Grazie a tutti quelli che mi scrivono e mi dicono parole incoraggianti. Se volete scrivermi personalmente, vi risponderò. Vi voglio bene!
Mia nonna paterna si vantava di essere discendente di Pipino il Breve, Re dei Franchi. L’enciclopedia lo tratta con molto rispetto, ma il mio professore al liceo, un tipo abbastanza scanzonato, diceva che il soprannome di “Breve” dipendeva dal fatto che era un po’ “breve “ di cervello.
Se così fosse, non ci sarebbe molto da vantarsi di una simile discendenza... D’altra parte, dopo tanti secoli, la “brevità” si sarà un po’... diluita!
Ora in America stanno facendo degli studi, per mezzo dei quali possono stabilire utilizzando il tuo DNA, quali siano stati i tuoi antenati e possono risalire nella notte dei tempi e dirti quasi se il capostipite della tua famiglia aveva gli occhi azzurri e i capelli ricci e se gli piaceva andare a caccia.
A me, in un primo momento, è sembrata un po’ una bufala, per spillare dei soldi a chi ne ha o vuole avere qualcosa di cui vantarsi. D’altra parte, con gli esami del DNA si può fare questo e altro.
Una cosa interessante, almeno dai risultati ottenuti, è che sembra che tutti quelli che si sono sottoposti all’esperimento, abbiano fra i loro lontani antenati dei re, dei grandi feudatari e dei principi dal sangue blù. Evidentemente quei potenti si davano da fare!
Ma la cosa che mi ha colpita è che hanno intervistato alcuni che avevano “scoperto” di avere sangue reale e tutti dicevano che la loro opinione di sé era cambiata, che si sentivano più sicuri, realizzati e pronti a affrontare la vita. Beati loro che si accontentano di così poco.
Io il sangue reale ce l’ho davvero. E, come me, lo può avere il Presidente della repubblica e il barbone più barbone che ci sia. E puoi sapere di averlo anche tu, anche senza esami del DNA e esperimenti di laboratorio costosissimi.
Il Vangelo di Giovanni (1:12) dice: “A tutti quelli che l’hanno ricevuto (Cristo come Salvatore e Signore), Egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio: a quelli cioè che credono nel suo nome”. E ti potrebbe bastare, se hai creduto di cuore nel Signore Gesù e hai accettato la sua salvezza in dono. Fai parte della famiglia del Re dei re!
Ma la lettera ai Colossesi dovrebbe far esplodere di gioia tutti i veri credenti in Cristo e dovrebbe farci tutti camminare, al tempo stesso, con grande umiltà, ma a testa ben alta. Siamo principi di sangue reale. Ascoltate: “Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio. In Lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati (facciamo parte del regno eterno di Dio a tutti i diritti)...
“Cristo è in voi, speranza della gloria (il Figlio del Re abita dentro di noi per mezzo del suo Spirito)...
“In Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza... ln Lui abita tutta la pienezza della deità e il Lui voi avete tutto pienamente” (1:13,27; 2:3,9,10).
Più di così non si può chiedere né desiderare. Altro che accontentarsi (e vantarsi) della discendenza da Pipino il Breve!
La sapete l’ultima?
Sapeva di dover star tranquillo finché a casa nostra non era finita la preghiera prima del pranzo domenicale. Poi Ugo (lo chiamo così, per proteggere la sua privacy!) sbottava.
“La sapete l’ultima? Qual è il colmo di...” oppure: “Lo sapete perché...” . Il suo repertorio sembrava infinito e lui era assolutamente incontrollabile, con il ciuffo biondo sulla fronte e gli occhi che sprizzavano lampi di furbizia.
I suoi due fratelli non erano da meno quanto a vivacità e giocavano bene coi nostri figli che erano piccoli pure loro. Li andavamo a prendere ogni domenica mattina o a casa loro o in un istituto sulla Nomentana, venivano al Culto e frequentavano la scuola domenicale. Il loro padre era stato uno dei primi credenti della nostra comunità in Via Britannia a Roma. È andato col Signore, quando era ancora giovane. La mamma aveva preso altri interessi.
Siamo stati in contatto per molti anni. I tre ragazzi promettevano bene. Poi i nostri figli sono andati in America a studiare, i contatti con noi sono diventati meno interessanti e Ugo e il suoi fratelli hanno preso vie diverse. Lentamente si sono allontanati anche dalla comunità e sono sembrati sempre più insensibili a telefonate e tentativi di riavvicinamento.
Non sono pochi quelli che si avvicinano al Vangelo e poi se ne allontanano. Se erano sinceri o no, non tocca a me dirlo. Il Signore li conosce. Nella mia lista di preghiera ne ho un certo numero e anche Ugo e i suoi fratelli sono, purtroppo, entrati a farne parte. Potevo solo pregare per loro.
Fra le promesse di Dio, però, e ce n’è una che mi sembra molto adatta a questi casi. L’Apostolo Paolo, scrivendo ai credenti della chiesa di Filippi, in Macedonia, ha detto: “Ho questa fiducia: che Colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.
Se Dio ha messo nelle persone, che professano di accogliere il messaggio del Vangelo e poi se ne allontanano, il seme della vita eterna, la promessa è che porterà a compimento in loro la sua opera buona. Come? È affare di Dio. Sono vissuta abbastanza a lungo per aver potuto verificare la realtà del fatto che Dio non molla nessuno. A volte “l’opera buona” è consistita in sonore batoste. Ma ha funzionato per riportare le pecore all’ovile.
Domenica scorsa, in chiesa, mi si è avvicinato un uomo, fra i 40 e i 50: “Non mi conosci?” mi ha detto.
“Mi dispiace...” ho risposto un po’ imbarazzata. “La mia memoria non è più quella di una volta...”
“Sono Ugo! E voglio venire sempre... Sono tornato al Signore!”
Non avevo un vitello ingrassato e neppure un anello e scarpe nuove da dargli. Ma per il resto mi sono comportata come il padre del figlio prodigo della parabola. È stato bello.
Adesso, posso anch’io dire: “La sapete l’ultima?” Ugo è tornato a casa.
“La sapete l’ultima? Qual è il colmo di...” oppure: “Lo sapete perché...” . Il suo repertorio sembrava infinito e lui era assolutamente incontrollabile, con il ciuffo biondo sulla fronte e gli occhi che sprizzavano lampi di furbizia.
I suoi due fratelli non erano da meno quanto a vivacità e giocavano bene coi nostri figli che erano piccoli pure loro. Li andavamo a prendere ogni domenica mattina o a casa loro o in un istituto sulla Nomentana, venivano al Culto e frequentavano la scuola domenicale. Il loro padre era stato uno dei primi credenti della nostra comunità in Via Britannia a Roma. È andato col Signore, quando era ancora giovane. La mamma aveva preso altri interessi.
Siamo stati in contatto per molti anni. I tre ragazzi promettevano bene. Poi i nostri figli sono andati in America a studiare, i contatti con noi sono diventati meno interessanti e Ugo e il suoi fratelli hanno preso vie diverse. Lentamente si sono allontanati anche dalla comunità e sono sembrati sempre più insensibili a telefonate e tentativi di riavvicinamento.
Non sono pochi quelli che si avvicinano al Vangelo e poi se ne allontanano. Se erano sinceri o no, non tocca a me dirlo. Il Signore li conosce. Nella mia lista di preghiera ne ho un certo numero e anche Ugo e i suoi fratelli sono, purtroppo, entrati a farne parte. Potevo solo pregare per loro.
