Anche la regina ha bisogno della vicina...


Lo dice un proverbio ed è vero: i vicini sono indispensabili. A Castel Madama abbiamo avuto dei vicini meravigliosi: gentili, premurosi e per nulla ficcanaso. Uno è arrivato a arrampicarsi sul nostro balcone e smontare il vetro di una finestra, per aiutarci a entrare in casa, dato che avevamo dimenticato le chiavi, all’interno della toppa della porta principale.

Ai nuovi vicini, che Guglielmo e io abbiamo adesso a Roma, intendo regalare un bel calendario biblico in segno di amicizia. Spero che apra la via a una buona relazione.
L’inventario di oggi riguarda proprio i vicini. Per sentito dire, le beghe di condominio non sono una rarità, perciò un esame di coscienza su queso argomento non sarà fuori posto.

  • Restituisco in ordine perfetto ciò che mi è stato prestato?

Una buona domanda, soprattutto se siamo stati scottati qualche volta. Personalmente, ho trovato danneggiato qualcosa da ospiti che abbiamo avuto. È bene, confessare il danno, ripararlo se possibile. Certo non dobbiamo fare finta di niente.

  • Certi vicini mi danno sui nervi?

È possibile. Io ne ho avuta una che non faceva attenzione se avevo il bucato steso e spesso me lo ha sporcato. L’ho conquistata presentandomi con una torta e la richiesta di dare una guardata prima di bagnare le sue piante. Affare fatto.

È sempre una buona idea cercare di non litigare, anche per il bene del bucato.

  • Provo un costante risentimento contro uno dei miei vicini?

Il risentimento è un peccato. Io non ne ho, ma, se ne avessi, lo confesserei a Dio, chiamandolo “peccato” e poi proverei la via della dolcezza, ovvero di una buona torta, presentata con un sorriso.

  • Critico i miei vicini e ne parlo con altri?

“Chi va sparlando svela i segreti, ma chi ha lo spirito leale tiene celata la cosa”  diceva Salomone  (Proverbi 11:13).  

Più si sta zitti sulle faccende altrui e meglio è. Sempre il Libro dei Proverbi dice che le maldicenze (e io aggiungo i pettegolezzi) sono come ghiottonerie che fanno sempre del male. Vivere in pace equivale a farsi i fatti propri e non occuparsi di quelli degli altri, se non per fare del bene.

  • Tradisco le confidenze che mi sono state fatte?

Idem come sopra.

  • Cerco di influenzare altri a fare ciò che pare a me?

Non conosco le manovre di condominio. Purtroppo conosco le manovre in uffici e organizzazioni. Insistere su ciò che è moralmente giusto è un dovere. Lasciare correre su cose poco importanti è un privilegio.

  • Perdo l’interesse per i miei vicini se non fanno ciò he voglio?

Ho cercato di parlare di Dio, di Cristo e della salvezza a molti vicini. Nessuno si è convertito. La mia amicizia non è finita e neppure le mie preghiere. Di più che si può fare?
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Ringraziare sempre!


Oggi, negli Stati Uniti, è il Giorno del ringraziamento.

Ricorda il momento in cui, un anno dopo che erano sbarcati in America, i cosiddetti Padri pellegrini, perseguitati in Europa per la loro fede nella Parola di Dio e rifugiati nel grande nuovo continente, mangiarono i frutti della terra che avevano coltivata, godendo pace e libertà di adorare Dio secondo coscienza.

È una festa bella in cui nelle chiese si celebrano culti per lodare e ringaziare Dio e le famglie consumano il pasto tradizionale composto dal tacchino arrosto, patate bianche, patate dolci e torta di mele. Come succede, oggi per molti ha perso il suo valore spirituale e si riduce a una festa di famiglia, in cui nonni, zii e cugini si ritrovano. Speso fuori nevica e si ripensa ai poveri pellegrini che si scaldavano al focherello avvolti nei loro scialli. E molti morivano assiderati o per malattia.

A me dispiace che in Itala non ci sia niente di simile, mentre si è adottata alla grande la festa di Halloween, che ricorda le potenze occulte e in cui, praticamente, si fa baldoria in onore del diavolo.

Anche se siamo italiani e non abbiamo “un giorno del ringraziamento” fra le feste istituite dal governo, proviamo, almeno per una volta, a ripensare alle molte benedizioni ricevute nell’anno passato e ricordiamoci di ringraziare per...

  • Il fatto che Dio c’è ed è presente nella nostra vita. Se non c’è, apriamogli la porta del nostro cuore. Non ci deluderà.
  • Il dono straordinario della salvezza in Cristo, sperimentata da chi riconosce in Lui l’unico Salvatore e Signore.
  • La presenza dello Spirito Santo, che guida e consola ogni credente.
  • La chiesa che frequentiamo e i fratelli in fede
  • La natura che ci circonda e ci rallegra con i suoi colori che cambiano a ogni stagione.
  • La vita che godiamo ogni giorno.
  • La salute del corpo e, soprattutto, la salute della mente.
  • Il cibo che abbiamo mangiato.
  • La famiglia e gli amici che abbiamo.
  • La libertà di adorare Dio senza paura e persecuzioni.

Adesso, continuate per conto vostro a enumerare le vostre benedizioni, ricordando anche l’ordine di Dio: “Siate riconoscenti”
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E attenzione a non prendere sottogamba la terribile affermazione dell’Apostolo Paolo che ha scritto ai Romani, a proposito della riconoscenza, dicendo che “l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia, poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto... Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo della opere sue: perciò essi sono inescusabili, perché pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno RINGRAZIATO, ma si sono dati a vani ragionamenti...”. Di ragionamenti balordi e vani ne sentiamo tutti i giorni. È ora che diamo retta a quelli saggi e veritieri di Dio.

Tutta casa e chiesa


Così, una volta, si descriveva una brava ragazza, del tipo con i capelli ben pettinati, la gonna lunga e lo sguardo che le si vedeva solo il  bianco degli occhi, tanto era devota e distaccata dalle vanità terrene. Oggi le cose sono cambiate e la “bravura” di una ragazza si vede dal fatto che torna a casa prima di mezzanotte, come Cenerentola.

Il nostro inventario di fine anno, siamo al quarto, riguarda la nostra relazione con la chiesa a cui apparteniamo. Non tanto la chiesa universale, di cui fanno parte tutti i credenti in Cristo e che solo Dio conosce, quanto quella locale, piccola o numerosa che sia, che frequentiamo.

Il Nuovo Testamento ha molto da dire in proposito e alcune cose a molti vanno un po’ strette, perchè poco “aggiornate”. E molte cose che ordina le prendiamo troppo sottogamba.

In ogni modo, la prima domanda è abbastanza scottante.

  • Il tempo o la stagione influiscono sulla mia presenza ai culti e soprattutto agli incontri infrasettimanali?

Mentre studiavo all’estero, molti anni fa, sono andata a visitare degli amici in Scozia. Carissimi e gentilissimi, la domenica la chiamavano senza battere ciglio e senza perdere un colpo il “Lord’s Day”, giorno del Signore, e giorno del Signore, era.

Volete sapere come? Ascoltate!

Ore 9. – Scuola domenicale, per tutti, grandi e piccoli. Ore 10. – Culto. Ore 15.30 – Riunione di evangelizzazione all’aperto (pioggia o sole). Ore 16 – Studio biblico. Ore 17.30 – Riunione nei locali di culto a scopo evangelistico.

A ogni riunione tutti cercavano di essere presenti e avevano l’aria felice, perfino i bambini che non si permettevano né di correre nella sala o di parlare a alta voce.

Non so come vadano le cose oggi in Scozia, ma so come vanno da noi.

Oggi, molte chiese la riunione della sera, la domenica, l’hanno abolita. In quelle che non l’hanno abolita, i responsabili devono arrampicarsi sugli specchi, inventando cose nuove e attraenti, per incoraggiare i credenti a frequentarla.

Le  conoscete le scuse, no? Oggi mia zia ha il compleanno e si offenderebbe se... C’è la partita. Piove. Fa caldo e la sala non ha l’aria condizionata. Fa freddo e devo pensare ai miei reumatismi. La  Bibbia la posso leggere anche a casa.

I più volonterosi dicono: “Ci vado per dare un buon esempio...” e sospirano auspicando  modifiche. Non vi dico quali.

Non dico di fare come gli Scozzesi che ho conosciuti, ma che dire dell’esortazione biblica di “non abbandonare la nostra comune adunanza, come alcuni hanno l’abitudine di fare”?

Questo porta alla seconda domanda.

  • Perché vado in chiesa? Per abitudine o per convinzione?
  • La mia lealtà o la mia obbedienza alla denominazione a cui appartengo sono più importanti della mia lealtà e ubbidienza a Dio e alla sua Parola?
  • Quando entro nel locale, prego per i pastore, per gli anziani e i diaconi della chiesa e i membri della comunità oppure mi preoccupo di sapere chi c’è e chi non c’è e salutare gli amici, trascurando altri?

È molto facile che la chiesa diventi una specie di club di gente che vede le cose allo stesso modo, anziché un luogo in cui incoraggiarsi, confortarsi e consolarsi a vicenda in modo veramente spirituale.  Attenzione che non diventi un vivaio di chiacchiere, se non di pettegolezzi.

  • Quando esco dal locale, dopo il Culto o lo studio biblico, sono deciso a mettere in pratica quello che ho sentito? Durante il sermone, ho preso qualche nota da rivedere a casa e su cui meditare? Mi sono fatto un esame di coscienza, mentre ascoltavo la Parola di Dio, oppure ho pensato: “Questo è esattamente quello che ci vuole per...”?
  • Quando mi è chiesto di partecipare a qualche attività di testimonianza o pratica, accetto? Lo faccio di buon grado? Oppure mi dispiace di avere preso un  impegno che mi occupa del tempo prezioso?
  • Da quanto tempo non ho invitato qualcuno a uno studio biblico evangelistico?

Un inventario importante, non vi pare?
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Una nota dolorosa


Il nostro inventario oggi farà male a tutti, cominciando da me. Parla della nostra vita di preghiera. Gli Americani fanno statistiche su tutto e ne hanno fatte anche su quanto tempo i credenti passano in preghiera. Se la statistica dice la verità, pare che la maggioranza dei credenti passi 3 minuti al giorno a pregare e i predicatori ne passino 7.

Spero che sia una statistica fasulla, ma è sicuro che tutti preghiamo troppo poco, anche se si dice che la preghiera sia “il respiro del credente” e “l’arma invincibile della chiesa”.
Sia come sia, ecco le domande dell’inventario. I commenti sono miei.

  • Prego regolarmente ogni giorno? Cerco di vivere ogni giorno in uno spirito di preghiera?

Spero che la nostra risposta sia “sì”.

Una vecchia signora mi ha detto: “Appena mi sveglio faccio una lista di lodi che rivolgo al Signore. Lodo perché mi sono svegliata, posso pensare, vedo i colori del cielo, non mi fanno troppo male le ossa, ragiono abbastanza bene, Dio è con me. In più sono salvata per grazia e so dove mi porta il mio cammino di fede, so che Gesù mi ha salvata e ha pagato ogni mio debito”. Bello, no? Sarebbe quello a cui dovremmo pensare anche noi.

La lode e il ringraziamento devono essere il filo conduttore delle nostre preghiere dalla mattina alla sera. A me piace, ogni tanto, anche ringraziare e lodare “al negativo”.

Facce meravigliate? Ora mi spiego. Per esempio, invece di dire: “Grazie per la mia salute” dico: “Grazie perché non sono malata”. Sembra sciocco, ma prende un grande valore quando le cose vanno un po’ storte o molto storte.

Allora, invece di dire a Dio: “Grazie per il tuo amore” (che in quel momento non riesco a discernere, ma in cui credo), lo ringrazio perché non fa mai niente di cattivo, perché non vuole farmi del male, e perché non è capriccioso. Anche se non lo capisco, gli dico che mi fido di Lui. A me fa bene anche pregare così. È importante essere onesti e non far finta di essere quello che non siamo. Tanto, Dio ci vede fino in fondo.

Vivere in uno spirito di preghiera, vuol dire vedere la mano del Signore in ogni circostanza e ringraziarlo per ogni cosa. Fosse solo perché non abbiamo dimenticato la pentola sul fuoco e non abbiamo bruciato la pietanza, o abbiamo trovato un parcheggio o  abbiamo ritrovato un certo appunto importante che credevamo smarrito.

  • Sono onesto nelle mie preghiere oppure chiedo senza aspettarmi degli esaudimenti?
A me è capitato di chiedere al Signore la conversione di qualcuno e, allo stesso tempo pensare “quello non si convertirà mai!”. Giacomo dice di pregare senza stare in dubbio.

  • Il tempo che passo in preghiera lo uso quasi unicamente per fare delle richieste per me stesso, per il mio lavoro, per i miei bisogni personali e quelli dei miei cari?

Si può essere molto egoisti nel pregare. Pensiamo al nostro bisogno di soldi per pagare il mutuo della casa e preghiamo con fervore. Giustissimo. Ma quanto preghiamo per i credenti in Africa che muoiono di fame e per quelli in Cina o in Corea del Nord che sono in prigione per la loro fede?

Quante volte lo ringraziamo per la libertà di cui godiamo e per le autorità e le leggi del nostro paese che ci permettono di praticare e dichiarare quello che crediamo?

  • Quanto tempo passo nella meditazione sul carattere di Dio? Sulla sua forza, la sua misericordia, la sua tenerezza, la sua santità totale e assoluta, il suo perdono?

Sono sicura che se passassimo più tempo pensando alle caratteristiche del nostro Dio, al suo amore manifestato nel dono del suo Figliolo, e alle sue esigenze, saremmo meno pronti a lamentarci dei nostri problemi e vedremmo nella giusta prospettiva le nostre difficoltà. 
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Dovere, piacere o legalismo?

“Io leggo la Bibbia quando mi sento. Se la leggessi tutti i giorni sarei un ipocrita, perché non mi verrebbe dal cuore” mi ha detto una ragazza. “Non voglio essere come i Farisei che leggevano le Scritture solo per abitudine e dovere. Leggere la Bibbia ogni giorno è puro legalismo”.

Strano e sconcertante. Non ho mai sentito qualcuno, sano di mente, che dicesse: “Non mangio tutti i giorni: sarebbe legalismo”. Oppure: “Oggi non mi faccio la doccia: sarei un ipocrita se mi lavassi, quando non mi sento”.  

Ogni giorno il nostro corpo ha bisogno di essere curato e nutrito, perciò alcune domande sono di obbligo. Questo è il nostro secondo inventario spirituale.

La mia vita e la Parola di Dio
Chiediti con severa onestà...
  • Leggo la Bibbia per dovere, perché è la cosa giusta da fare o perché sono convinto che ne ho bisogno e so che mi fa del bene?
  • Leggo ogni giorno la Parola di Dio per trarne del buon cibo spirituale?
Per avere un corpo sano bisogna mangiare del cibo ben quilibrato. Al ristorante, a volte, vedo delle persone che ordinano una porzione di patate fritte e basta. Non vorrei essere il loro fegato! E quanta energia avremmo per lavorare se al mattino ci limitassimo a  sgranocchiare solo un grissino?

La Parola di Dio nutre la nostra anima. Bisogna leggerla regolarmente, un libro alla volta, capitolo dopo capitolo. Regolarmente, pensando a quello che si legge, meditandolo per assicurarsi di averlo capito e assimilato. Versetto dopo versetto, sistematicamente,
  • Quando leggo la Parola di Dio lo faccio soprappensiero, sorvolando su quello che non capisco, senza preoccuparmi di andare in profondità? Non è possibile capire tutto e subito. Ci sono delle Bibbie con note, ci sono commentari. Ci sono anche dizionari italiani per capire le parole che non capisco. E ci sono credenti più maturi e con maggiore conoscenza, a cui chiedere spiegazioni.
  • Preferisco leggere libri e riviste (anche un po’ di gossip, che male fa?) e trascuro la Parola di Dio? La tentazione è sempre presente. Oppure, quanto tempo passo al computer e davanti alla TV? Per caso, facebook non è mica diventato la mia Bibbia? 
  • Ho l’intenzione di ubbidire a quello che leggo? La Bibbia parla di “ubbidienza della fede” e esorta a non essere un “uditore che dimentica”. Non serve a nulla, anzi è pericoloso, leggere senza l’impegno di mettere in pratica quello che si legge.
  • Ho l’abitudine di parlare con qualcuno di quello che ho letto, capito, sperimentato nella mia lettura della Parola di Dio? 
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Inventario di fine anno — 1


La  verifica  che fa male

Un inventario  serve a capire a che punto sta un’azienda, quanto si è venduto e quanto è rimasto nello stock di un negozio, quanto si è guadagnato, se siamo in rosso e se gli affari sono andati bene o male. E se sono andati male, quanto male?

Gli inventari sono importanti e, dato che ci avviciniamo alla fine dell’anno, è importante anche fare un inventario della nostra vita sprituale. Se un commerciante si rendesse conto di essere in rosso e dicesse che la cosa non ha importanza, sarebbe uno sciocco incosciente. Se non prendesse dei provvedimenti andrebbe verso la bancarotta.

Troppi credenti prendono troppo alla leggera la loro vita spirituale e camminano verso la bancarotta senza rendersene conto.

Come credenti, nel fare il nostro inventario spirituale, dobbiamo essere molto severi con noi stessi. Il medico pietoso fa la piaga puzzolente, dice il proverbio. Noi siamo spesso troppo pietosi e indulgenti, scusiamo le nostre debolezze (che Gesù ha chiamati peccati) e citiamo pure piamente un versetto titpo “lo spirito è pronto e la carne è debole” e ci confortiamo dicendo che la grazia di Dio è più grande del peccato.

Su un vecchio numero della VOCE del VANGELO degli anni ’70 ho trovato una serie di  domande che ci aiuteranno a fare il nostro inventario e ho deciso di condividerle con voi. Ci accompagneranno più o meno fino alla fine del 2011. Io le userò per me stessa (anzi ho già cominciato) e mi faranno un po’ male, perché non sono politicamente corrette. Vanno al dunque senza sfumature e non offrono scappatoie.

Però sono sicura che, se le prenderemo sul serio, faranno sì che nel 2012 riporteremo delle belle vittorie spirituali.
Cominciamo con ...

LA MIA VITA E DIO

- Amo il Signore con tutto il mio cuore (ovvero tutte le mie emozioni), con tutta la mia forza (le mie energie, scopi, impegni, mète) e con tutta la mia mente (i miei pensieri, le mie speranze e i miei piani) ?

Questa domanda si riferisce al comandamento di Dio che richiede la devozione e consacrazione del nostro essere.

- Oppure ho paura che il mio auto-esame mi porti a conoscere Dio più intimamente e disturbi il mio comodo tran-tran di cristiano della domenica mattina? È molto facile accomodarci in un pericoloso cristianesimo abitudinario.

- Provo un vero dolore per il mio peccato? Quando dico una parola acida a mio marito, o mia moglie, a un fratello o una sorella, a un collega o a un compagno di scuola a chi dò la colpa?

- Metto la mia vita, i miei studi, la mia carriera nelle mani di Dio? Viviamo in tempo di crisi: sarei pronto a fare l’imbianchino anche se ho la laurea di architetto e a accettare delle prove, umanamente umIlianti?

- Sto aggrappato alla mia volontà anche dopo che Dio mi ha chiaramente rivelato la sua? Per esempio, continuo a desiderare una famiglia mia, anche se Dio non mi dà un marito o una moglie? Voglio la ricchezza, mentre Dio mi dà il puro necessario per vivere?

- Segretamente vivo nella sconentezza della mia situazione?

- Peggio ancora, mi ribello apertamente a Dio perché non mi dà tutto quello che vorrei? Per esempio, la salute?

- Ho imparato a riposare completamente nell’amore di un Dio savio e misericordioso? Quanto approfondisco, assimilo e credo nella perfezione del suo carattere? Oppure dico: “Questo è troppo... non me lo merito... perché a me?”

- Vivo diligentemente e intensamente per Cristo, consapevole della sua presenza costante? 
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Stiamo traslocando....


Ce ne andiamo da Castel Madama, una deliziosa località ai confini del Lazio con l’Abruzzo, e torniamo a Roma. Una casa più piccola, vicina alla chiesa e non lontana dall’ufficio. Più comoda per certi versi e per altri un po’ meno piacevole per l’aria meno pulita e la mancanza dell’atmosfera casereccia di un paese di poche migliaia di abitanti. È, per quello che ne sappiamo, il nostro penultimo trasferimento. Il prossimo, quando Lui vorrà, sarà nella casa che il Signore ci sta preparando in cielo.

Quando si trasloca si aprono cassetti che non si aprivano da anni e si ritrovano cose che si erano dimenticate. Si butta molta cianfrusaglia. Magari lo fosse fatto prima!

In un cassetto, ho trovato una busta bella grassoccia e rigonfia con la scritta “Lettere belle”.

“Fammi vedere cosa c’è dentro” mi sono detta. Lettere di amici, biglietti di figli e nipoti, dichiarazioni di amore – indovinate da chi! – per quando tornavo da un convegno, che mi teneva lontana da casa per qualche giorno.

Alcune letterine dei figli, quando erano piccoli, hanno fatto affiorare mille ricordi.

“In America i wursti (wurstel) si chiamano “cani caldi” (hot dogs), ma sono come quelli in Italia” ha scitto uno.

“Nonna, sei grande!” ha deciso un nipote.

“Mamma, ti vollio tanto bene e vollio essere bravo” ha detto uno, evidentemente dopo una marachella perdonata.

Una lettera mi ha dato molta tristezza. Era rivolta a mio marito e a me e scritta fitta fitta da un giovane che aveva professato di convertirsi forse venti o venticinque anni fa, che diceva quanto aveva imparato a amare il Signore dagli studi biblici che aveva seguiti, quanto il nostro esempio lo aveva aiutato, quanto voleva seguire il Signore e fare la sua volontà e quanto gli era importante la Parola di Dio.

Lo ricordo perfettamente: era davvero un ragazzo d’oro, pronto a servire e a imparare. Gli si poteva chiedere qualsiasi cosa e la faceva. Ad un tratto, si è allontanato dal Signore, dai credenti, da ogni attività. Ha tagliato i ponti e non c’è stato più verso di riprendere i contatti e capire i suoi “perché”.

Nella parabola del Seminatore, Gesù ha spiegato che il Seminatore esce a seminare  la Parola di Dio, che è paragonata a un buon seme. Questo seme cade in quattro tipi di terreno, che rappresentano i cuori delle persone che ascoltano il Vangelo.

C’è un terreno duro e insensibile, nel quale la Parola non penetra. C’è un terreno roccioso, in cui il seme germoglia, ma dato che è in poca terra, appassisce. C’è un terreno in cui il seme attecchisce, ma che poi è circondato da spine e rovi (evidentemente non è stato ben curato) che lo soffocano.
Infine, c’è un terreno buono e fertile dove il seme produce molto frutto e rappresenta un cuore “onesto e buono” che riceve la Parola e l’assimila.

Chi annuncia la Parola di Dio e cerca di spiegarla (e l’annafia con la preghiera e la perseveranza), incontra tutti questi tipi di terreno. È una grande tristezza conoscere e curare pesone che assomigliano al terreno che sembra produrre un bel frutto, ma nel quale il seme non mette poi radici profonde. Una piccola crescita. Poi più nulla. In quei casi, si dice sospirando: “Si vede che non era un vero credente...”.

Solo Dio vede nei cuori e sa di che tipo di terreno sono fatte le persone. Solo Lui segue il seme e non lo perde di vista. Solo Lui sa chi è un vero o un falso credente e il suo giudizio è e sarà perfetto. Io non ho il diritto di giudicare. Ho il compito di seminare e curare chi lo riceve.

Ma ho anche la grande consolazione di aggrapparmi al versetto in Filippesi 1:6 che dice che “Colui (Dio) che ha cominciato una buona opera in noi la porterà a compimento fino al giorno di Gesù Cristo”. Perciò continuo a pregare per il seme in tutti i terreni in cui  semino.  Non solo. Ricordo la parabola del figlio prodigo, che si è allontanato dalla casa del padre, ha dilapidato le sue sostanze, ma, a un certo punto si è reso conto di essere un perfetto idiota e si è ravveduto. È tornato da suo padre, gli ha chiesto perdono, senza cercare scusanti, ed è stato accolto da due braccia piene di amore.

A “certi terreni”, in cui il buon seme era caduto e sembrava perduto, ho visto succedere esattamente questo: sono tornati dal Padre pentiti. Alcuni  sul letto di morte. Perciò continuo a seminare.

Tu, di che terreno sei?
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Nel nostro cervello abbiamo una macchina straordinaria!


