Dio non cambia mai

.
Non c’è niente di più difficile dell’avere a che fare con una persona mutevole di umore.

“Che aria tira oggi con tua moglie?” chiede un amico.

“Oggi non è aria!” Oppure: “Abbastanza buona, ha dormito bene.” Oppure: “Non ne parliamo!” Oppure: “Non so mai cosa vuole.”

È normale che tutti abbiamo dei giorni “no”. Ma se il tempo variabile è la costante di una persona con cui dobbiamo vivere, la vita diventa davvero difficile e c’è da andare ai matti.

Una qualità meravigliosa di Dio è che non cambia. È immutabile. Non fa capricci. Non cambia idea. È sempre lo stesso. Non cambia i suoi proponimenti. Non cambia i suoi piani. Non cambia il suo carattere. È sempre buono, è sempre santo, è sempre giusto.

“Non verrò meno alla mia fedeltà. Non violerò il mio patto e non muterò quanto ho promesso” dice il Signore (Salmo 89:33,34). E nel Nuovo Testamento è scritto che “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8). Che meraviglia!

L’immutabilità di Dio riguarda il mondo che ha creato. Egli ha promesso: “Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno mai” (Genesi 8:22). L’ha detto dopo il diluvio e così è stato ed è.

La sua immutabilità riguarda la sua relazione con l’uomo. Dio ama l’uomo di un amore eterno. Quando lo ha creato, ha voluto avere comunione con lui. E ancora lo vuole. Prima della creazione del mondo e del genere umano, Dio sapeva che il peccato sarebbe entrato nel mondo a causa della disubbidienza di Adamo e Eva e perciò aveva predisposto un piano per la salvezza dell’umanità. Dio non cambia ciò che vuole.

L’apostolo Paolo lo ha espresso molto bene nella sua lettera agli Efesini: “Benedetto sia il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. In Lui ci ha eletti prima della creazione del mondo, perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a Lui...” (1:3,4).

E l’apostolo Pietro afferma nella sua prima lettera: “Sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere, tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia, già designato prima della creazione del mondo...” (1:18-20).

Da sempre Gesù Cristo è stato designato per essere l’unico mezzo di salvezza per l’umanità, l’unico mediatore, l’unico oggetto di fede. Nonostante la cattiveria umana, il piano di Dio non è cambiato. Dio continua a volere amare (e a voler essere amato) e a salvare chi si avvicina a Lui, per mezzo di Gesù.

“In nessun altro è la salvezza, perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12).

“C’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Gesù Cristo uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti” (1 Timoteo 2:5,6).

“Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).

Gli uomini, attraverso i secoli e i millenni, hanno inventato molte altre vie di salvezza: buone opere, sacrifici, mortificazioni, doni in denaro, pellegrinaggi. Tutti inganni che servono solo a coltivare l’orgoglio.

L’unica via è Gesù e la sua chiamata è per tutti: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò riposo”.

Hai ascoltato questo invito? Hai risposto? Se lo senti oggi per la prima volta, non lo trascurare.
.

È cosa terribile cadere nelle mani del Dio vivente! Ma non è necessario

.
Dio è santo e la sua santità è unita inseparabilmente alla giustizia. Se non fosse giusto, non potebbe essere santo. Essendo santo, deve essere giusto. Di conseguenza deve punire il peccato.

Il profeta Sofonia affermava: “Il Signore è giusto... Egli non commette ingiustizie; ogni mattina Egli dispensa i suoi giudizi e non manca mai, ma il perverso non conosce vergogna” (3:5).

Nel Salmo 11 è detto: “Il Signore è nel suo tempio santo; il Signore ha il suo trono nei cieli. Il suoi occhi vedono, le sue pupille scrutano i figli degli uomini.
“Il Signore scruta il giusto, ma detesta l’empio e colui che ama la violenza. Egli farà piovere sull’empio carboni accesi; zolfo e vento infocato sarà il contenuto del suo calice.
“Poiché il Signore è giusto, Egli ama la giustizia; gli uomini retti contempleranno il suo volto” (vv. 4-7).

