Levi è un mio pronipote, figlio di una nipote di mio marito. È un bel ragazzo alto e biondo, tipico americano. In questo momento, dato che ha solo completato il liceo, e neppure con grandi voti, lavora in un supermercato.Papà, non voglio andare all’inferno!
Penso che la sua storia potrebbe interessare molti “bravi” figli di credenti (ne conosco uno di 15 anni, che ha detto a suo padre che vuole provare tutto, droga, sesso e alcol, e se ne prende lui tutte le responsablià. Vuole toccare il fondo), e forse dare una dritta a qualcuno.
Allora, ecco la parola a Levi. I corsivi sono commenti miei.
Sono nato a Syracuse, nello Stato di New York, e sono cresciuto in una chiesa battista molto stretta e conservatrice. Si leggeva ancora la Bibbia, con la traduzione King James, (che corrisponde alla vecchia Diodati italiana). Mio padre era molto coinvolto nella scuola domenicale e aveva scritto molte canzoncine basate su versetti della Bibbia. Era anche attivo nelle “settimane felici” estive per ragazzi. Crescere in una famiglia che frequenta la chiesa regolarmente fa diventare le riunioni un’abitudine. Ti svegli la domenica mattina e sai che andrai in chiesa, almeno due volte, se non tre.
Un giorno, quando avevo cinque anni, me ne stavo davanti alla nostra casa e giocavo col mio camioncino e mio papà mi ha chiesto se volevo andare con lui a fare qualche commissione. Ci sono andato volontieri e, viaggiando, cantavamo le canzoncine composte da mio padre. Tutto d’un botto, gli ho detto: “Papà non voglio andare all’inferno!”.
Appena possibile lui ha accostato la macchina e l’ha parcheggiata. Mi ha spiegato il piano della salvezza (sono un peccatore, Gesù è morto per i miei peccati e può lavare il mio cuore, se credo in Lui), e io ho pregato e chiesto a Gesù di lavami. Mio papà era molto contento e io ero contento di non andare all’inferno.
Quando avevo 8 anni, i miei genitori si sono separati e io sono andato a vivere con mia mamma e i miei due fratelli più grandi in Michigan. Abitavamo con i miei nonni. Il divorzio dei miei genitori è stato duro per me, perché mio papà e io eravamo molto legati.
Mia mamma mi ha fatto scuola a casa, fino alla quarta elementare e poi sono andato alla scuola pubblica.
A scuola non ho dato altro che problemi, e sono stato sospeso molte volte. Ero il tipo di ragazzino che voleva fare il buffone e, di solito, l’insegnante era il mio bersaglio. Sono stato mandato dal preside nella scuola media molte volte e ho fatto una profonda conoscenza con le segretarie. Sapevo esattamente quanti figli e animali domestici avevano e se erano single o sposate.
Quando ero in terza media, mia mamma comprò casa per conto suo e io ne fui molto contento perché potevo avere più libertà, ho avuto la mia camera e non eravamo più tutti uno sopra l’altro in casa dei nonni. Alle superiori ho fatto conoscenza con un sacco di altre cose. Ho cominciato a fumare erba (solo poco!) e a ascoltare molta musica rock.
Mia mamma mi ha buttato fuori di casa , perché ha trovato che mi facevo delle canne in camera con un amico e mi ha rimandato da mio padre nello Stato di New York. Pensava che mio papà sarebbe riuscito a farmi rigare dritto. Mi piaceva stare lì e per un anno ho giocato a football americano e tutto è andato bene.
Poi ho incontrato a scuola dei ragazzi che fumavano erba e piano piano sono diventato uno “stoner”. In America chiamano così quelli che fumano erba molto. Ma proprio molto.
Finito il liceo, mi sono comprato la macchina, non sono andato più in chiesa e ho cominciato a stare fuori la notte, coi miei amici. Mi sono dato sempre più alla droga che, fondamentalmente, governava la mia vita. Tutto quello che mi importava era lo sballo... Eppure ero cresciuto in una chiesa evangelica molto all’antica e i miei genitori erano stati piuttosto severi...
Continua alla prossima...
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