Ci può portare nel passato con ricordi e esperienze, ci può proiettare nel futuro con l’immaginazione. In un secondo, ci può portare a migliaia di chilometri da dove ci troviamo. Con questa macchina possiamo ricreare colori, paesaggi, odori sperimentati nel passato. È una macchina che nessuno può toccare e nelle cui funzioni tu solo puoi penetrare.

È una macchina, però, di cui il tuo Creatore vuole essere il Signore, perché è Lui che te l’ha data. Perciò ti comanda, nel decimo comandamento: “Non desiderare la casa del tuo prossimo, non desiderare la moglie del tuo prossimo, nè il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo”. Oggi parlerebbe dell’ipod, del SUV, della macchina, del conto in banca del tuo prossimo.

Ma perché un peccato così innocente, come un desiderio, che non fa male a nessuno, deve essere menzionato alla stessa stregua dell’omicidio o del furto?

Prima di tutto, perché Dio non tiene solo conto dei nostri atti, ma anche dei nostri pensieri e dei nostri atteggiamenti più nascosti. Per esempio, nel primo capitolo della lettera di Paolo ai Romani, è detto che Dio si adira contro gli uomini che vedono la creazione meravigliosa in cui Lui li ha messi e vivono e “non lo hanno glorificato né ringraziato”. Non si può lodare e glorificare e ringraziare il Signore mentre si desidera ciò che appartiene ad altri.

In secondo luogo, Dio sa molto bene che, di solito, ai desideri e ai pensieri seguono degli atti tesi a soddisfarli. Gesù ha detto che dal cuore, che spesso nella Bibbia è sinonimo della mente, vengono “pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni” (Matteo 15:19). Tutto comincia, come ho detto mille volte, dalla nostra mente. 

In terzo luogo, per Dio le classificazioni umane di peccati mortali, veniali, innocenti e inevitabili, piccoli e grandi, non esistono. Per Lui esiste la realtà del peccato che pervade ogni individuo. 

Oggi il peccato di desiderio di ciò che altri hanno è sollecitato in tutti i modi. La TV mostra oggetti, luoghi, posizioni e ti dice: “Lo meriti... é tuo se... tu vali... lo devi avere... abbi cura di te... sei importante... la tua amica ce l’ha, perché non lo devi avere anche tu?...mangia questo... bevi quello... vai nel tal posto... questa è la vacanza per te... se non ti piace più tuo marito o tua moglie ti meriti di meglio...”. Dopo un certo tempo, è facile convincersi e agire per procurarsi quello che pensiamo che ci spetti e che ancora non abbiamo.

Giacomo, un figlio di Maria e Giuseppe e fratello di Gesù, ha scritto nella sua lettera che si trova nel Nuovo Testamento: “Da dove vengono le guerre e le contese fra di voi? Non derivano forse dalle passioni che si agitano nelle vostre membra? Voi bramate e non avete, voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete perché non domandate; domandate e non ricevete, perché domandate male, per spendere nei vostri piaceri” (4:1-3).

Non vi sembra lo specchio della vita quotidiana di chi fissa i suoi desideri sulle cose materiali? Con quali conseguenze prevedibili? Le descrive l’apostolo Paolo: “Quelli che vogliono arricchire, cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati, che affondano gli uomini nella rovina. Infatti l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori” (1 Timoteo 6:9,10).

Dio non condanna il benessere, che è piacevole per tutti, ma ne condanna la ricerca affannosa a qualsiasi costo, dettata dall’invidia. E suggerisce e offre anche il modo per superarlo. Eccolo.

“Cercate le cose di lassù, dove Cristo è seduto alla destra di Dio... Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra... Fate morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria...” (Colossesi 3: 1,2,5).

In altre parole, mettete in ordine le vostre priorità. Cominciate col nascere di nuovo, credendo in Cristo come unico vostro personale Salvatore, Signore e unica speranza. Poi mettete al primo posto, nella vostra scala di valori, l’impegno di piacergli e di fare quello che Lui vuole e indica nella sua Parola. Ogni giorno della vostra vita.

Vi prometto che, se lo farete, sarete contenti e appagati come non lo siete mai ancora stati. E guarderete la Ferrari del vostro compagno di Univesità, figlio di papà ricco e viziato, e penserete: anche la mia PUNTO mi porta dove voglio. E consuma meno.
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