Tirando le somme...

Sul matrimonio si possono dire e scrivere tante cose, ma la base per riuscire è fatta solo e sempre di alcune convinzioni. E Masimo e Alessia cominciano a rendersene conto. Non sono spaventati, ma capiscono che ci devono lavorare.

La prima cosa di cui convincersi è che tutto parte da quello che c’è nella nostra mente. Ripeto: tutto, perfino la decisione di dimagrire. Non dipende dal guardarsi allo specchio e desiderare di togliere un po’ di ridondanze, o dal fatto che vogliamo rientrare nei vestiti che sono diventati troppo stretti o che le nostre amiche benevole ci hanno detto ironicamente: “Ti stai inquartando un po’, eh?”. Dipende dalla seria convinzioni che siamo troppo grasse.

Perfino l’attuazione della venuta di Cristo sulla terra per compiere l’opera di salvezza è dipesa dalla sua decisione e convinzione di ubbidire al piano del Padre Celeste e rinunciare, per un tempo, alla perfezione del cielo. “Egli, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio, qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò se stesso....”. “Considerare” è un esercizio della mente, che provoca delle convinzioni da cui deriva ogni altra decisione.

E quando si entra nel matrimonio, secondo me, di convinzioni ce ne vogliono almeno quattro.
La prima è che il matrimonio è per la vita. Il Signore Gesù lo ha detto chiaramente: “Dio li fece maschio e femmina. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una sola carne. Così non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi quello che Dio ha unito” (Marco 10:6-9). Pensare che Dio ha inventato il matrimonio per la nostra gioia, dovrebbe spingere a due cose: fare molta attenzione a chi è la persona che si sposa e poi fare tutto il possibile per tenersela stretta, cercando di farle piacere, e mettendo ogni impegno per renderla contenta.

La seconda è capire il proprio ruolo. Se sono una donna, Dio mi ha fatta per essere l’aiuto adatto a mio marito nel bene e nel male, e in ogni fase della vita (Genesi 2:18; Efesini 5:22,32). Perciò mi impegnerò perché diventi un uomo secondo il piano di Dio e cercherò di non fare nulla per ostacolare questo piano.

Se fossi un uomo, mi pare che prenderei molto sul serio il mio ruolo di guida della famiglia e farei tutto il possibile per non rendere troppo pesante il ruolo di aiuto di mia moglie (1 Corinzi 11:3). La curerei teneramente, come ordina la Parola di Dio e cercherei di sopperire ai suoi bisogni morali, fisici e spirituali (Efesini 5:25).

Se nella coppia i ruoli non sono rispettati, non c’è da aspettarsi niente di buono.

La terza è decidere che si troverà un accordo. Se uno mi dice che nel suo matrimonio non ci sono stati problemi, o ha perso la memoria, o è scemo o è bugiardo.

I problemi ci sono e, prima o poi, saltano fuori. Ma l’apostolo Paolo dice ai credenti: “Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti” (Romani 12:18). Perciò cercherò di non irritare mio marito, di capire che cosa gli fa piacere e cosa lo urta e prenderei sul serio i suoi desideri. Sarei la prima a chiedere perdono e a cercare la pace. E se fossi marito, penso che farei lo stesso. E, quando due cercano di farsi piacere, per forza, cadono uno nelle braccia dell’altro.

La quarta è non lasciare ammucchiare torti e offese. L’Apostolo Paolo dice di non lasciare tramontare il sole sui nostri dispiaceri, crucci e ferite (Efesini 4:27). E questo significa parlare, spiegarsi, capirsi, prendersi sul serio e chiedersi perdono, il più presto possibile. Non c’è altro modo.

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