Dio avverte che giudicherà il peccato. Lo ha fatto sempre. A Adamo ha detto: “Non mangiare del frutto della conoscenza del bene e del male... Se ne mangerai, certo morrai”. Adamo ha disubbidito insieme con Eva, e la morte spirituale e fisica sono diventate una realtà per loro e per i loro discendenti.

Secoli più tardi, Dio, per mezzo di Noè, ha avvertito per 120 anni del giudizio incombente, esortandoli a ravvedersi. Non hanno ascoltato. E un diluvio eccezionale ha coperto tutto il pianeta. Uccidendo uomini e animali.

Oggi avverte gli uomini per mezzo di avvenimenti dolorosi, guerre e catastrofi e con l’annuncio del Vangelo. Egli ci permette di diffondere il messaggio della grazia, portata da Cristo, come mai prima. Ma un giorno la sua pazienza finirà.

“Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni, ma è paziente verso di noi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento. Il giorno del Signore verrà come un ladro. In quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate” (2 Pietro 3:9,10). Non vi pare la descrizione di un’esplosione atomica?

“È stabilito che gli uomini muoiano una volta sola (altro che reincarnazione!), dopo di che viene il giudizio” dice la lettera agi Ebrei 9:27. La Bibbia non parla né di purgatorio, né di possibilità di pentimento dopo la morte, per chi non si è ravveduto. Il giudizio sarà definitivo con la condanna all’inferno.

Dell’inferno non ci piace parlare, ma sarà la separazione eterna da Dio, accompagnata da sofferenze fisiche e dalla terribile consapevolezza che sarebbe stato possibile evitarlo, credendo nella grazia in Cristo, e di non poter più uscirne.

Gesù ha parlato molto dell’inferno, del giudizio e della condanna, sebbene sia venuto per far conoscere e dimostrare l’amore di Dio e per dare la sua vita per riscattare i peccatori (Marco 10:45). Ha dichiarato: “Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Il giudizio è questo: la luce (Cristo) è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie” (Giovanni 3:18,19). E ha esortato a pentirsi e a credere in Lui.

Conversando coi discepoli e commentando su disgrazie e incidenti accaduti al suo tempo, Gesù disse: “Se non vi ravvedete, perirete tutti come loro!” (Luca 13:5). La nostra vita può cessare in quasiasi momento e sarebbe “terribile cadere nelle mani del Dio vivente!” (Lettera agli Ebrei 10:31).

Ma Dio è anche misericordioso. In Lui santità, giustizia e amore sono in perfetto equilibrio.

“Il Signore è pietoso e clemente. Lento all’ira e ricco in bontà. Egli non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci castiga in proporzione alle nostre colpe.... Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso verso quelli che lo temono. Egli conosce la nostra natura e si ricorda che siamo polvere...” (Salmo 103:10,13).

“Indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, mediante la fede in Cristo, per tutti coloro che credono, infatti tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamnte per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù...” (Romani 3: 21-24).

“Egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia...” (Tito 4:5). “È per grazia che siete stati salvati mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno si vanti...” (Efesini 2:8).

La salvezza eterna è possibile e gratuita. La via d’uscita è a tua disposizione. L’hai capita? L’hai accettata?
.

Dio è santo

.
“Ti sei comportato come un santo” dice un amico a uno che ha subito un torto e non ha preso una mazza per farsi giustizia da solo.

“Non sono mica una santa!” esclama una moglie che non ne può più delle infedeltà del marito e decide di separarsi.

Il sostantivo santo descrive, per molti, una persona che ci comporta bene anche in condizioni difficili e addirittura impossibili. Altri, quando sentono la parola “santo”, pensano subito alle statue o alle pitture di personaggi che hanno sofferto molto per la loro fede, che la chiesa ha proclamate “sante” e che ora sono in Paradiso e vanno attorno con un cerchietto luminoso sulla testa.

La Bibbia dice diversamente. Nella Bibbia l’attributo “santo” significa purezza assoluta, separazione da tutto ciò che è male, purezza morale. È riferito alle tre Persone della Trinità. Dio Padre è santo, Gesù Cristo è santo, lo Spirito è santo.

Un salmista esortava: “Esaltate il Signore, nostro Dio, e adorate sul monte santo, perché il Signore, il nostro Dio è santo” (99:9).

Il profeta Isaia, 800 anniprima di Cristo, ebbe una visione e vide i cherubini che dicevano l’uno all’altro: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!” (6:3).

Nell’Apocalisse l’Apostolo Giovanni vide uno squarcio del Paradiso, in cui tutte le creature celesti giorno e notte proclamano “Santo, santo, santo è il Signore onnipotente che era, che è e che viene!” (4:8). E nella sua prima lettera afferma senza incertezze: “Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre” (1:5), cioè in Dio non c’è peccato.

È evidente, allora, che la perfezione morale di Dio non può tollerare la presenza del peccato, come diceva il Profeta Habacuc in una sua preghiera: “Tu che hai gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male, e non puoi tollerare lo spettacolo dell’iniquità...” (1:13).

Chi vuole stare alla presenza di Dio, non può solo confidare nella sua misericordia. Deve fare anche i conti con la sua santità. O sei perfetto o per te non c’è speranza.

Lo ha affermato perfino il Signore Gesù nel suo sermone sul monte: “Siate perfetti , come è perfetto il vostro Padre celeste” (Matteo 4:48).

Purtroppo, però, tu ed io siamo tarati dal peccato, come pure ogni altro essere che viene al mondo. Basta un solo peccato e il cielo ci è vietato.

Non ci credi? Ascolta come Dio valuta il peccato: “La via dell’empio è in abominio al Signore... I pensieri malvagi sono in abominio al Signore...” (Proverbi 15:9,26).

Abominare significa detestare, avere orrore. Dio detesta le azioni malvagie e perfino i pensieri malvagi. Esattamente come Gesù, sempre nel sermone sul monte, ha affermato. Egli ha detto che, se si guarda una donna per desiderarla, si è considerati adulteri e se dici una parolaccia a tuo fratello equivale a averlo ammazzato (chiaro: non tutti vanno a letto con la prima donna carina che vedono e non tutti i fratelli sono omicidi. Ma i loro pensieri e sentimenti dimostrano che la tendenza a peccare è in loro).

Per questo la conclusione è: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” e “la paga del peccato è la morte” (Lettera di Paolo ai Romani 3:23; 6:23). In altre parole, nessuno può stare, così com’è, alla presenza di un Dio puro e santo. Nessun impegno, opera buona, sacrificio dell’uomo può essere sufficiente per fargli meritare di stare davanti a Dio.

Però Dio non è solo santo e perfetto, ma è anche buono. Da tutta l’eternità ha amato l’uomo, pur sapendo che avrebbe peccato. Perciò da sempre ha concepito un piano di salvezza che poteva soddisfare la sua giustizia e permettere al suo amore di manifestarsi. Un Essere puro e santo doveva morire per pagare il peccato infinito dell’umanità. In qualche modo, Dio stesso doveva morire nella Persona del suo Figlio incarnato. È quello che è successo al Calvario.

Mentre era sulla croce Gesù ha esclamato: “È compiuto” (Giovanni 19:30). L’opera che rendeva possibile la redenzione dell’uomo era completata “una volta per sempre” come afferma la Lettera agli Ebrei (10:10). Ora che ogni debito era stato pagato, la grazia, il favore immeritato di Dio, poteva essere offerta a tutti. Chi si rende conto di essere perduto e senza speranza, crede in Cristo, lo accoglie come Salvatore e Signore, e accetta il dono della grazia, è salvato. Graziato gratuitamente. Non lo trovi meraviglioso? Ci hai creduto?
.

Mamma, spiegami Dio...

.
Quando era piccolo, uno dei miei bambini è venuto, con aria molto seria, a farmi una domanda da un milione di dollari: “Spiegami Dio!”

“Santa innocenza!” mi sono detta.

“Tesoro, è una domanda difficile” ho risposto. I bambini non sono complicati e si accontentanno molto più facilmente dei grandi. Gli ho detto che Dio è buono, sa tutto e vede tutto e non sopporta le cose sbagliate. Se n’è andato via soddisfatto dalla mia teologia spicciola. Oggi è un credente e spende la sua vita aiutando la gente a credere in Dio.