Fra le promesse di Dio, però, e ce n’è una che mi sembra molto adatta a questi casi. L’Apostolo Paolo, scrivendo ai credenti della chiesa di Filippi, in Macedonia, ha detto: “Ho questa fiducia: che Colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”.
Se Dio ha messo nelle persone, che professano di accogliere il messaggio del Vangelo e poi se ne allontanano, il seme della vita eterna, la promessa è che porterà a compimento in loro la sua opera buona. Come? È affare di Dio. Sono vissuta abbastanza a lungo per aver potuto verificare la realtà del fatto che Dio non molla nessuno. A volte “l’opera buona” è consistita in sonore batoste. Ma ha funzionato per riportare le pecore all’ovile.
Domenica scorsa, in chiesa, mi si è avvicinato un uomo, fra i 40 e i 50: “Non mi conosci?” mi ha detto.
“Mi dispiace...” ho risposto un po’ imbarazzata. “La mia memoria non è più quella di una volta...”
“Sono Ugo! E voglio venire sempre... Sono tornato al Signore!”
Non avevo un vitello ingrassato e neppure un anello e scarpe nuove da dargli. Ma per il resto mi sono comportata come il padre del figlio prodigo della parabola. È stato bello.
Adesso, posso anch’io dire: “La sapete l’ultima?” Ugo è tornato a casa.
Un Bulldog del baseball
.
Ci vorrà molto tempo nell’eternità perché io capisca il gioco del baseball (ammesso che nelle praterie del cielo si giochi!), ma gli Americani ci vanno pazzi. Conosco un vecchietto che nella sua stanza da letto ha due televisori e la sera si guarda contemporaneamente due partite diverse. Come fa, non lo so.
A proposito di baseball, ho letto una storia che mi ha affascinata.
C’era una allenatore della squadra di Los Angeles che si chiamava Lasorda, che ha ingaggiato un giovane timido, in cui ha visto un gran potenziale e una battuta estremamente precisa. Ma il giovane, siccome era timido, aveva bisogno di diventare competitivo. Si chiamava Orel, ma Lasorda decise di chiamarlo Bulldog.
“Forza Bulldog, mira! Batti! Corri! Bulldog, fatti onore, vai che ce la fai!”
A forza di giocare, esercitarsi e allenarsi, Orel è diventato un vero Bulldog, uno dei migliori della squadra, un atleta tenace e quasi invincibile.
Non so quanto ci sia da credere all’autosuggestione, ma un po’ tutti crediamo a quello che ci dicono. Mia mamma mi diceva che ero bruttina (cara donna, non voleva che diventassi vanitosa!) e io le ho creduto per un bel po’ di tempo. Grazie a Dio, a un certo momento mi sono data un’onesta guardata allo specchio e ho deciso che Miss Mondo non sarei mai diventata, ma che neppure sarei diventata Miss Scarrafone. E così mi sono messa l’anima in pace.
Ma un padre che dice sempre al figlio che è uno scemo, non lo aiuterà a conquistare grandi mète. Una mamma che dice alle amiche che suo figlio è un diavoletto, avrà quello che si merita, e forse un giorno lo andrò a trovare al riformatorio. Una maestra che dice a una bambina: “Sei una gran timida!” avrà una scolaretta che si impappina all’interrogazione.
Con tutto il rispetto, non voglio paragonare il Signore all’allenatore Lasorda, ma nella Bibbia c’è una storia che lo ricorda.
Era il tempo dei Giudici e le cose andavano molto male. I Giudei erano infedeli a Dio, i popoli vicini la facevano da padroni: venivano, razziavano, portavano via i raccolti e il bestiame. Nella disperazione, ogni tanto il popolo si pentiva, si rivolgeva a Dio e Dio sucitava un liberatore, un Giudice, che metteva a posto le cose, almeno finché campava.
In uno di quei periodi di pentimento, c’era un uomo, timido e pauroso. Si chiamava Gedeone e, una notte, se ne stava tutto nascosto, a battere il grano in una specie di sotterraneo. Lavorava e aveva paura. Tendeva l‘orecchio nel caso avesse sentito arrivare i nemici del momento, i Madianiti. Allora avrebbe mollato tutto e sarebbe scappato a gambe levate...
A un tratto gli appare, l’Angelo del Signore (molti studiosi biblici pensano che sotto quell’aspetto apparisse, nell’Antico Testamento, il Signore Gesù stesso) e gli dice: “Il Signore è con te: uomo forte e valoroso!”
Bel tipo di valoroso! Impaurito, scoraggiato, pronto a fuggire... Ma Dio vedeva quello che Gedeone sarebbe diventato, sebbene, al momento, questo abbia risposto: “Ma siamo abbandonati da Dio... siamo nelle mani di Madian... Io sono una nullità...”
Ma il Signore lo rassicurò: “Vai con questa tua forza e salva Israele... Non sono io che ti mando?”
Gedeone tentenna ancora. Ma il Signore insiste: “Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo!” E così fu. Gedeone credette a quello che gli sembrava impossibile.
Questa storia straordinariamente bella, molto più dettagliata, di un uomo pauroso, ma sospinto dalla forza di Dio, è nel libro dei Giudici (capp. 6-8). Leggetela e crediamo che siamo anche noi “forti e valorosi”, perché Dio è più grande delle nostre debolezze.
Ma a una condizione: che capiamo di essere solo dei peccatori senza forza, che, però, si affidano alla sua grazia, accettano il dono della sua salvezza e contano solo su Lui. Allora Lui farà di noi delle nuove creature, spinte dalla sua forza. Probabilmente non diventeremo capi di governo (che Dio ci protegga!) come Gedeone, atleti di fama, come Orel-Bulldog, ma saremo strumenti che Lui potrà usare. E, chissà, forse faremo cose grandi. Almeno cose che Dio considererà grandi, anche se gli uomini non le noteranno neppure.
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Ci vorrà molto tempo nell’eternità perché io capisca il gioco del baseball (ammesso che nelle praterie del cielo si giochi!), ma gli Americani ci vanno pazzi. Conosco un vecchietto che nella sua stanza da letto ha due televisori e la sera si guarda contemporaneamente due partite diverse. Come fa, non lo so.
A proposito di baseball, ho letto una storia che mi ha affascinata.
C’era una allenatore della squadra di Los Angeles che si chiamava Lasorda, che ha ingaggiato un giovane timido, in cui ha visto un gran potenziale e una battuta estremamente precisa. Ma il giovane, siccome era timido, aveva bisogno di diventare competitivo. Si chiamava Orel, ma Lasorda decise di chiamarlo Bulldog.
“Forza Bulldog, mira! Batti! Corri! Bulldog, fatti onore, vai che ce la fai!”
A forza di giocare, esercitarsi e allenarsi, Orel è diventato un vero Bulldog, uno dei migliori della squadra, un atleta tenace e quasi invincibile.
Non so quanto ci sia da credere all’autosuggestione, ma un po’ tutti crediamo a quello che ci dicono. Mia mamma mi diceva che ero bruttina (cara donna, non voleva che diventassi vanitosa!) e io le ho creduto per un bel po’ di tempo. Grazie a Dio, a un certo momento mi sono data un’onesta guardata allo specchio e ho deciso che Miss Mondo non sarei mai diventata, ma che neppure sarei diventata Miss Scarrafone. E così mi sono messa l’anima in pace.
