratore. 

“Non ho nessuno come lui” scrisse Paolo, più tardi, in una sua lettera. L’insegnamento e l’esempio della mamma e della nonna avevano portato un buon frutto duraturo.

Se hai bambini piccoli, inculca in loro l’amore per Dio e per la sua Parola. Se hai un fratellino o una sorellina, fai lo stesso. Se insegni nella scuola domenicale, idem. Semina con fede. Qualche seme attecchirà.

Ma perché dico “qualche” seme? “Molti” semi attecchiranno, se approfitti con fede delle occasioni che Dio ti dà! 
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Il tempo stringe!


Speriamo di no!... Ma fammi il piacere... È da mo’ che lo dicono, ma non è mai successo... Magari! Ci risolverebbe tutti i problemi!

Quando si parla con le persone del ritorno del Signore e del fatto che la salvezza è offerta ancora a tutti gratuitamente, ma non lo sarà per sempre, le reazioni sono diverse: speranza, incredulità, indifferenza, sarcasmo.

È vero. Sono 2000 anni che la Bibbia dice che Gesù deve tornare e non è ancora successo. Ma gli avvertimenti del Signore non sono spauracchi per farci stare buoni e bravi. Sono verità.

L’Apostolo Pietro, nella sua seconda lettera, ci dice chiaramente la ragione di quello che sembra un ritardo da non prendere troppo sul serio, in ogni modo. “Carissimi, non dimenticate quest’unica cosa: per il Signore un giorno è come mille anni (infatti, per Dio il tempo non esiste!) e mille anni sono come un giorno. Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento. Il giorno del Signore verrà come un ladro...” (3:8-10). Si tratta, perciò, non di un ritardo, ma della pazienza del Signore, in modo da dare ancora a molti la possibilità di ravvedersi e di credere al Vangelo.

E qui entriamo noi con la nostra responsablità di cogliere l’occasione di parlare a amici e parenti e vicini del dono della salvezza finché hanno ancora la possibilità di accettarlo.

“Ma la gente non vuole ascoltare!” dite.

È possibile, ma il Signore, in ogni modo, dà a te l’ordine di avvertire del giudizio che si avvicina, dicendoti di parlare “sia che ti ascoltino o non ti ascoltino”, come disse, già secoli fa, al profeta Ezechiele che era un po’ reticente.

“Ma gliene ho parlato tante volte!” obbiettate.

E chi ti dice che la prossima volta non sia la volta buona?

“E se mi trattano male?”

La parola d’incoraggiamento ti viene da S. Pietro: “Chi vi farà del male, se siete zelanti nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate; ma glorifiacte il Cristo nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi... Fatelo con mansuetdine e rispetto”.

“Sono troppo timido...” insisti.

Se non hai il coraggio di parlare, un buon foglietto di evangelizzazione parlerà per te. Portane sempre alcuni in tasca o in borsa e offrilo con un bel sorriso.

“Non ne ho...”

Ne abbiamo a disposizione di molto buoni. Chiedili al nostri ufficio. (Clicca QUI per vederne alcuni).

“E se li buttano?”

Forse un altro li raccatterà. A Milano, conosco una famiglia convertita a Cristo e il suo primo approccio col Vangelo è venuto per mezzo del libretto “D’amore si muore” che la madre ha trovato attaccato al fondo del cestino, appiccicato a un pezzo di gomma da masticare. 

Insomma, vedi bene che le tue scuse fanno acqua da tutte le parti. Cogli, piuttosto, ogni occasione possibile per seminare la Parola di Dio.

Non cercare solo di essere gentile e non limitarti a dire a qualcuno che “Dio ti ama”. Una frase così suona bene, ma non dice niente di specifico. Dona qualcosa di più preciso e completo, che aiuti la persona a capire che è un peccatore e che ha bisogno della salvezza.
 
Fallo oggi e non aspettare domani. Il giorno del Signore verrà come un ladro. Né tu né io sappiamo fino a quando durerà la pazienza del Signore. Anche per Lui, la pazienza ha un limite.
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Cogli l’occasione!


Siamo in tempi di crisi. Ce lo ripetono, profetizzando sciagure fino alla nausea i giornalisti, i politici e gli esperti, parlando di soldi, di fallimenti e di disoccupazione. E fanno bene, perché le cose vanno davvero male.