Nessuno di noi può capire Dio. Ci vorrà tutta l’eternità per conoscerlo.

Salomone ha detto, però, che Dio ha messo in ogni uomo “il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta” (Ecclesiaste 3:11). E questo è stato, da parte sua, un grande gesto di amore.

Infatti, non esiste una persona sulla terra che, almeno una volta nella sua vita, non si sia chiesta se ci sia un Dio e se ci sia un “dopo” a questa vita fisica, quando finisce.

Forse, dopo esserselo chiesto, ha deciso che non ci vuole pensare, che non ci crede e che la cosa non gl’interessa. Ma la domanda se l’è fatta! E se l’è fatta proprio perché Dio ha preso l’iniziativa e ha messo in ogni uomo la sensazione, il pensiero, che ci sia Qualcuno al di sopra di lui. Ogni popolo, anche il più primitivo, ha sempre intuito che ci sia Dio e ha cercato in qualche modo di adorarlo e di propiziarselo.

Dio non è rimasto lontano e avvolto nell’ignoto, ma vuole avere comunione con le sue creature. Si è rivelato per mezzo della sua creazione e si è fatto conoscere, in maniera ancora più precisa e comprensibile, ispirando degli uomini a scrivere la sua Parola, la Bibbia. Essa ci spiega come è Dio.

Il profeta Osea esortava i suoi contemporanei dicendo: “Conosciamo il Signore, sforziamoci di conoscerlo!” (6:3). Conoscere Dio non è qualcosa che succede automaticamente. È piuttosto qualcosa che richiede impegno, lettura attenta, meditazione della Parola. Sarà, però, uno “sforzo” che porterà a scoperte magnifiche e appaganti.

Com’è il Dio descritto nella Bibbia?

È un Dio vivente, diverso dagli idoli immobili e insensibili. Geremia diceva: “Il Signore è il vero Dio, Egli è il Dio vivente, e il re eterno” (10:10).

Dio è spirito (Giovanni 4:24). Non è circoscritto, materiale, limitato. Non abita su un monte, in una pianta, in una grotta, come immaginano gli animisti. È ovunque.

È un Dio che ha parlato in modo comprensibile e si è fatto conoscere per mezzo di Gesù Cristo (Ebrei 1:1-3).

Perciò non è un Dio vago, impalpabile, sfuggente. È un Dio che si esprime con caratteristiche che noi possiamo capire e che Lui rivela per mezzo dei nomi che si è dato fin dai tempi dall’Antico Testamento. Eccoli.

Jahvè (Geova) che significa “Io sono, l’Eterno”, esisto da sempre, sono senza principio e senza fine. A questo nome ha aggiunto delle caratteristiche.
  • Jahvè – Jireh = L’Eterno che provvede (Genesi 22:13,14). Le nostre necessità sono importanti per Lui.
  • Jahvè – Nissi = L’Eterno è la nostra bandiera (Esodo 17:15). E’ Colui che porta alla vittoria.
  • Jahvè – Refeka = L’Eterno guarisce (Esodo 15:26). Sana spiritualmente e fisicamente.
  • Jahvè – Shalom = L’Eterno pace (Giudci 6:24. Dà pace al cuore.
  • Jahvè – Raah = L’Eterno pastore (Salmo 23:1). Guida e protegge.
  • Jahvè – Tsidkenu = L’Eterno giustizia (Geremia 23:6). Non fa mai cose ingiuste.
  • Jahvè – Shammah = L’Eterno è presente (Ezechiele 48:35).
  • Jahvè – Elyon = L’Eterno Altissimo (Salmo 97:9).
  • Jahvè – Maccadishkim = L’Eterno ti santifica (Esodo 31:15).
  • El-Shaddai = L’Iddio onnipotente, assolutamente sufficiente (Genesi 17:1).
  • Adonai = Nome che sostituiva quello di Jahvè e significa “Eterno onnipotente, Signore dei Signori” (gli Ebrei non avevano il coraggio di pronunciare il nome di Jahvè e lo avevano sostituito con Adonai).

Quando il Signore Gesù era sulla terra ha dichiarato di essere Dio e ha detto: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”. Le sue qualità rispecchiavano e esemplificavano quelle di Dio Padre.

Infatti, Gesù è esistito da sempre. È Dio. Ha creato l’universo e ha provveduto ai bisogni materiali, morali e spirituali della gente. Ha riportato la vittoria sul peccato e la morte. In Lui siamo più che vincitori. Ha guarito, dona la pace, è il buon Pastore, è stato fatto giustizia per noi. È presente ogni giorno, ha un nome al di sopra di ogni nome, santifica, soddisfa pienamente, può ogni cosa.

A questo punto, non possiamo fare altro che fermarci e adorare!
.

Il prezzo dell’ubbidienza

.
Fra le persone della Bibbia che hanno lottato con Dio, c’è stato anche il Signore Gesù. La sua lotta (se lotta si può chiamare) è stata però molto diversa da quella di qualsiasi altro personaggio biblico, di cui abbiamo parlato fino ad ora. Le lotte di quegli uomini erano determinate dalla loro ribellione, debolezza o senso di inadeguatezza, rifiuto di sottomettersi a Dio, paura. La lotta del Signore, invece, è stata paradossalmente causata dalla sua ubbidienza.

Da tutta l’eternità, Dio ha saputo che l’uomo avrebbe peccato e si sarebbe ribellato a Lui disubbidendo. Da tutta l’eternità Dio ha pianificato la salvezza dell’umanità.

La disubbidienza di Adamo e Eva non lo ha colto di sorpresa e la venuta di Cristo, la sua incarnazione, non sono stati una toppa del momento per rimediare al peccato. Gesù, come dice l’apostolo Pietro, “era l’agnello senza difetto né macchia, già designato prima della creazione del mondo” destinato a spargere il suo sangue e a dare la sua vita per riscattare l’umanità perduta e senza speranza.

Da tutta l’eternità il Figlio di Dio ha saputo che in un certo momento della storia, “nella pienezza dei tempi”, come l’ha definita l’apostolo Paolo, si sarebbe incarnato per compiere l’opera di salvezza.

Nella lettera ai Filippesi (2:5-8) questo è descritto in maniera sublime. “Gesù Cristo, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente” (il Signore Gesù venne sulla terra per una decisione della sua mente e seguendo il piano divino concordato dalla Trinità da tutta l’eternità), ma spogliò se stesso (rinunciò alle sue prerogative), prendendo forma di servo (schiavo), divenendo simile agli uomini (incarnato come un vero uomo), trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce (la sua vita fu perfetta, vissuta per il bene degli altri, fino al sacrificio estremo).

Il suo sacrificio espiatorio, nelle ore in cui si è caricato sulla croce di tutti i peccati mai commessi dagli uomini, comportava però un elemento orribile: la separazione da Dio Padre, che ha gli occhi troppo puri per contemplare il peccato. Gesù per me e per te e per ogni uomo “è stato fatto peccato”. Non è morto come un eroe che si immola per il bene della patria o dell’umanità, ammirato da tutti, ma come un malfattore, abbandonato da Dio.

E questo a Gesù, nella sua umanità, ha fatto orrore. Gesù ha amato gli uomini fino alla fine, ma la separazione da Dio lo ha riempito di angoscia. Nel Giardino di Getsemani, prima di essere arrestato, ha chiesto al Padre: “Se vuoi, allontana da me questo calice, (questa esperienza orribile). Però non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

Lui sapeva perfettamente che non c’era altro modo per conciliare la giustizia, la santità e l’amore di Dio, se non il suo sacrificio espiatorio. Solo Lui, in quanto Figlio di Dio, seconda persona della Trinità, col suo sacrificio infinito ha potuto pagare per il peccato infinito degli uomini. Ma, come uomo, ha espresso la sua angoscia, la paura, il suo orrore di diventare peccato. E la sua angoscia, forse, ci permette di capire, almeno un poco, quanto sia stato alto il prezzo della nostra salvezza.

Egli si è fatto uomo “per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi tutta la vita” (Lettera agli Ebrei 2:14,15).

