Le preghiere serali: Una pizza mortale?

Massimo e Alessia trovavano fantastico il tempo in cui condividevano le loro impressioni e scoperte nella lettura biblica. Lei aveva cominciato a leggere da capo i salmi e Massimo stava percorrendo, capitolo dopo capitolo, il libro di Isaia.

“Senti questo che ha detto Davide! Faceva proprio per me, perché stamattina ero un po’ scoraggiata” diceva Alessia.

“Quando hai finito i salmi, leggiti Isaia. È incredibile quanto Vangelo c’è dentro!” commentava Massimo.

Però, quando era il momento di pregare, era un po’ come se un palloncino perdesse aria e si afflosciasse.

Di solito, cominciva Massimo, come capofamiglia, faceva al Signore la lista dei parenti, ringaziava per la buona giornata e chiedeva una buona notte; a volte nominava il lavoro o un malato della chiesa. Amen.

Quando veniva il turno di Alessia, bene o male, Massimo aveva detto tutto. Non era il caso di ripetere le richieste, perché il Signore le capiva alla prima. Perciò lei se la cavava con un paio di frasi, sempre le stesse e i due arrivavano all’amen finale. Possibile che fosse così noioso pregare col proprio marito?

Alessia aveva un’amica molto cara, sposata da alcuni anni. Un giorno, si fece coraggio, prese il telefonino e la chiamò: “Pronto, Sara?”.

“Ciao, Alessia, dimmi tutto.”

Alessia un po’ si vergognava, ma poi disse: “Tu e Franco pregate insieme, vero?”.

“Certo, ogni sera.”

“Ma lo trovate stimolante?... Sai, io e Massimo, sembra che diciamo sempre le stesse cose... come se dicessimo il rosario evangelico... Ci sembra che qualcosa che non funzioni.”

Sara capì al volo, perché anche a lei e suo marito era capitato di trovare dificile non cadere nella routine del “rosario evangelico” come lo aveva chiamato Alessia. Perciò disse subito: “Io e Franco preghiamo a conversazione e lo troviamo bello e utile”.

“Ma che vuol dire? Che pregate come si parla e non con preghiere complicate e con paroloni difficili?” chiese Alessia.

“No. Adesso ti spiego. Quando ci siamo sposati, con Franco avevamo deciso di pregare la sera. Abbiamo fatto l’errore di pregare a letto. A volte cominciavo io, ma dopo poco, dalla parte di Franco veniva un respiro troppo lungo e regolare. Si stava addormentando. E quando cominciava lui, idem con me”.

“È esattamente quello che succede a noi!”

“Proprio allora ci è venuto sottomano un giornale che spiegava la bellezza di pregare a conversazione. Si tratta solo di un modo molto semplice. Uno comincia a lodare il Signore e poi si ferma, così l’altro può continuare con altre lodi e ringaziamenti. Poi si ringrazia per la giornata, il lavoro in ufficio, il parcheggio trovato, una visita utile fatta a un amico. A ogni argomento, ci si ferma e si dà all’altro il modo di aggiungere qualcosa, se vuole. Se no, si passa a un altro soggetto. È molto bello quando si comincia a pregare per le persone, perché, allora, si aggiungono particolari, richieste e così via... Molto spesso preghiamo anche per i soggetti proposti in chiesa...”

“Ma non vi sentite un po’ strani?” interruppe Alessia.

“All’inizio, un po’ sì, perché è un modo di pregare a cui non si è abituati, ma poi ci si abitua e sembra la cosa più naturale, conversare con Dio che è lì con noi, come ha promesso; anzi, ora mi sembra strano sentire varie persone che pregano una dopo l’altra con delle preghiere “complete” che finiscono con l’amen. Ti assicro che la nostra preghiera in comune è cambiata dalla notte al giorno. Ci fa sentire davvero una sola cosa.”

“È un’idea; ne parlerò con Massimo” disse Alessia.

E la cosa ha funzionato. Niente più respiri lunghi e regolari da parte del partner e molta più vita e freschezza in tutto lo scambio di lodi e richieste al Signore. E anche una maggiore intesa e unità nella preghiera.

Se vi pare un’idea da provare, fate pure! Ne parleremo ancora, se necessario, ma la prossima volta torneremo sull’importanza di diventare “uno”.
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