Ma un padre che dice sempre al figlio che è uno scemo, non lo aiuterà a conquistare grandi mète. Una mamma che dice alle amiche che suo figlio è un diavoletto, avrà quello che si merita, e forse un giorno lo andrò a trovare al riformatorio. Una maestra che dice a una bambina: “Sei una gran timida!” avrà una scolaretta che si impappina all’interrogazione.
Con tutto il rispetto, non voglio paragonare il Signore all’allenatore Lasorda, ma nella Bibbia c’è una storia che lo ricorda.
Era il tempo dei Giudici e le cose andavano molto male. I Giudei erano infedeli a Dio, i popoli vicini la facevano da padroni: venivano, razziavano, portavano via i raccolti e il bestiame. Nella disperazione, ogni tanto il popolo si pentiva, si rivolgeva a Dio e Dio sucitava un liberatore, un Giudice, che metteva a posto le cose, almeno finché campava.
In uno di quei periodi di pentimento, c’era un uomo, timido e pauroso. Si chiamava Gedeone e, una notte, se ne stava tutto nascosto, a battere il grano in una specie di sotterraneo. Lavorava e aveva paura. Tendeva l‘orecchio nel caso avesse sentito arrivare i nemici del momento, i Madianiti. Allora avrebbe mollato tutto e sarebbe scappato a gambe levate...
A un tratto gli appare, l’Angelo del Signore (molti studiosi biblici pensano che sotto quell’aspetto apparisse, nell’Antico Testamento, il Signore Gesù stesso) e gli dice: “Il Signore è con te: uomo forte e valoroso!”
Bel tipo di valoroso! Impaurito, scoraggiato, pronto a fuggire... Ma Dio vedeva quello che Gedeone sarebbe diventato, sebbene, al momento, questo abbia risposto: “Ma siamo abbandonati da Dio... siamo nelle mani di Madian... Io sono una nullità...”
Ma il Signore lo rassicurò: “Vai con questa tua forza e salva Israele... Non sono io che ti mando?”
Gedeone tentenna ancora. Ma il Signore insiste: “Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo!” E così fu. Gedeone credette a quello che gli sembrava impossibile.
Questa storia straordinariamente bella, molto più dettagliata, di un uomo pauroso, ma sospinto dalla forza di Dio, è nel libro dei Giudici (capp. 6-8). Leggetela e crediamo che siamo anche noi “forti e valorosi”, perché Dio è più grande delle nostre debolezze.
Ma a una condizione: che capiamo di essere solo dei peccatori senza forza, che, però, si affidano alla sua grazia, accettano il dono della sua salvezza e contano solo su Lui. Allora Lui farà di noi delle nuove creature, spinte dalla sua forza. Probabilmente non diventeremo capi di governo (che Dio ci protegga!) come Gedeone, atleti di fama, come Orel-Bulldog, ma saremo strumenti che Lui potrà usare. E, chissà, forse faremo cose grandi. Almeno cose che Dio considererà grandi, anche se gli uomini non le noteranno neppure.
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Cortesi non si nasce
Ho passato due mesi in America e sono molto contenta di essere tornata, anche se a Roma ci sono ancora troppe buche nei marciapiedi, parecchia trascuratezza e il traffico è esasperante.
Bisogna ammettere che in America ci sono tante cose positive.
Saldi e sconti nei magazzini tutto l’anno, spazio a non finire per cui non abbiamo mai (dico MAI!) dovuto cercare un parcheggio, sconti per le persone anziane nei ristoranti e nei motel, e soprattutto, in generale, cortesia.
Una volta, tanto per fare un esempio, mi è capitato di avere le mani impacciate da due grossi sacchi di roba, che cercavo di sistemare nel baule della macchina. Un giovane si è avvicinato e mi ha detto: “Faccio io!” Ha preso i sacchi, ha spostato della roba che era già nel baule, ha sistemato tutto per bene e ha richiuso il coperchio. Se n’è andato con un sorriso. Forse i miei capelli bianchi erano stati uno sprone... Ma l’ho apprezzato molto.
Al casello dell’autostrada l’impiegato ti accoglie con un bel “buon giorno” e, dopo che hai pagato, ti saluta con “buon viaggio”, “felice giornata” e addirittura, se è il giorno giusto, ti dice anche “Buon S.Valentino” o “buon anno”. Nei negozi puoi restituire la roba che non ti piace e ti ridanno subito i soldi, e se compri in una città un paio di scarpe, e vuoi cambiarle, lo puoi fare anche in un’altra città purché sia nella stessa catena di negozi e mostrando lo scontrino. Se hai un incidente, qualcuno si ferma per chiederti se hai bisogno di aiuto.
È il paese di Bengodi? No. I problemi non mancano neppure in America e Obama non si sta dimostrando il messia che molti credevano che fosse.
Ma la cultura della cortesia e del servizio, in America, è insegnata e pretesa. Se sei un’infermiera scortese, ti licenziano. Se non sei puntuale rischi forte. Se non lavori bene e sei poco gentile coi clienti, domani ti vai a cercare un altro lavoro.
La cortesia è importante. Anche Dio la vuole.
Vuole che siamo cortesi con Lui e con chi ci sta vicino. E i desideri di Dio sono – ormai lo sappiamo! – degli ordini.
Quando ha guarito 10 lebbrosi, Gesù si è molto meravigliato e rattristato, perché solo uno era tornato a ringraziarlo. E ha chiesto: “Dove sono gli altri nove?”
Quando ha raccontato la parabola del buon Samaritano, ha sottolineato che due religiosi non si erano fermati a aiutare un poveretto che era stato ferito dai briganti, ma che un Samaritano aveva fatto tutto e di più per soccorrerlo.
Gesù, mentre era sulla terra, si è rammaricato e rattristato per l’ingratitudine. Ma un giorno le cose saranno diverse. Gli ingrati saranno puniti, se non si pentono. Già oggi sono sotto l’ira di Dio, anche se non se ne rendono conto.
“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia, poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato in loro (con la coscienza e la bellezza del creato)... perché pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato” (Lettera di S. Paolo ai Romani 1:18,19,21).
Cortesi e riconoscenti non si nasce, ma la cortesia si deve inculcare e imparare (e forse imporre). Ma quando si comincia a insegnare ai bambini la cortesia?
Prima possibile. Almeno da quando si offre loro il biberon e si dice, prima di infilare i ciuccio, nella piccola bocca spalancata: “Grazie Gesù e grazie mamma!” E quando sono così piccoli ti fanno un bel sorriso (non si sa se a te o alla bottiglia!).
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Bisogna ammettere che in America ci sono tante cose positive.
Saldi e sconti nei magazzini tutto l’anno, spazio a non finire per cui non abbiamo mai (dico MAI!) dovuto cercare un parcheggio, sconti per le persone anziane nei ristoranti e nei motel, e soprattutto, in generale, cortesia.
Una volta, tanto per fare un esempio, mi è capitato di avere le mani impacciate da due grossi sacchi di roba, che cercavo di sistemare nel baule della macchina. Un giovane si è avvicinato e mi ha detto: “Faccio io!” Ha preso i sacchi, ha spostato della roba che era già nel baule, ha sistemato tutto per bene e ha richiuso il coperchio. Se n’è andato con un sorriso. Forse i miei capelli bianchi erano stati uno sprone... Ma l’ho apprezzato molto.