Ma non dicono niente di nuovo. Ascoltate cosa scriveva il TIMES, il prestigioso giornale di Londra, circa 35 anni fa, parlando di inflazione e di riduzione dei consumi.

“Nel migliore dei casi i politici e gli uomini di governo riusciranno a mitigare il problema, ma non possono andare alla radice del problema. Che cosa è l’inflazione dopo tutto? È la parola coniata dagli economisti per descrivere i consumi eccessivi, il desiderio di vivere al di sopra delle proprie possibilità e dei propri guadagni, per togliere dal salvadanaio più di quanto ci si mette dentro... Abbiamo intessuto nella nostra società i terribili peccati dell’orgoglio, dell’invidia, dell’avarizia, della ghiottoneria e dello spreco.
“Capitale, amministrazione, lavoro, tutti dipendono dal continuo desiderio di arrivare a livelli di consumo che non si possono in nessun modo sostenere.
“I ministri di Cristo ci possono aiutare con la guida, l’insegnamento e l’esortazione morale? E se loro non lo possono fare, o se non se ne vogliono preoccupare, allora stiamo male davvero.”

La cosa interessante è che 2000 anni fa l’Apostolo Paolo, ispirato dallo Spirito Santo, scriveva al suo collaboratore Timoteo le stesse cose: “Ora sappi questo: negli ultimi giorni verranno tempi difficili; perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi superbi, bestemmiatori, ribelli ai genitori, ingrati, irreligiosi.... orgogliosi, amanti del piacere, anziché di Dio, aventi l’apparenza della pietà (ovvero del timor edi Dio), mentre ne hanno rinnegato la potenza” (2 Timoteo 3:1-5).

Secoli prima, Salomone, da vecchio, aveva già detto: “ Non c’è nulla di nuovo sotto il sole”.

Non c’è niente di nuovo, perché il cuore umano è sempre stato, e sarà sempre, malvagio e non cambia. Solo Dio lo può cambiare e l’uomo deve permettergli di farlo.

La Bibbia non promette che i tempi migliorino e ci esorta a “comportarci non da stolti, ma da saggi, approfittando delle occasioni, perché i giorni sono malvagi” (Efesini 5:16).
 
Ma che vuol dire “approfittare delle occasioni”? Ne parliamo la prossima volta. Premettiamo che non vuol dire cogliere l’occasione per rubare, comportaci male e ingannare il prossimo come sembra diventata oggi la prassi normale. 
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La mèta è in vista!


Durante la seconda guerra mondiale vivevo a Genova e frequentavo l’Università.

Ad un certo momento, l’appartamento, in cui abitavo coi miei genitori, è stato requisito dai militari tedeschi e abbiamo dovuto trovare un’altro posto in cui vivere. Siamo sfollati in un paesino nell’entroterra ligure, in una vallata parallela alla Riviera di Levante.

Per non perdere anni, ho continuato a studiare a casa per conto mio. Quando era il tempo di esami, andavo a darli a Genova. Alcuni, per prudenza, si sono svolti addirittura nel sotterraneo della Facoltà di Lettere!

I treni non funzionavano più, di corriere non se ne parlava, perciò andavo a piedi con altri camminatori (circa 30 chilometri ad andare e altri 30 a tornare), camminando sui binari della ferrovia un traversino dopo l’altro. Chi ha fatto quel viaggio in treno sa che i tunnel si sprecano, dato che le colline della costa ligure hanno i piedi nel mare e, per farci passare i treni, ci vogliono molte gallerie.

La galleria che passava sotto il promontorio di Portofino era, ed è, lunghissima e diritta. Camminavamo al buio. Però avevamo il grande vantaggio di poter vedere la fine del tunnel. All’inizio era grande come una monetina da un centesimo, ma col passare dei chilometri, quel puntino luminoso si ingrandiva e ci dava il coraggio di proseguire la strada. I piedi facevano male e le gambe erano molle, ma si continuava un passo dopo l’altro. Non parliamo delle vesciche ai piedi che si sviluppavano.

Nel cammino cristiano, a volte, la strada è piuttosto buia e assomiglia a un tunnel. Ma la mèta è sicura (mentre noi, all’uscita del tunnel della ferrovia nel viaggio verso Genova, non sapevamo mai cosa avremmo trovato: i Repubblichini di Mussolini, le SS tedesche o i partigiani?) e l’Apostolo Pietro la descrive molto bene: “Il Dio d’ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. A Lui sia la potenza nei secoli dei secoli. Amen” (1 Pietro 2:10,11).

È incredibile il condensato di concetti che gli apostoli potevano mettere in un solo versetto! Ci state a fare un po’ di analisi? I puntini di sospensione nelle parentesi, stanno lì perché ci possiate aggiungere del vostro.

Il Dio (onnisciente, onnipotente, onnipresente, sovrano, buono, giusto, santo, pietoso, ecc.) di ogni grazia (donatore di ogni possibile favore immeritato, come la vita, il respiro, l’intelligenza, la forza, la salvezza eterna, la guida dello Spirito Santo...);

il quale vi ha chiamati (personalmente, per nome, immeritatamente, solo perché ci ama e ha deciso di provvedere il rimedio per il nostro peccato, per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo, e farci dono della salvezza eterna...);

vi ha chiamati alla sua gloria (alla presenza stessa di Dio nello splendore del cielo, la luce perfetta, la purezza, la musica e i cori celesti mai sentiti, la comunione col Salvatore e Signore risuscitato, un corpo nuovo, una mente pulita e purificata, l’assenza di qualsiasi ombra di peccato…);

alla sua gloria eterna in Cristo (uno stato di perfezione che non finirà mai, un eterno presente di gioia, purezza, soddisfazione, ottenuto gratuitamente in virtù di tutto ciò che Cristo ha fatto e compiuto, soffrendo al nostro posto. Nel godimento della sua presenza e con la possibilità di adorare perfettamente e con un cuore purificato...):

dopo che avrete sofferto per un breve tempo (le difficoltà, a volte, sembrano durare a lungo, ma a paragone con l’eternità saranno un niente) vi renderà perfetti, saldi, fermi e stabili (non più cadute, non più peccati da confessare, perdoni da chiedere o da dare, non più dubbi, né tentazioni…)

Che meraviglia!

Perciò, con la mentalità del pellegrino e la tunica ben rimboccata, proseguiamo la strada verso la mèta. Vedremo la gloria eterna e andremo di sorpresa in sorpresa!
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Non solo pellegrini: anche cittadini


Il cristiano, nel suo cammino verso il cielo, cambia mentalità e atteggiamenti. Lo abbiamo detto e ribadito.

Ora l’Apostolo Pietro, nel secondo capitolo della sua prima epistola, ci spiega come dobbiamo camminare verso la mèta: non con gli occhi bendati e la testa fra le nuvole, ma coi piedi ben saldi per non inciampare.

Dobbiamo badare alla strada con le sue insidie, a chi ci accompagna e con chi facciamo compagnia e come trattiamo i nostri compagni di viaggio.

“Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini... a avere una buona condotta fra i pagani, affiché quando sparlano di voi, chiamandovi malfattori, osservino le vostre buone opere...” (1 Pietro 2: 11,12).

La strada su cui camminiamo è molto popolata. C’è tanta gente che ci guarda e sta col fucile spianato per coglierci in fallo. È ostile e nemica. Al nostro minimo sgarro trova un’occasione per criticarci e accusarci. Dobbiamo fare attenzione.

Lungo la strada, ci sono carabinieri, poliziotti e uomini di legge. Dobbiamo rispettarli e ubbidire ai loro ordini, anche se, a volte, è difficile (vv. 13,14). “Onorate tutti. Amate i fratelli. Temete Dio. Onorate il re” (anche se si chiama Nerone o qualcosa di simile) (v. 17).  

Se siamo servi o impiegati, dobbiamo rispettare i nostri padroni o datori di lavoro, lavorare sempre con cura e impegno, sia che ci osservino o guardino da un’altra parte, sia che ci trattino bene o male (vv. 18-20) .

Naturalmente dobbiamo trattare con giustizia e amore chi ci serve, se i datori di lavoro siamo noi. In questo passo Pietro non ne parla, ma la Bibbia lo ordina.  (Colossesi 4:1).

Se siamo mogli dobbiamo fare del bene a nostro marito, sia che lo meriti o no (3:1-5). Se siamo mariti, dobbiamo trattare le nostre mogli con gentilezza, tenendo conto della loro fragilità (v. 7).

Dobbiamo andare d’accordo con chi ci è vicino, non vendicarci se riceviamo dei torti, dire sempre cose buone a chi dice male di noi  (vv. 8-13).

E se succedesse che dobbiamo soffrire, anche questo sarà permesso da Dio per il nostro bene (v. 17).

Mentre camminiamo, dobiamo ricordare di testimoniare della nostra fede con gentilezza, rispetto e senza prepotenza (vv. 14- 16).

A questo punto noi “pellegrini” potremmo obiettare: “Ma se siamo in viaggio verso il cielo, se la nostra mèta è sicura, a cosa serve badare tanto alla condotta? Camminiamo e basta, vada come vada, basta arrivare!”.

“Eh no!” risponde Pietro. “Il vostro modo di camminare è importantissimo e la vostra buona condotta ha uno scopo: chi parla male di voi, ma vede che siete gente a modo e onesta, un giorno o l’altro, quando il Signore li “visiterà” (come, non lo sappiamo!), daranno gloria a Dio” (2:12).

“Se siete buoni cittadini, nessuno potrà dire male di voi e accusarvi giustamente” (2:15).

“Se siete maltrattati dai vostri datori di lavoro, anche se state lavorando bene, assomiglierete a Cristo, che ha sopportato ogni tipo di ingiustizia, ma ha confidato nella giustizia di suo Padre” (2: 21-24).

“Se siete mogli fedeli, ubbidienti e pacifiche, anche i vostri mariti non credenti o difficili, lo vedranno, ne rimarranno impressionati e saranno attratti a Cristo” (3:2).

E voi mariti, fate attenzione! Se non trattate con gentilezza le vostre mogli, le vostre preghiere arriveranno solo al soffitto di casa vostra, ma non piaceranno a Dio! (3:7).    

La nostra condotta di “pellegrini” è dunque importantissima. È osservata. Non sempre è imitata, ma è sempre in se stessa una predicazione che Dio usa e nota.

Pensiamoci.
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Cambiare mentalità


Nell’innario della Chiesa dei fratelli c’è un canto che, più di 50 anni fa, cantavamo a squarciagola ai primi campi giovanili di Poggio Ubertini, vicino a Firenze. Esso inizia con delle parole che oggi ci fanno un po’ ridere.

Eccole: “Cinti i lombi della mente,
   Con novello e santo zel,
   Siam venuti, o Dio possente,
   In quest’oasi di ciel”…  e così avanti, sullo stesso stile.

Devo confessare che non tutti capivamo il significato di quello che cantavamo, ma la poesia è poesia e non si discute. Perciò si cantava felicemente, soprattutto perché alcune parole erano bibliche e scritte dall’Apostolo Pietro stesso (fra l’altro, diceva che Paolo scriveva cose difficili da capire, ma anche lui non scherzava!).

Infatti, la frase “cinti i fianchi (pardon: lombi) della vostra mente” si trova proprio tale e quale nella sua prima lettera (1:13). Oggi, nella Nuova Riveduta l’hanno resa, per maggiore chiarezza, con “dopo aver predisposto la vostra mente all’azione”.

Ma cosa significava davvero nell’originale? Gli antichi quando dovevano camminare a lungo, per non essere impacciati dalla tunica, se la tiravano sui fianchi, se la legavano con una cintura, e così si muovevano più facilmente e liberamente. Era la cosa normale che, per esempio, tutti i pellegrini facevano.

Ma i fianchi sono fianchi! La mente, dove la mettiamo?

A me sembra che Pietro volesse dire, in modo figurato, che, come credenti, dovremmo avere la mentalità di un pellegrino e pensare come lui. Cioè come uno che cammina verso una mèta ancora da raggiungere. Capendo, insomma, che non saremo qui sulla terra per sempre e che non ci dobbiamo mettere radici. Siamo di passaggio e dobbiamo comportarci di conseguenza.

È un atteggiamento che non ci viene naturalmente. Noi viviamo qui sulla terra e la stabilità ci piace. Vogliamo una casa nostra. Vogliamo migliorare la nostra condizione. Cambiare in meglio. Assicurare una certa sicurezza ai nostri figli. Comprarci dei mobili più comodi. Avere un conto in banca, anche se la situazione globale non promette niente di buono. 

Pietro diceva, invece, che come credenti, dobbiamo cambiare mentalità e prospettive. Scrivendo ai credenti di Filippi, anche Paolo esprimeva più o meno lo stesso concetto dicendo: “La nostra cittadinanza è nei cieli, da dove anche aspettiamo il Salvatore Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa” (3:20,21).

Ma in che senso dobbiamo cambiare mentalità? Dobbiamo diventare eremiti, asceti, anacoreti?  Non esattamente. 

Ne parleremo ancora. Intanto, facciamoci un po’ di esame di coscienza e domandiamoci: su che cosa metto veramente il mio cuore? A cosa tengo soprattutto? Per che cosa vivo? A cosa penso di solito?
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È risorto!


Sarà una mia impressione, ma mi sembra che nelle nostre chiese si parli più della morte del Signore Gesù Cristo e del suo ritorno, che della sua resurrezione. È vero che si adora il Signore risuscitato e ora nella gloria celeste, ma al fatto stesso della sua resurrezione, si accenna poco.

Però, gli apostoli la sottolineavano ogni volta che predicavano e erano pronti a morire proclamadola. Era il segno del trionfo assoluto del loro Maestro sulla morte e sulla condanna del peccato.

Gesù è morto al nostro posto come sacrificio espiatorio perfetto, ma se non fosse risuscitato, quali sarebbero le conseguenze?

Ascoltiamo l’Apostolo Paolo che ne parla, con la logica stringente che lo contraddistingueva, nel capitolo 15 della sua prima lettera alla chiesa di Corinto. Alcuni membri non credevano che la resurrezione dei morti fosse possibile.  Riporto, riassumendoli, alcuni pensieri tratti dal libro sull’aldilà di René Pache.

  • Se Cristo non fosse risuscitato, non ci sarebbe speranza neppure per noi. La resurrezione di Cristo e la nostra sono legate in maniera indissolubile  (vv.12,13).
  • Cristo stesso avrebbe mentito, poiché più volte ha affermato che sarebbe risuscitato  (Matteo 17:22,23; Marco 9:30; Luca 1:31,32;  Giovanni 2:19). Come  credere in un Salvatore bugiardo?
  • Anche l’Antico Testamento, in cui la resurrezione del Messia è profetizzata, ad esempio in Isaia 53:10-12, sarebbe smentito e perderebbe il suo valore.
  • Gli scritti degli apostoli sarebbero opera di falsi testimoni farneticanti (vv.14,15).
  • La nostra fede sarebbe vana, il contenuto dei Vangeli non avrebbe valore , (vv.14,17) e l’opera di Cristo sarebbe una favola. Noi saremmo ancora peccatori perduti, ingannati e senza speranza (vv.17-19).
  • * Le sofferenze della chiesa primitiva e il martirio dei cristiani, che basavano la loro fede sul Cristo risuscitato come prova della sua deità e dell’approvazione di suo Padre, sarebbero state inutili (vv. 30,31).
  • I materialisti avrebbero ragione nel dire “Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo” (v.32). Se la vita finisse qui, sarebbe giusto e logico darsi alla pazza gioia e vivere come animali!

Ma Cristo è risorto e vivente. Perciò, in questi giorni, pensiamo un po’ meno alle tradizioni, alle uova con la sorpresa, alla colomba con le mandorle e all’agnello che si arrostisce in forno, e gioiamo nella realtà straordinaria della resurrezione e della gloria che, come credenti nel Cristo risorto, ci aspetta.

E mettiamo in pratica la conclusione del discorso di Paolo: “Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (v.58).

E tutti insieme diciamo: “Alleluia!”.
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Abbiamo visto un “angelo di luce”!

Suona il campanello. Vado a aprire alla porta e trovo sul pianerottolo due donne gentilissime. Dall’aspetto capisco che devono essere due religiose. Penso che siano delle Testimoni di Geova, ma sono troppo gentili e poco aggressive per esserlo.  