Se oggi i credenti in Lui possono ricevere in dono la grazia della salvezza e possono pensare alla morte non come a un baratro oscuro, ma come una porta che li conduce alla vita eterna con Dio, è proprio perché, nella sua lotta angosciosa, Gesù ha detto: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

“Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2:9-11).

Tu hai creduto?
.

Il Signore ha dato e ha tolto. Ma perché lo fa?

.
Giobbe, secondo la Bibbia, “era un uomo integro e retto; temeva Dio e fuggiva il male” eppure è diventato proverbiale per tutte le disgrazie e le difficoltà che ha dovuto sopportare. “Era il più grande degli Orientali” afferma anche la Scrittura.

Dio lo aveva benedetto dandogli dieci figli e grandi ricchezze. Eppure, un giorno gli giunse la notizia che tutto il suo bestiame, buoi, asini, pecore e pastori, cammelli e cammellieri erano stati sterminati o da bande nemiche o dal fuoco.

Cosa più terribile ancora, in ultimo, un messaggero venne a dirgli che la casa in cui i suoi figli stavano banchettando era crollata e tutti erano morti. Sepolti sotto le macerie.

Giobbe reagì in maniera incredibilmente esemplare: “Si prostrò a terra e adorò dicendo: Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo tornerò in grembo alla terra; il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore” (Giobbe 1:20,21).

Più avanti, lui stesso si ammalò gravemente; era coperto di piaghe e tormentato da dolori e prurito tremendi. Soffriva orribilmente e nessuno poteva confortarlo. Neppure la moglie.

Come mai era colpito così duramente? Giobbe non sapeva di essere l’oggetto di una sfida che Satana aveva lanciato a Dio, dicendo che Giobbe era un uomo così perfetto perché tutto gli andava bene. Se Dio gli avesse tolto i beni e le ricchezze, avrebbe reagito diversamente. Se poi fosse stato provato nella sua persona, sarebbe arrivato a rinnegare Dio.

Dio accettò la sfida, permise a Satana di colpirlo, mettendogli però dei limiti precisi: “Rispetta la sua vita!”. Dio, dal suo canto, avrebbe usato tante prove e sofferenze, per rivelarsi di più a Giobbe e farsi conoscere più profondamente. Però Giobbe non lo sapeva!

La sofferenza fu lunga. Degli amici vennero a consolarlo e lo accusarono, neppure troppo velatamente, di essere un gran peccatore. Se Dio lo colpiva così, era chiaro che era oggetto della punizione di Dio! Giobbe sapeva di non avere colpe particolari e si difese con vigore.

Ma, in seguito, cominciò a farsi anche lui delle domande. Perché soffriva tanto, se era stato sempre fedele e integro? Se aveva fatto del bene a chi era nel bisogno? Se era stato ospitale e generoso con gli orfani e le vedove? Perché Dio lo colpiva? Che cosa pretendeva? Forse, dopo tutto, Dio non era giusto? Perché?... Perché...?

Finalmente Dio, nel mezzo di una tempesta, gli si rivelò come Creatore, Signore onnipotente, Sovrano sapiente e perfetto, Dio onnipotente e giusto.

E Giobbe comprese: non aveva il diritto di pretendere nulla da Dio e di vantarsi di come aveva operato. Disse: “Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno... Sì, ho parlato, ma non lo capivo; sono cose per me troppo meravigliose e io non le conosco... Ti prego ascoltami e io parlerò. Ti farò delle domande e tu insegnami! Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere...”

Ecco lo scopo e il risultato della sofferenza: permette di conoscere Dio, la sua grandezza e la sua potenza, il suo amore e la sua tenerezza in maniera intima e personale. La sofferenza, nelle sue mani, non fa mai del male, anche se Satana la vorrebbe usare per distruggerci.

Ha fatto male Giobbe a fare delle domande a Dio? Io penso di no. Sono convinta che possiamo rivolgere qualsiasi domanda al Signore. L’importante è come e con che spirito la rivolgiamo. Se chiediamo per capire e con umiltà, la risposta verrà o, per lo meno, la pace e la benedizione di Dio inonderanno il nostro cuore. Se chiediamo sfidando Dio e come per giudicarlo, non ci risponderà e il nostro cuore diventerà più duro.