Al casello dell’autostrada l’impiegato ti accoglie con un bel “buon giorno” e, dopo che hai pagato, ti saluta con “buon viaggio”, “felice giornata” e addirittura, se è il giorno giusto, ti dice anche “Buon S.Valentino” o “buon anno”. Nei negozi puoi restituire la roba che non ti piace e ti ridanno subito i soldi, e se compri in una città un paio di scarpe, e vuoi cambiarle, lo puoi fare anche in un’altra città purché sia nella stessa catena di negozi e mostrando lo scontrino. Se hai un incidente, qualcuno si ferma per chiederti se hai bisogno di aiuto.
È il paese di Bengodi? No. I problemi non mancano neppure in America e Obama non si sta dimostrando il messia che molti credevano che fosse.
Ma la cultura della cortesia e del servizio, in America, è insegnata e pretesa. Se sei un’infermiera scortese, ti licenziano. Se non sei puntuale rischi forte. Se non lavori bene e sei poco gentile coi clienti, domani ti vai a cercare un altro lavoro.
La cortesia è importante. Anche Dio la vuole.
Vuole che siamo cortesi con Lui e con chi ci sta vicino. E i desideri di Dio sono – ormai lo sappiamo! – degli ordini.
Quando ha guarito 10 lebbrosi, Gesù si è molto meravigliato e rattristato, perché solo uno era tornato a ringraziarlo. E ha chiesto: “Dove sono gli altri nove?”
Quando ha raccontato la parabola del buon Samaritano, ha sottolineato che due religiosi non si erano fermati a aiutare un poveretto che era stato ferito dai briganti, ma che un Samaritano aveva fatto tutto e di più per soccorrerlo.
Gesù, mentre era sulla terra, si è rammaricato e rattristato per l’ingratitudine. Ma un giorno le cose saranno diverse. Gli ingrati saranno puniti, se non si pentono. Già oggi sono sotto l’ira di Dio, anche se non se ne rendono conto.
“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia, poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato in loro (con la coscienza e la bellezza del creato)... perché pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio, né l’hanno ringraziato” (Lettera di S. Paolo ai Romani 1:18,19,21).
Cortesi e riconoscenti non si nasce, ma la cortesia si deve inculcare e imparare (e forse imporre). Ma quando si comincia a insegnare ai bambini la cortesia?
Prima possibile. Almeno da quando si offre loro il biberon e si dice, prima di infilare i ciuccio, nella piccola bocca spalancata: “Grazie Gesù e grazie mamma!” E quando sono così piccoli ti fanno un bel sorriso (non si sa se a te o alla bottiglia!).
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Amore è... 14 — Il gran finale... che non finirà mai!
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Le sinfonie di Beethoven finiscono sempre con un crescendo di strumenti che suonano all’unisono e a tutto volume, mentre il direttore d’orchestra va quasi fuori di sé dal coinvolgimento nella musica. Alla fine, il pubblico scoppia in un applauso.
I fuochi d’artificio hanno sempre anche loro un gran finale, in cui tutti i colori possibili si mischiano e illuminano la notte e i botti sembrano cannonate. Bello!
Alla fine del suo inno all’amore anche l’apostolo Paolo ha un gran finale. Sembra che esploda pure lui. Dice: “L’amore sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa... L’amore non verrà mai meno!” Alleluja!
L’amore sopporta ogni cosa
Il credente non si ribella nelle difficoltà, perché sa di vivere in un mondo bacato. Gesù, che ha detto sempre la verità, non ha mai fatto mistero sul fatto che i suoi seguaci avranno difficoltà, dolori e problemi. Ma ha promesso che, nelle difficoltà, sarà sempre con noi. A volte saremo incompresi, disprezzati e, forse, perseguitati. In questo stesso momento, molti credenti in Cristo rischiano la morte in alcuni paesi arabi, asiatici e africani, solo per il fatto che credono in Cristo. Saremo forse malati e delusi dagli uomini. Ma mai abbandonati.
Le sofferenze fanno parte del programma di Dio. Non le dobbiamo andare a cercare, se possibile le dobbiamo evitare, ma quando Dio le permette, dobbiamo considerarle una parte della sua scuola e cercare di imparare le lezioni che contengono. Esse hanno lo scopo di renderci più simili a Gesù, che anche Lui “ha imparato l’ubbidienza dalle cose che ha sofferto”.
L’amore crede ogni cosa
Nella Bibbia ci sono tantissime esortazioni a non lasciarci ingannare, perciò il credente non è credulone, ma crede a tutto quello che la Bibbia dice: crede all’inferno e al paradiso, alla salvezza e alla perdizione, al premio e al castigo, distingue fra il peccato e la purezza, fra quello che è bene e a quello che è male. Continua a credere nell’amore di Dio anche quando la realtà sembra affermare il contrario. Non si meraviglia della cattiveria umana e sa che prima che Gesù ritorni, il nostro mondo andrà sempre peggio. Non si fa illusioni, ma ha fede.
L’amore spera ogni cosa
Non perde la speranza nelle promesse di Dio. Prega per amici e vicini e distribuisce stampati che spiegano la salvezza, perché “Dio vuole che tutti siano salvati e vengano alla conoscenza della verità”. Continua a fare il bene, perché Dio lo ordina e dice che ne mieteremo il frutto a suo tempo. Pratica il perdono, perché Dio lo comanda. E cerca di spargere amore, gentilezza e pace perché “l’amore non verrà mai meno”. Un amore, che, per il credente, durerà eternamente.
Le sinfonie di Beethoven finiscono sempre con un crescendo di strumenti che suonano all’unisono e a tutto volume, mentre il direttore d’orchestra va quasi fuori di sé dal coinvolgimento nella musica. Alla fine, il pubblico scoppia in un applauso.
I fuochi d’artificio hanno sempre anche loro un gran finale, in cui tutti i colori possibili si mischiano e illuminano la notte e i botti sembrano cannonate. Bello!
Alla fine del suo inno all’amore anche l’apostolo Paolo ha un gran finale. Sembra che esploda pure lui. Dice: “L’amore sopporta ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa... L’amore non verrà mai meno!” Alleluja!
L’amore sopporta ogni cosa
Il credente non si ribella nelle difficoltà, perché sa di vivere in un mondo bacato. Gesù, che ha detto sempre la verità, non ha mai fatto mistero sul fatto che i suoi seguaci avranno difficoltà, dolori e problemi. Ma ha promesso che, nelle difficoltà, sarà sempre con noi. A volte saremo incompresi, disprezzati e, forse, perseguitati. In questo stesso momento, molti credenti in Cristo rischiano la morte in alcuni paesi arabi, asiatici e africani, solo per il fatto che credono in Cristo. Saremo forse malati e delusi dagli uomini. Ma mai abbandonati.
Le sofferenze fanno parte del programma di Dio. Non le dobbiamo andare a cercare, se possibile le dobbiamo evitare, ma quando Dio le permette, dobbiamo considerarle una parte della sua scuola e cercare di imparare le lezioni che contengono. Esse hanno lo scopo di renderci più simili a Gesù, che anche Lui “ha imparato l’ubbidienza dalle cose che ha sofferto”.
L’amore crede ogni cosa
Nella Bibbia ci sono tantissime esortazioni a non lasciarci ingannare, perciò il credente non è credulone, ma crede a tutto quello che la Bibbia dice: crede all’inferno e al paradiso, alla salvezza e alla perdizione, al premio e al castigo, distingue fra il peccato e la purezza, fra quello che è bene e a quello che è male. Continua a credere nell’amore di Dio anche quando la realtà sembra affermare il contrario. Non si meraviglia della cattiveria umana e sa che prima che Gesù ritorni, il nostro mondo andrà sempre peggio. Non si fa illusioni, ma ha fede.
L’amore spera ogni cosa
Non perde la speranza nelle promesse di Dio. Prega per amici e vicini e distribuisce stampati che spiegano la salvezza, perché “Dio vuole che tutti siano salvati e vengano alla conoscenza della verità”. Continua a fare il bene, perché Dio lo ordina e dice che ne mieteremo il frutto a suo tempo. Pratica il perdono, perché Dio lo comanda. E cerca di spargere amore, gentilezza e pace perché “l’amore non verrà mai meno”. Un amore, che, per il credente, durerà eternamente.
Amore è... 13 — Che cosa vuoi soprattutto dalla vita?
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“Qualcuno di cui mi posso fidare” è stata la risposta n. 1, in un’inchiesta fatta qualche tempo fa, fra dei giovani canadesi, ai quali è stato chiesto cosa volessero dalla vita.
È una risposta che descrive un malessere generale, anche se non sempre riconosciuto.
Il mondo in cui viviamo è insicuro, non solo politicamente e moralmente. È insicuro anche perché si afferma, in nome della tolleranza e del rispetto dell’altro, che non c’è nulla di assoluto. Perciò ognuno si crea la sua verità e vive secondo quella.
I politici dicono uno il contrario dell’altro, ma affermano tutti di avere la verità e la soluzione a tutti i mali. Le religioni spesso sembrano più una gran farsa che una cosa seria, ma tutte dicono di avere la verità. I governi si fanno e si disfano con le loro mani. Perfino le persone di cui ci fidiamo di più non sembrano avere risposte.
Così, va a finire che l’unico mio punto di riferimento rimane quello che penso io. Ma chi mi dice che penso sempre bene? È possibile che una certa cosa sia vera per me e che non sia vera per un altro? Per esempio: se la ragazza con cui sto dice che mi vuol bene, cosa è il “bene” per lei? Il “suo” bene corrisponde al “mio” bene?
Anche il significato che si dà alle parole è dubbio. Per i cattolici la grazia è un aiuto per migliorare, per gli evangelici è un favore immeritato che Dio largisce a chi non può fare il bene. E se avesse un terzo signifcato?
Ci vorrebbe una VERA verità, ma chi ce l’ha?
Una Persona che ha dichiarato di essere “la verità” e non “una” verità fra tante, c’è stata: Gesù. Ha affermato di portare la verità e di essere venuto per rendere testimonianza alla verità, per farci conoscere il Padre celeste che è l’unico vero e ha detto che la sua Parola è verità.
Nessuno dei suoi contemporanei è riuscito mai a farlo bugiardo, anche se ci hanno provato in tutti i modi. Non hanno accettato la sua verità e lo hanno messo in croce. Ma non perché ingannava. Perché la sua verità faceva male. Gli uomini oggi farebbero lo stesso, perché ancora la sua verità non piace. Infatti, è scomoda.
Per esempio, Gesù ha detto che l’uomo è peccatore, che chi pecca dovrà renderne conto a Dio e dovrà essere punito, se non si pente. Ha detto che la religione non deve essere di facciata, ma che deve trasformare il cuore. Se no, non serve a niente, anzi è un danno. Ha detto che Lui è l’unica via che porta in cielo e che per portarci in cielo sarebbe morto al posto nostro. La sua vita perfetta sarebbe stata il prezzo del riscatto per tutti i peccati nostri e del mondo. E lo ha fatto.
In più ha detto che sarebbe risuscitato. E, a differenza di tutti i fondatori delle altre religioni, è veramente risuscitato. Anche in questo ha detto la verità. I suoi discepoli, che lo hanno predicato, hanno pagato spesso con la vita questa loro testimonianza.
Infine, ha detto che la salvezza dell’anima dipende solo dal mettere la fede in Lui, credere di cuore alle sue parole e, di conseguenza, fare quello che ha detto. Ai suoi discepoli ha affermato che nell’ubbidienza a Lui c’è la vera gioia.
Chi crede e si affida a Gesù trova davvero, anche oggi, una gioia vera e profonda che non si spegne. E in lui, o lei, esplode il risultato dell’amore vero descritto dall’Apostolo Paolo, quell’amore di cui parliamo ormai da più di un mese: la possibilità di gioire nella verità, provando una pace profonda nel conoscere l’assoluto di cui tutti abbiamo bisogno.
Se potessi incontrare i giovani canadesi di cui ho parlato all’inizio, gli direi: “Di Gesù vi potete fidare!” Credeteci e lo proverete.
E tu gioisci nella verità di Dio?
“Qualcuno di cui mi posso fidare” è stata la risposta n. 1, in un’inchiesta fatta qualche tempo fa, fra dei giovani canadesi, ai quali è stato chiesto cosa volessero dalla vita.
È una risposta che descrive un malessere generale, anche se non sempre riconosciuto.
Il mondo in cui viviamo è insicuro, non solo politicamente e moralmente. È insicuro anche perché si afferma, in nome della tolleranza e del rispetto dell’altro, che non c’è nulla di assoluto. Perciò ognuno si crea la sua verità e vive secondo quella.
I politici dicono uno il contrario dell’altro, ma affermano tutti di avere la verità e la soluzione a tutti i mali. Le religioni spesso sembrano più una gran farsa che una cosa seria, ma tutte dicono di avere la verità. I governi si fanno e si disfano con le loro mani. Perfino le persone di cui ci fidiamo di più non sembrano avere risposte.
Così, va a finire che l’unico mio punto di riferimento rimane quello che penso io. Ma chi mi dice che penso sempre bene? È possibile che una certa cosa sia vera per me e che non sia vera per un altro? Per esempio: se la ragazza con cui sto dice che mi vuol bene, cosa è il “bene” per lei? Il “suo” bene corrisponde al “mio” bene?
Anche il significato che si dà alle parole è dubbio. Per i cattolici la grazia è un aiuto per migliorare, per gli evangelici è un favore immeritato che Dio largisce a chi non può fare il bene. E se avesse un terzo signifcato?
Ci vorrebbe una VERA verità, ma chi ce l’ha?
Una Persona che ha dichiarato di essere “la verità” e non “una” verità fra tante, c’è stata: Gesù. Ha affermato di portare la verità e di essere venuto per rendere testimonianza alla verità, per farci conoscere il Padre celeste che è l’unico vero e ha detto che la sua Parola è verità.
Nessuno dei suoi contemporanei è riuscito mai a farlo bugiardo, anche se ci hanno provato in tutti i modi. Non hanno accettato la sua verità e lo hanno messo in croce. Ma non perché ingannava. Perché la sua verità faceva male. Gli uomini oggi farebbero lo stesso, perché ancora la sua verità non piace. Infatti, è scomoda.