Vengono dalla parrocchia e mi danno un invito, elegante e ben stampato, per assistere a una serie di conferenze sui “misteri” della Chiesa.

Parliamo a lungo. Io dico che sono evangelica e loro dicono che va benissimo, perché siamo tutti cristiani.  Io dico che seguo solo ciò che dice la Bibbia e che conosco il Vangelo e lo leggo giornalmente e loro dicono che è meraviglioso e che tutti dovrebbero farlo. Dico che non sono Testimone di Geova e loro si congratulano.

Poi cominciano a farmi domande precise su ciò che credo e parliamo a lungo. Se ne vanno con in borsa un bel foglietto di evangelizzazione dal titolo “La promessa del Paradiso”*, che spiega molto chiaramente la via della salvezza, solo per grazia e non per opere meritorie.

Mi hanno fatto simpatia, dato che sembravano così sincere e desiderose di parlare di Gesù. “Quasi quasi” mi sono detta, “vado almeno a una delle conferenze. La parrocchia è pure molto vicina a casa e non ci perderò molto tempo!

Così, una sera che non avevamo impegni, ci siamo andati, mio marito e io. Ad ogni buon conto, mi ero preparata due buste con due libretti: “Ma dimmi un po’... esistono ancora differenze fra cattolici e protestanti?” scritto da me e “Speranza” * scritto da Guglielmo.  Speravo di darle alle due donne che erano venute a bussare alla porta.

L’oratrice era Madre Trinidad de la santa Madre Iglesia, fondatrice dell’Opera della Chiesa e dedicata a essere “testimone provvidenziale delle verità della fede”.

Già ci vuole un bel coraggio a prendere un nome simile e a presentarsi con simili credenziali, ma ce ne vuole molto di più a permettere che si dica che chi avrebbe assistito alle sue conferenze avrebbe ottenuto l’indulgenza plenaria, cioè il perdono di tutti i peccati commessi fino a quel momento. Mica poco!

La serata a cui abbiamo assistito era dedicata al mistero di Maria. E Madre Trinidad quante ne ha dette!

Per dirne alcune, ha affermato che Maria era nata senza peccato e che lo sapeva. Che aspettava solo il momento in cui sarebbe diventata “madre di Dio”, e che da sempre era in attesa dell’angelo che le avrebbe detto che, finalmente, era incinta. Che non ha mai sbagliato, che ha dato solo (e dà tuttora) buoni consigli a Gesù, che è la mediatrice di tutte le grazie, perché solo lei capisce i peccatori e che, dopo la resurrezione di Gesù, era così ultrasanta, senza peccato e divinizzata, che l’hanno dovuta portare in cielo al più presto, perché stava per diventare dio.

Eppure i Vangeli dicono che Maria si è meravigliata e spaventata alle parole dell’angelo, che ha parlato di Dio “mio Salvatore”, quindi di considerava peccatrice come qualsiasi altra donna, che, almeno una volta, ha pensato e detto che Gesù era “fuori di sé”. Ma che vangeli legge la grande madre Trinidad?

Ce n’era abbastanza da gridare.

Alla fine c’è stato un tempo per commenti e domande. Il tutto molto ordinato e ben organizzato col parroco che si prodigava a offrire il microfono, trotterellando fra una panca e l’altra. Ho alzato la mano e ho chiesto: “Come si concilia quello che lei ha detto con le parole di Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» e le parole di S. Paolo: «C’è un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Gesù Cristo uomo»”?

Madre Trinidad ha farfugliato un po’ e ha passato celermente la palla al parroco che, molto presto, ha chiesto: “Altre domande?”.

Me ne sono andata via col cuore che mi batteva furiosamente. Mi sembrava di essere un incrocio fra Lutero e Calvino.

Una donna si è avvicinata e mi ha detto: “Mi è piaciuto il suo intervento!”.

E le buste coi libretti? Una l’ho regalata a Madre Trinidad e l’altra al parroco.

La Parola di Dio dice che Satana gira attorno di solito come un leone ruggente, cercando chi può divorare, ma che, a volte, si traveste da “angelo di luce”. Guglielmo ed io pensiamo di averne visto almeno uno.

* Se me lo chiedi, ti manderò uno degli stampati che ho nominato.
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