Il prezzo dell’ubbidienza

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Fra le persone della Bibbia che hanno lottato con Dio, c’è stato anche il Signore Gesù. La sua lotta (se lotta si può chiamare) è stata però molto diversa da quella di qualsiasi altro personaggio biblico, di cui abbiamo parlato fino ad ora. Le lotte di quegli uomini erano determinate dalla loro ribellione, debolezza o senso di inadeguatezza, rifiuto di sottomettersi a Dio, paura. La lotta del Signore, invece, è stata paradossalmente causata dalla sua ubbidienza.

Da tutta l’eternità, Dio ha saputo che l’uomo avrebbe peccato e si sarebbe ribellato a Lui disubbidendo. Da tutta l’eternità Dio ha pianificato la salvezza dell’umanità.

La disubbidienza di Adamo e Eva non lo ha colto di sorpresa e la venuta di Cristo, la sua incarnazione, non sono stati una toppa del momento per rimediare al peccato. Gesù, come dice l’apostolo Pietro, “era l’agnello senza difetto né macchia, già designato prima della creazione del mondo” destinato a spargere il suo sangue e a dare la sua vita per riscattare l’umanità perduta e senza speranza.

Da tutta l’eternità il Figlio di Dio ha saputo che in un certo momento della storia, “nella pienezza dei tempi”, come l’ha definita l’apostolo Paolo, si sarebbe incarnato per compiere l’opera di salvezza.

Nella lettera ai Filippesi (2:5-8) questo è descritto in maniera sublime. “Gesù Cristo, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente” (il Signore Gesù venne sulla terra per una decisione della sua mente e seguendo il piano divino concordato dalla Trinità da tutta l’eternità), ma spogliò se stesso (rinunciò alle sue prerogative), prendendo forma di servo (schiavo), divenendo simile agli uomini (incarnato come un vero uomo), trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce (la sua vita fu perfetta, vissuta per il bene degli altri, fino al sacrificio estremo).

Il suo sacrificio espiatorio, nelle ore in cui si è caricato sulla croce di tutti i peccati mai commessi dagli uomini, comportava però un elemento orribile: la separazione da Dio Padre, che ha gli occhi troppo puri per contemplare il peccato. Gesù per me e per te e per ogni uomo “è stato fatto peccato”. Non è morto come un eroe che si immola per il bene della patria o dell’umanità, ammirato da tutti, ma come un malfattore, abbandonato da Dio.

E questo a Gesù, nella sua umanità, ha fatto orrore. Gesù ha amato gli uomini fino alla fine, ma la separazione da Dio lo ha riempito di angoscia. Nel Giardino di Getsemani, prima di essere arrestato, ha chiesto al Padre: “Se vuoi, allontana da me questo calice, (questa esperienza orribile). Però non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

Lui sapeva perfettamente che non c’era altro modo per conciliare la giustizia, la santità e l’amore di Dio, se non il suo sacrificio espiatorio. Solo Lui, in quanto Figlio di Dio, seconda persona della Trinità, col suo sacrificio infinito ha potuto pagare per il peccato infinito degli uomini. Ma, come uomo, ha espresso la sua angoscia, la paura, il suo orrore di diventare peccato. E la sua angoscia, forse, ci permette di capire, almeno un poco, quanto sia stato alto il prezzo della nostra salvezza.

Egli si è fatto uomo “per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi tutta la vita” (Lettera agli Ebrei 2:14,15).

Se oggi i credenti in Lui possono ricevere in dono la grazia della salvezza e possono pensare alla morte non come a un baratro oscuro, ma come una porta che li conduce alla vita eterna con Dio, è proprio perché, nella sua lotta angosciosa, Gesù ha detto: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.

“Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Filippesi 2:9-11).

Tu hai creduto?
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