Per Giobbe, le cose sono finite meravigliosamente: ha riavuto il doppio di tutti i suoi beni e altri dieci figli; vide nipoti fino alla quarta generazione. Morì “sazio di giorni”.

Se non hai letto per intero il libro di Giobbe, nella Bibbia, leggilo. È un capolavoro letterario ed è meraviglioso sotto il profilo spirituale. Ti farà del bene.
.

Tu morirai, non guarirai!

.
Sono passati ormai vent’anni da quando un dottore ha detto a mio marito: “Signor Standridge, lei ha il cancro”. Una notizia simile non fa piacere. Prima di tutto si pensa alla morte, ma anche alle terapie, agli alti e bassi, alle speranze e alle delusioni.
È un brutto colpo. Se però il dottore aggiunge: “È curabile e faremo tutto il possibile” le cose si colorano un po’ più di rosa. È stato questo il caso di mio marito che ancora oggi sta bene.

Gli antichi non avevano molta diplomazia. Il profeta Isaia andò dal re Ezechia, che regnava a quel tempo, e gli disse: “Così parla il Signore: Metti in ordine la tua casa; perché tu morrai, non guarirai”. Punto e basta.

La Bibbia racconta: “Allora Ezechia voltò la faccia verso il muro e pregò il Signore dicendo: «Signore, ricordati, ti prego, che ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro e che ho fatto ciò che è bene ai tuoi occhi». Ezechia scoppiò in un gran pianto” (Isaia 38:1-3).

Allora il Signore disse a Isaia di tornare dal re e di dirgli che il Signore lo aveva sentito e che la sua vita sarebbe stata allungata di quindici anni. E così fu. Ezechia guarì e continuò a regnare. Ma i suoi quindici anni aggunti non furono un buon periodo.

Per esempio, Ezechia peccò di orgoglio, facendo mostra delle ricchezze, che aveva accumulate, agli ambasciatori babilonesi, che erano venuti a congratularsi per la sua guarigione e che presero buona nota delle sue grandi ricchezze. Isaia gli predisse che quei tesori sarebbero tutti diventati bottino dei Babilonesi e che alcuni suoi figli sarebbero stati ridotti in schiavitù. La risposta del re fu sintomatica e la dice lunga sul suo egoismo: “Va bene. Almeno succederà quando sarò morto”.

Ma la cosa più seria che accadde in quel periodo fu che gli nacque un figlio, Manasse, che gli successe al trono e fu uno dei peggiori re di Giuda, per idolatria e occultismo. Se Ezechia avesse fatto meno storie, non avesse avuto la vita allungata, sarebbe stato un bene per il popolo.

Nessun essere umano ha voglia di morire. L’idea dell’agonia e del trapasso non piace a nessuna persona normale. Ma a me dispiace sentire anche i credenti che, parlando della morte, sperano che venga “più tardi possibile”.

Eppure, l’apostolo Paolo diceva che “il morire è guadagno” perché sapeva che lo aspettava una vita assolutamente felice per l’eternità, alla presenza del Signore e nella perfezione totale.

A me piace leggere gli ultimi capitoli dell’Apocalisse. Li leggo quando le cose non vanno troppo bene, perché mi sembra di leggere un romanzo a lieto fine, per chi conosce Gesù e lo ha accolto nella sua vita come Salvatore e Signore. Allora sarà perfettamente vero che “vivremo per sempre felici e contenti”.
.

“Signore, non ce la faccio più!”

.
Elia aveva riportato una straordinaria vittoria spirituale contro i profeti di Baal. Erano 450, tutti mantenuti, con altri 400 profeti di Astarte, dalla regina Izebel, moglie del re Achab.

Elia li aveva fatti radunare, alla presenza del re sul Monte Carmel, e li aveva sfidati. “Voi costruite un altare e metteteci su un toro, fatto a pezzi. Poi chiedete al vostro Dio che faccia scendere il fuoco dal cielo e bruci la vittima. Io farà lo stesso e vediamo qual è il dio più potente”. Affare fatto.