Per esempio, Gesù ha detto che l’uomo è peccatore, che chi pecca dovrà renderne conto a Dio e dovrà essere punito, se non si pente. Ha detto che la religione non deve essere di facciata, ma che deve trasformare il cuore. Se no, non serve a niente, anzi è un danno. Ha detto che Lui è l’unica via che porta in cielo e che per portarci in cielo sarebbe morto al posto nostro. La sua vita perfetta sarebbe stata il prezzo del riscatto per tutti i peccati nostri e del mondo. E lo ha fatto.
In più ha detto che sarebbe risuscitato. E, a differenza di tutti i fondatori delle altre religioni, è veramente risuscitato. Anche in questo ha detto la verità. I suoi discepoli, che lo hanno predicato, hanno pagato spesso con la vita questa loro testimonianza.
Infine, ha detto che la salvezza dell’anima dipende solo dal mettere la fede in Lui, credere di cuore alle sue parole e, di conseguenza, fare quello che ha detto. Ai suoi discepoli ha affermato che nell’ubbidienza a Lui c’è la vera gioia.
Chi crede e si affida a Gesù trova davvero, anche oggi, una gioia vera e profonda che non si spegne. E in lui, o lei, esplode il risultato dell’amore vero descritto dall’Apostolo Paolo, quell’amore di cui parliamo ormai da più di un mese: la possibilità di gioire nella verità, provando una pace profonda nel conoscere l’assoluto di cui tutti abbiamo bisogno.
Se potessi incontrare i giovani canadesi di cui ho parlato all’inizio, gli direi: “Di Gesù vi potete fidare!” Credeteci e lo proverete.
E tu gioisci nella verità di Dio?
Amore è... 12 — Gioia sbagliata
8 marzo: Festa della donna a base di mimose e di serate in pizzeria con le amiche. L’augurio che mi faccio e faccio a tutte le mie amiche è che il Signore ci aiuti tutte a essere pienamente donne e pienamente felici di esserlo! E che le qualità dell’amore, che stiamo esaminando, esplodano nella nostra personalità.
Oggi l’apostolo Paolo ci propone un contrasto: l’amore NON gode dell’ingiustizia, MA gioisce con la verità. Di quest’ultima parleremo la prossima volta.
Il mondo in cui viviamo è difficile. La corruzione a danno degli onesti aumenta, la violenza contro gli innocenti anche, le difficoltà per chi vuole comportarsi bene si moltiplicano.
Chi la fa in barba al prossimo gode. I malvagi spesso si uniscono per fare il male. E se la cosa riesce bene, via pacche sulle spalle. Il mondo è di chi ci sa fare!
Era così anche ai tempi di Gesù. Per condannare Gesù, due nemici, Erode e Pilato, sono diventati amici e alleati. Quando finalmente è morto, avranno tirato un sospiro di sollievo: era un tipo troppo scomodo. Avevano commesso una terribile ingiustizia, ma lo avevano fatto per la pace generale. Ne hanno goduto e probabilmente molti hanno goduto con loro.
Dopo che era riuscito, meglio di quanto si fosse sperato, l’attacco alle torri gemelle di New York in molti paesi le popolazioni hanno festeggiato. Una bella lezione contro quei capitalisti cristiani e sfruttatori!
Non sono esperta in profezie, perciò non chiedetemi spiegazioni e interpretazioni dettagliate, ma un episodio nel Libro dell’Apocalissse mi sembra chiaro e piuttosto sintomatico sull’argomento di oggi. Nel capitolo 11, sono nominati due testimoni che saranno a Gerusalemme durante la grande tribolazione. In quel periodo di giudizi catastrofici e di dittatura terribile, che precederà il ritorno di Cristo sulla terra e l’inizio dell suo regno milleniale, Dio farà ancora sentire, per mezzo di loro il suo appello al ravvedimento. Predicheranno per 1260 giorni, proclameranno la Parola di Dio e faranno miracoli incredbili. Nessuno li potrà mettere a tacere o fermare. Chi cercherà di farlo, morirà.
Saranno due elementi scomodissimi, per chi vorrà continuare a essere ribelle a Dio. Ad un certo punto, un personaggio molto potente riuscirà a ucciderli e i loro cadaveri saranno lasciati sulla piazza a Gerusalemme per tre giorni e mezzo. Non sarà permesso a nessuno di seppellirli. Tutto il mondo potrà osservare i loro corpi (chissà quante TV si raduneranno su quella piazza!) e la gente sarà felicissima che siano stati tolti finalmente di mezzo quei due profeti di sciagura. La Bibbia dice che tutto il mondo si congratulerà, la gioia sarà globale e la gente farà festa mandandosi regali. Come a Natale.
Per la cronaca, dopo tre giorni e mezzo di feste, i due risusciteranno e saliranno in cielo. Dopo di che, sulla terra si scateneranno dei guai terribili e le congratulazioni cesseranno. La gioia di chi gioisce dell’ingiustizia, di solito, dura poco.
Spero che nessuna di noi sia del tipo che compie delle ingiustizie e, ancora peggio, che ne gioisce. Nel caso che subiamo l’ingiustizia, cosa purtroppo possibile, facciamo quello che ha fatto il Signore sulla croce. Ha perdonato quelli che lo prendevano in giro e gli facevano tanto ingiustamente del male. È l’unica reazione giusta.
Oggi l’apostolo Paolo ci propone un contrasto: l’amore NON gode dell’ingiustizia, MA gioisce con la verità. Di quest’ultima parleremo la prossima volta.
Il mondo in cui viviamo è difficile. La corruzione a danno degli onesti aumenta, la violenza contro gli innocenti anche, le difficoltà per chi vuole comportarsi bene si moltiplicano.
Chi la fa in barba al prossimo gode. I malvagi spesso si uniscono per fare il male. E se la cosa riesce bene, via pacche sulle spalle. Il mondo è di chi ci sa fare!
Era così anche ai tempi di Gesù. Per condannare Gesù, due nemici, Erode e Pilato, sono diventati amici e alleati. Quando finalmente è morto, avranno tirato un sospiro di sollievo: era un tipo troppo scomodo. Avevano commesso una terribile ingiustizia, ma lo avevano fatto per la pace generale. Ne hanno goduto e probabilmente molti hanno goduto con loro.
Dopo che era riuscito, meglio di quanto si fosse sperato, l’attacco alle torri gemelle di New York in molti paesi le popolazioni hanno festeggiato. Una bella lezione contro quei capitalisti cristiani e sfruttatori!
Non sono esperta in profezie, perciò non chiedetemi spiegazioni e interpretazioni dettagliate, ma un episodio nel Libro dell’Apocalissse mi sembra chiaro e piuttosto sintomatico sull’argomento di oggi. Nel capitolo 11, sono nominati due testimoni che saranno a Gerusalemme durante la grande tribolazione. In quel periodo di giudizi catastrofici e di dittatura terribile, che precederà il ritorno di Cristo sulla terra e l’inizio dell suo regno milleniale, Dio farà ancora sentire, per mezzo di loro il suo appello al ravvedimento. Predicheranno per 1260 giorni, proclameranno la Parola di Dio e faranno miracoli incredbili. Nessuno li potrà mettere a tacere o fermare. Chi cercherà di farlo, morirà.
