La carne è debole

“Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” è un versetto molto usato per giustificare  le proprie mancanze e anche i propri peccati.

Ma non è giusto. Non si deve mai estrapolare (parlo fino anch’io qualche volta!) un versetto dal suo contesto per non correre il rischio di citarlo male. Il Signore ha detto quelle parole ai discepoli, i quali non erano stati capaci di rimanere svegli mentre Lui pregava nel gardino del Getsemani, prima del suo arresto e il suo martirio. Avrebbe voluto il conforto dei suoi in quell’ora di terribile angoscia, ma essi erano stanchi e spaventati. L’evangelista Luca, da bravo medico, dice che si erano “addormentati per la tristezza”.

Il Signore li ha ripresi amorevolmente, capendo il loro stato d’animo. Ma non ha mai giustificato il peccato di nessuno.

Quando preghiamo, facciamo bene ad ammettere la nostra fragilità e confessarla al Signore. Non per scusarci, ma per chiedergli di aiutarci a vincerla o, meglio ancora, perché Lui ci riempia della sua forza per vincerla.

C’è una lezione importante da imparare quando preghiamo: dobbiamo riconoscere, ammettere e confessare la nostra totale incapacità di vincere il peccato e capire che “in noi, nella nostra carne, non c’è alcun bene” come diceva l’Apostolo Paolo. 

Ho sentito certe preghiere che ti fanno venire il latte alle ginocchia: “Signore, SE durante la settimana abbiamo peccato, perdonaci”, “Signore, abbiamo peccato, MA tu sai che non possiamo farne a meno”. Una poi le ha superate tutte: “Signore, abbiamo peccato, ma tu sai che anche il diavolo deve avere la sua parte”!

Dio ci conosce fino in fondo, non possiamo nascondergli niente. E non si spaventa di come siamo. “Come un padre è pietoso verso il suoi figli, così è pietoso il Signore verso quelli che lo temono. Poiché egli conosce la nostra natura; egli si ricorda che siamo polvere” (Salmo 103:13,14).

Quello che Egli vuole sono solo delle preghiere oneste. Pensiamo alla parabola del Fariseo e dell’esattore delle tasse. Il primo si vantava della sua bontà, l’altro confessava il suo peccato. Sappiamo bene chi è stato perdonato.

Se siamo stanchi e frustrati, diciamoglielo.

Se ci siamo irritati (per non dire arrabbiati come un cane) col nostro datore di lavoro che ci ha trattati male, confessiamo la nostra collera, che è un peccato, e perdoniamo di cuore colui che ci ha offeso.

Se non abbiamo voglia di andare in chiesa, confessiamolo, chiediamo perdono e prepariamoci a uscire per arrivare in tempo e con gli spiriti migliori.

Se ce l’abbiamo con un parente, promettiamo al Signore di cercare di fare pace.

Se dei pensieri sporchi o meschini ci tormentano, parliamone al Signore. Ci libererà. E se tornano, ci libererà di nuovo. L’importante è essere trasparenti e non far finta di essere più santi del Signore.

Ecco, per finire, un bel versetto di Paolo: “Or l’Iddio della pace vi santifichi Egli stesso completamente; e l’intero essre vostro lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Fedele è Colui che vi chiama e farà anche questo” (1 Tessalonicesi 5:23,24). Crediamoci, quando ci avviciniamo a Lui.

Alla prossima!
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