I sacerdoti di Baal cominciarono la mattina a invocare il loro Dio. Ma non successe nulla.

Poi fu il turno di Elia che mise il suo toro tagliato a pezzi sulla legna, lo inzuppò di acqua e pregò Dio: Scese un fuoco che asciugò l’acqua e consumò il toro.

La gente che osservava diede gloria a Dio e poi, per ordine di Elia, afferrò i profeti di Baal dal primo all’ultimo, li portò giù verso un torrente e lì Elia li uccise.

Il re Achab racconta alla moglie quello che era successo e lei, da quella vipera che era, giura che il giorno dopo avrebbe dato lo stesso trattamento a Elia.

Elia lo viene a sapere da un messaggero di Izebel stessa, e fugge. Cammina fino a Beer-Seba, vi lascia un servo e poi, da solo, cammina per un’altra giornata. Finalmente, esausto si mette a sedere sotto un cespuglio di ginestra e dice a Dio di farlo morire.

Non ne poteva più, era stanco e terribilmente scoraggiato. Come era possibile che, dopo una vittoria così grande, Dio permettesse a quella regina perfida, pagana e senza scrupoli, di inseguirlo per farlo morire? Non era giusto.

A volte, dopo una grande vittoria spirituale, uno sforzo che ha impiegato tutte le tue energie, ti viene un momento (che a volte dura per ore) in cui ti senti svuotato e non vuoi muovere nemmeno un dito. Ma qui, altro che dito, si trattava di rimetterci la pelle.

Elia non ce la faceva più. Si sdraia e si addormenta. Dio inizia la sua terapia con una dormita.

Poi un angelo lo sveglia: “Elia, svegliati e mangia”. Seconda terapia.

Sacco vuoto non sta in piedi. Elia vede una focaccia, la mangia, beve dell’acqua e si riaddormenta.

Terza terapia. L’angelo lo sveglia: “Elia, alzati e mangia, perché hai molta strada da fare. Hai dormito abbastanza”.

Ci doveva essere una dose imponente di vitamine divine in quella focaccia, perché Elia si sveglia e si mette in cammino. E cammina per quaranta giorni finché non arriva al Sinai. Se guardate la cartina geografica, la distanza fra il Monte Carmel e il Sinai è grande.

Arrivato al Sinai, Elia è ancora depresso. Entra in una caverna e il Signore gli parla: “Che fai qui Elia?”

“Che faccio? Sono triste e scoraggiato. Sono depresso. Ho cercato di essere fedele, mentre tutti gli altri sono lontani da te. Adesso c’è pure la regina che mi vuole morto.”

Dio gli dice di uscire dalla caverna, e di mettersi davanti al Signore per ascoltare.

Viene un turbine tremendo. Elia non sente niente. Nel turbine non c’era Dio. Viene un terremoto. Di nuovo, niente.

Poi sente una piccola voce tranquilla. È la voce di Dio che gli chiede: “Che fai quì, Elia?”.

Elia ripete la sua tiritera; “Ho fatto del bene, sono stato fedele, e ora mi vogliono togliere la vita. Sono l’unico rimasto in Israele...”

Quarta terapia: Elia rimettiti a lavorare. Fai questo, questo e questo.

Poi viene l’incoraggiamento, ovvero la quinta terapia. “Elia, sappi che non sei solo. Ci sono settemila persone come te che non si sono piegate davanti agli idoli. Riprendi la strada e torna a servirmi”.

La quinta terapia tocca a Elia ed è l’ubbidienza. “Elia partì...” dice la Bibbia.

La depressione è la malattia di moda. Lo psicologo ti dice: “Poverino, hai ragione. Devi volerti bene, lascia perdere tutto e prenditi del riposo. Pensa positivamente, fai quello che ti realizza davvero”.

Dio dice: “Il riposo è utile, ma adesso ti sei riposato. Ora tirati su le maniche e ricomincia a servire.Questa è la mia cura”.

Nei nostri momenti di scoraggiamento (e quanti ce ne sono!) l’importante è non dimenticare che Dio è con noi. E che ha una tabella di marcia specifica e disegnata proprio per noi.
.