Saranno due elementi scomodissimi, per chi vorrà continuare a essere ribelle a Dio. Ad un certo punto, un personaggio molto potente riuscirà a ucciderli e i loro cadaveri saranno lasciati sulla piazza a Gerusalemme per tre giorni e mezzo. Non sarà permesso a nessuno di seppellirli. Tutto il mondo potrà osservare i loro corpi (chissà quante TV si raduneranno su quella piazza!) e la gente sarà felicissima che siano stati tolti finalmente di mezzo quei due profeti di sciagura. La Bibbia dice che tutto il mondo si congratulerà, la gioia sarà globale e la gente farà festa mandandosi regali. Come a Natale.
Per la cronaca, dopo tre giorni e mezzo di feste, i due risusciteranno e saliranno in cielo. Dopo di che, sulla terra si scateneranno dei guai terribili e le congratulazioni cesseranno. La gioia di chi gioisce dell’ingiustizia, di solito, dura poco.
Spero che nessuna di noi sia del tipo che compie delle ingiustizie e, ancora peggio, che ne gioisce. Nel caso che subiamo l’ingiustizia, cosa purtroppo possibile, facciamo quello che ha fatto il Signore sulla croce. Ha perdonato quelli che lo prendevano in giro e gli facevano tanto ingiustamente del male. È l’unica reazione giusta.
Amore è... 11 — Il complesso della Maga Circe
Tutti i libri che parlano delle differenze fra uomo e donna mettono in risalto il fatto che gli uomini sono più razionali e le donne sono più inventive e intuitive. Parole sante.
Dio ci ha fatte con un cervello speciale, programmato per essere di aiuto e per essere capaci di occuparci di molte cose allo stesso tempo. Sappiamo vedere i bisogni degli altri, intervenire per aiutare, trovare il rimedio a molte situazioni delicate o difficili, mettere pezze quando ci sono degli imprevisti o incidenti. E abbiamo anche tanta inventiva. Durante la guerra mondiale, ho visto donne ingegnarsi in tutti i modi, per sopperire ai bisogni delle loro famiglie, senza mollare e senza scoraggiarsi. Sono arrivate a inventarsi e a fare delle scarpe per i figli con pezzi di copertone di pneumatici e sono arrivate a far bollire l’acqua del mare per procurarsi un po’ di sale. Non vi dico che schifezza era. Ma che spina dorsale hanno dimostrato di avere le donne!
Oltre a questo, siamo intuitive. Certe cose le capiamo al volo. E spesso leggiamo bene nel pensiero. Il male è che, a volte, entriamo un po’ troppo nei panni della Maga Circe e ci convinciamo di capire tutto su tutti. Pensiamo di indovinare quello gli altri pensano e da piccoli particolari ci facciamo un’idea precisa sulla gente. Spesso ci azzecchiamo. E spesso no. Con un grosso rischio: a volte vediamo il male dove non c’è e pecchiamo di malizia.
“Simona ha detto così, perché pensa che...”
“Gianna non mi saluta perché...”
“Luigi ha fatto questo, questo e questo perché...”
La malizia sospetta il male e giudica le intenzioni altrui. Di solito si basa solo su congetture.
La Bibbia dice che è una qualità degli uomini malvagi (Salmo 5:9), che parlano con malizia (Salmo 10:7) e sono ipocriti (Salmo 28:3). Giobbe afferma che la persona lontana da Dio “concepisce malizia e partorisce rovina” (15:35).
La malizia è una caratteristica dei falsi religiosi e un esempio perfetto si trova nei Farisei, che andavano da Gesù con le moine e cercavano di farlo cadere. L’evangelista Matteo racconta tre episodi caratteristici uno dopo l’altro nel capitolo 22 del suo vangelo.
Prima gli hanno mandato da Gesù un gruppo di Erodiani, che erano un partito politico che favoriva il governo romano (odiato dai Farisei, fra l’altro) e hanno chiesto a Gesù se fosse giusto pagare le tasse. Tutti sappiamo la risposta. Gesù, dopo essersi fatto dare una moneta con l’effigie di Cesare, ha detto: “Date a Cesare ciò che è di Cesare”.
Poi sono venuti i Sadducei, che erano i religiosi liberali di allora, che non credevano, fra l’altrore, alla resurrezione e hanno raccontato la storia stupidissima di un marito a cui sarebbero morte sette mogli (un iettatore da niente!), concluso con la domanda a trabocchetto: “Di chi sarà marito alla resurrezione?” Gesù diede loro una spiegazione teologica chiara che li ha lasciati senza parole.
Poi arrivarono addirittura i Farisei, che lo volevano far cadere in trappola a tutti i costi, e Lui chiuse la bocca anche a loro.
La Bibbia parla anche dei risultati della malizia su chi la pratica. Chi è malizioso si distrugge con le sue mani (Salmo 94:23), resta preso nella sua stessa rete (Proverbi 11:6), diventa odioso (Proverbi 14:17) e crollerà (Isaia 47:10). E non è poco.
L’amore biblico, di cui Paolo parla nel capiolo 13 della prima lettera ai Corinzi, invece, deve essere senza malizia. Sempre Paolo dice nella stessa lettera: “Siate come bambini senza malizia” (14:20) e afferma che la malizia deve essere sostituita dalla sincerità e dalla verità.
Ma come si fa a vincere questa abitudine di vedere il male negli altri?
Io ho trovato un solo metodo, ed è quello suggerito (o piuttosto ordinato) da Dio.
Eccolo. “Gettando lontano da voi, malizia, frode e ipocrisia e ogni sorta di maldicenze... nutritevi del puro latte spirituale...”. Il che significa, invece di pensare male, pensate a quello che Dio dice nella sua Parola e nutritevi di quello. Se si riempie la mente di cose buone, non ci sarà troppo posto per quelle cattive.
E invece di Maghe Circi, saremo donne che fanno piacere al Signore e staremo meglio.
Dio ci ha fatte con un cervello speciale, programmato per essere di aiuto e per essere capaci di occuparci di molte cose allo stesso tempo. Sappiamo vedere i bisogni degli altri, intervenire per aiutare, trovare il rimedio a molte situazioni delicate o difficili, mettere pezze quando ci sono degli imprevisti o incidenti. E abbiamo anche tanta inventiva. Durante la guerra mondiale, ho visto donne ingegnarsi in tutti i modi, per sopperire ai bisogni delle loro famiglie, senza mollare e senza scoraggiarsi. Sono arrivate a inventarsi e a fare delle scarpe per i figli con pezzi di copertone di pneumatici e sono arrivate a far bollire l’acqua del mare per procurarsi un po’ di sale. Non vi dico che schifezza era. Ma che spina dorsale hanno dimostrato di avere le donne!
Oltre a questo, siamo intuitive. Certe cose le capiamo al volo. E spesso leggiamo bene nel pensiero. Il male è che, a volte, entriamo un po’ troppo nei panni della Maga Circe e ci convinciamo di capire tutto su tutti. Pensiamo di indovinare quello gli altri pensano e da piccoli particolari ci facciamo un’idea precisa sulla gente. Spesso ci azzecchiamo. E spesso no. Con un grosso rischio: a volte vediamo il male dove non c’è e pecchiamo di malizia.
“Simona ha detto così, perché pensa che...”
“Gianna non mi saluta perché...”
“Luigi ha fatto questo, questo e questo perché...”
La malizia sospetta il male e giudica le intenzioni altrui. Di solito si basa solo su congetture.
La Bibbia dice che è una qualità degli uomini malvagi (Salmo 5:9), che parlano con malizia (Salmo 10:7) e sono ipocriti (Salmo 28:3). Giobbe afferma che la persona lontana da Dio “concepisce malizia e partorisce rovina” (15:35).
La malizia è una caratteristica dei falsi religiosi e un esempio perfetto si trova nei Farisei, che andavano da Gesù con le moine e cercavano di farlo cadere. L’evangelista Matteo racconta tre episodi caratteristici uno dopo l’altro nel capitolo 22 del suo vangelo.
Prima gli hanno mandato da Gesù un gruppo di Erodiani, che erano un partito politico che favoriva il governo romano (odiato dai Farisei, fra l’altro) e hanno chiesto a Gesù se fosse giusto pagare le tasse. Tutti sappiamo la risposta. Gesù, dopo essersi fatto dare una moneta con l’effigie di Cesare, ha detto: “Date a Cesare ciò che è di Cesare”.
Poi sono venuti i Sadducei, che erano i religiosi liberali di allora, che non credevano, fra l’altrore, alla resurrezione e hanno raccontato la storia stupidissima di un marito a cui sarebbero morte sette mogli (un iettatore da niente!), concluso con la domanda a trabocchetto: “Di chi sarà marito alla resurrezione?” Gesù diede loro una spiegazione teologica chiara che li ha lasciati senza parole.
Poi arrivarono addirittura i Farisei, che lo volevano far cadere in trappola a tutti i costi, e Lui chiuse la bocca anche a loro.
La Bibbia parla anche dei risultati della malizia su chi la pratica. Chi è malizioso si distrugge con le sue mani (Salmo 94:23), resta preso nella sua stessa rete (Proverbi 11:6), diventa odioso (Proverbi 14:17) e crollerà (Isaia 47:10). E non è poco.
L’amore biblico, di cui Paolo parla nel capiolo 13 della prima lettera ai Corinzi, invece, deve essere senza malizia. Sempre Paolo dice nella stessa lettera: “Siate come bambini senza malizia” (14:20) e afferma che la malizia deve essere sostituita dalla sincerità e dalla verità.
Ma come si fa a vincere questa abitudine di vedere il male negli altri?
Io ho trovato un solo metodo, ed è quello suggerito (o piuttosto ordinato) da Dio.
Eccolo. “Gettando lontano da voi, malizia, frode e ipocrisia e ogni sorta di maldicenze... nutritevi del puro latte spirituale...”. Il che significa, invece di pensare male, pensate a quello che Dio dice nella sua Parola e nutritevi di quello. Se si riempie la mente di cose buone, non ci sarà troppo posto per quelle cattive.
E invece di Maghe Circi, saremo donne che fanno piacere al Signore e staremo meglio.
Amore è... 10 — La prova dell’acido
Cara Maria Teresa, ci avevi promesso di parlare anche dei mariti, quando hai parlato dello spirito benigno e pacifico delle mogli, ma ancora non lo hai fatto. A quando?
Ansiose di.... (segue il nome della città)
Care ansiose, ci siamo arrivate! Non mi piace scavalcare le parole della Bibbia. La descrizione dell’amore, che stiamo commentando nella prima lettera di Paolo ai Corinzi, ha una sequenza precisa e solo oggi tocca il tasto delicato e tanto atteso. Questo tasto dice che “l’amore non si inasprisce”. Finalmente ci siamo!
Inasprirsi significa, secondo il dizionario, chiudersi in una tenace ostilità, rimanere in uno stato di guerra. Una brutta situazione che non dovrebbe esistere in chi dice di conoscere l’amore di Dio. Però, guardiamoci in faccia, chi di noi non si è mai inasprito alzi la mano. E chi non l’ha alzata, diventi rosso come un pomodoro maturo!
Nella Lettera ai Colossesi, l’apostolo Paolo comanda da parte di Dio: “Mariti, amate le vostre mogli e non vi inasprite contro a loro”. L’apostolo Pietro gli fa il controcanto e dice: “Mariti, convivete con le vostre mogli, con la discrezione dovuta al vaso più debole. Portate loro onore, poiché sono anche loro eredi della grazia...”.
Ricordo una coppia (credenti stagionati e vaccinati tutti e due) che era arrivata ai ferri corti. Avevano una certa età e stavano per separarsi. Non si sopportavano letteralmente più. Cosa era successo? Tradimento? Infedeltà? Problemi finanziari e di eredità? Macché.
Il marito è scoppiato: “Mia moglie non spegne mai le luci!”.
Luce non spenta oggi, luce non spenta domani, dopodomani e per mesi. E l’acido è esploso.
“Ma perché non la spegni?” ho chiesto alla moglie.
“Mi sembra una stupidaggine e poi non ci penso!”
“D’ora in poi, pensaci!” ho detto con una certa grinta.
Li ho rivisti anni dopo. “Come va la luce?” ho chiesto.
“Bene!” mi hanno risposto in coro. E hanno soriso con l’aria di dire: “Ci capiamo!”,
Sembra una cretinata, ma l’inasprimento proprio comincia così. Una gocciolina oggi e una domani e diventa un barile di acido insopportabile.
È successo perfino a Mosè, pover’uomo. Per quarant’anni aveva guidato il popolo d’Israele nel deserto e aveva sopportato lamenti, ribellioni, rivolte. E aveva pazientato. La Bibbia dice addirittura che non c’era un uomo più mansueto e paziente di lui.
Però, una volta, in una località chiamata Meriba, mancava l’acqua, e il popolo cominciò coi suoi lamenti. “Era meglio restare in Egitto! Si stava meglio quando si stava peggio!”
Mosè andò a pregare per il popolo con suo fratello, ma evidentemente in lui c’era dell’acido.
Dio gli disse: “Prendi il bastone. Raduna il popolo, vai davanti a una certa roccia e parla alla roccia. Ne scaturirà dell’acqua”. Mosè ubbidì, ma era inacidito. Forse pensava: “Ora glielo faccio vedere io a questa gente! Ribelli che non sono altro!”
Radunò il popolo, prese il bastone e percosse, suppongo con rabbia, la roccia due volte. Ne uscì l’acqua, ma Dio non fu contento. Gli aveva detto “Parla alla roccia” e non “percuoti la roccia”. E ogni disubbidienza ha una conseguenza. Per quel peccato, Mosè non poté entrare nella Terra Promessa e morì guardandola solo da lontano.
Anche fra marito e moglie, fratelli e sorelle, colleghi e fratelli di chiesa i problemi si possono ammucchiare a poco a poco. Ed è facile diventare “inacerbiti”. Come rimediare? Bastano tre cose o forse quattro, fatte con serietà.
- Parlare con calma e spiegare quello che ci dispiace.
- Prendersi sul serio, anche se la lamentela sembra una fisima e una vera stupidaggine.
- Chiedere perdono in maniera specifica e perdonare.
- Evitare di ripetere quello che ha urtato l’altro.
Sembra semplice, ma funziona.
A chi tocca il primo passo? A chi si rende conto di stare inacerbendosi. E, sulla base delle parole bibliche, mi pare che forse l’acido riguardi più i mariti che le mogli.
E Pietro aggiunge una parola di ammonimento, dopo aver detto ai mariti che devono onorare le loro le mogli, tenendo conto che sono emotivamente più deboli e fragili: “Affinché le vostre preghiere non siano impedite”. Perciò se vogliamo stare bene anche col Signore, oltre che col coniuge, e vedere degli esaudimenti alle nostre preghere, bando all’acido!
Care ansiose, siete contente?
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