“Apprezzo mio marito perché è sempre disponibile per gli altri... più che per noi” mi ha detto una moglie di recente, con un’ombra di tristezza nel suo sorriso.
“Mia mamma era instancabile: visitava i malati, faceva torte per i bambini della scuola domenicale, offriva di fare la notte ai malati in ospedali, se non avevano parenti. Era dappertutto, fuorché a casa per noi figli” è stato il commento di un’altra amica.
Il mondo che ci circonda è pieno di persone che hanno bisogno di aiuto e sarebbe bello poterle soddisfare tutte. Io, per una, sono un tipo che, di solito non sa dire di no e che vorrebbe essere sempre in azione. Per fortuna, alla mia età, il mio corpo non riesce a stare dietro a tutti i miei desideri e ho dovuto imparare a limitarmi. A volte, non mi piace. Ma non posso sopperire a tutti i bisogni della chiesa universale, né a quelli del nostro pianeta.
Questo è però un bene, perché dà ad altri la possibilità di riempire i miei “buchi” o quelli di altri, che, come me, avrebbero piacere di arrivare dappertutto.
Cercare di fare tutto può essere un forte sintomo di orgogliosa buona volontà. E anche una fuga: o ai doveri di famiglia con la scusa del servizio per il Signore, o dal servizio nella chiesa con la scusa degli impegni di famiglia o di lavoro.
Perciò è essenziale esaminare bene le nostre priorità. Io ho cercato di metterle in ordine.
Ecco come. Prima di tutto (naturalmente dopo il Signore!) c’è mio marito, poi la famiglia (ora quasi tutta solo a tiro di telefono), poi la cura delle donne della chiesa, il lavoro di scrittura e traduzione e, infine, la casa. Se riesco a badare a tutto, senza andare ai matti, vado bene.
Nel limitarsi, c’è un altro grosso vantaggio: permettiamo a altri i credenti di usare il dono che Dio ha dato loro. Ognuno ne ha ricevuto almeno uno e ha il dovere di usarlo. Dato che fra i doni dello Spirito Santo non è menzionato il dono della pigrizia, è bene che tutti i membri della chiesa locale si diano una mossa e scoprano come rendersi utili.
Ma come discernere il proprio dono? Secondo me è semplice. Basta rinunciare al proprio egoismo e ai propri comodi e offrirsi al Signore con sincerità e umiltà. QUALUNQUE cosa Lui ci chieda.
Poi, accettare di fare quello che ci viene chiesto dai responsabili della chiesa. Provando varie attività, si vede quella che ci riesce meglio e ci dà maggiore soddisfazione. Dopo tutto, Dio non è un padrone esigente che ci mette a fare solo cose che ci vanno contropelo. Di solito, ci chiede di fare cose in cui troviamo piacere. Servire è bello e gioioso!
Nella nostra chiesa, una donna ha cominciato pulendo bene ogni domenica il bagno e rendendosi utile dove era necessario. Oggi è una diaconessa riconosciuta e rispettata. Ha una bella famiglia che cura con attenzione, ma sa anche insegnare ai bambini della scuola domenicale, o di un campeggio, sa organizzare una cena, cucinare e fare visite. E qualsiasi cosa, la fa con un sorriso.
Terzo, imparare a delegare alcuni lavori e aiutare chi è più giovane a capire la bellezza di servire.
In ultimo, ringraziare il Signore per il privilegio e la grazia di poter essere utili in quasiasi capacità. Il mondo è pieno di gente che ha bisogno di qualcuno che si ferma a chiacchierare, a ascoltare, a confortare. Ma non riusciamo a farlo se la nostra tabella di marcia è troppo piena.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento