CE LA FACCIO DA ME!



È successo molti anni fa, con un operaio che era venuto a casa per aggiustare delle tubature o qualcosa di molto molto alto in casa nostra.

Io ero una ragazzetta e lo guardavo con grande ammirazione perché mi sembrava un artista del circo. Bello, alto, muscoloso e ben abbronzato.

“Io a queste cose sono abituato. Faccio questo e altro!”

È salito su una scala, ha rifiutato ogni aiuto di mio padre che aveva offerto di reggergli la scala, si è spenzolato per acchiappare qualcosa che pendeva e “sbabang” è caduto giù, scala, arnesi e tutto, come un sacco di patate. Un bel botto. Mia mamma lo ha dovuto medicare con alcol, pomata e cerotto.

Commento: “Non mi era mai successo prima!”.

L’autofiducia è uno dei lati più comuni del nostro io.

Ce la faccio da me... Sono abbastanza bravo per... Ci riuscirò di certo... E che ci vuole?...

Mi fa ricordare l’apostolo Pietro e a alcune sue bravate. “Signore, tutti ti abbandoneranno, ma io no. Sono pronto a tutto. Non ti rinnegherò mai!”. E poi...

Basta pensare a quella volta che era in barca coi discepoli e il Signore gli aveva detto di attraversare il mare di Galilea. I discepoli partono, si scatena una tempesta, tutti hanno paura, gridano. Finalmente vedono Gesù che viene camminando sull’acqua.

Il Signore dice loro: “Sono io, non abbiate paura!”.

Sarebbe dovuto bastare. Gesù era lì e li aveva rassicurati.

Ma a Pietro non bastava, ci voleva mettere del suo: “Se sei tu, fammi venire da te sull’acqua!”.

“Vieni!”

Pietro scende dalla barca (forse pensava “Io sì che sono qualcuno! Ora cammino anche sull’acqua!”) e comincia davvero a camminare.

Poi guarda le onde e sente il sibilo del vento e comincia a affondare terrorizzato. Gesù lo afferra e i due entrano nella barca. Il mare si calma. E Pietro si becca anche un gentile rimprovero: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.

La fiducia in se stessi è una grande nemica delle vittorie spirituali. Parli del peccato alle persone e ti rispondono che non hanno mai fatto niente di male. Parli del bisogno assoluto di salvezza e ti dicono: “Salvezza?! Mica merito l‘inferno!” e continuano per la loro strada. Pieni di fiducia in loro stessi e nella loro bontà.

Il libro dei Proverbi dice una cosa molto saggia: “C’è una via che all’uomo sembra diritta, ma essa conduce alla morte” (14:12).

Non so, a che punto stai tu, ma c’è da fare tanta attenzione anche all’autocertezza spirituale, quella che ti fa dire: “Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica” e che a volte ti fa partire verso mete che Gesù non ti ha assegnate. Ne parliamo un’altra volta.
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C’è speranza se… Consiglio n. 10


Abbiamo parlato delle diversità fra uomo e donna, di usare tatto e comprensione fra marito e mogli, di non permettere ai propri genitori di interferire nella vita matrimoniale, di non riversare tutto l’amore sui figli e così via. Spero che questi consigli vi siano serviti a qualcosa.

Oggi chiudiamo la serie e sarà un po’ come nelle sagre paesane, quando ci sono i fuochi d’artificio e si arriva al gran finale con una serie assordante di pim-pum-pam. Spero che il gran finale raggiungerà il suo scopo.

Il consiglio n. 10 è: Imparate a affrontare le difficoltà.

A questo punto, penso che l’abbiate capito: i conflitti si presenteranno anche nel vostro matrimonio.

Se li considererete una cosa cattiva in sé, porteranno solo problemi. Se li considerate una cosa normale, e soprattutto risolvibile, non saranno più seri di un brutto raffreddore o di un mal di testa.

Se due coniugi con una personalità forte decidono di non discutere mai le proprie opinioni, reprimeranno i conflitti, ma i risultati saranno disastrosi e l’abisso fra loro diventerà pressoché incolmabile.

La vera soluzione sarà nel saper trarre il maggior vantaggio dal conflitto e usarlo in maniera positiva.

Allora, che fare?

  1. Pregate prima di discutere, chiedendo onestamente al Signore di aiutarvi a realizzare una buona intesa e tenendo presente il fatto che Gesù è lì con voi, seduto con voi. Se vi trovate a discutere prima di aver pregato, sarà meglio che vi fermiate a farlo o rimandiate la discussione.
  2. Esprimetevi con chiarezza e con forza, ma senza perdere la pazienza. A volte, quando si discute, si crede di avere a che fare con un medium che sa leggere nel pensiero. Nessuno di noi ha sposato la maga Circe o il mago Merlino. Perciò non sperate che il vostro coniuge capisca quello che non dite. Se siete scoraggiati, non dite mai: “Lo sapevo, non valeva la pena che parlassimo, tanto non ci capiamo”. È la cosa meno savia da fare, perché costruisce un muro fra di voi. Continuate a parlare, perché ne vale sempre la pena.
     
  3. Introducete nuove idee nella discussione e possibilmente suggerite qualche soluzione, allo scopo di arrivare a una conclusione positiva, anziché entrare in ragionamenti complicati e contorti.
     
  4. Incoraggiate vostro marito o vostra moglie a esprimere opinioni e desideri senza reticenze, cercando sempre di imparare dall’altro qualcosa di utile e di capire esattamente quello che pensa.
     
  5. Dopo che vi siete espressi, cercate dei punti di contatto. Elencate alcune cose in cui vi siete trovati a pensare nello stesso modo e costruite su quei punti comuni.
     
  6. Fate in modo che ogni conflitto diventi un gradino su cui salire per crescere nella comprensione del pensiero di Dio e di ciò che desiderate profondamente.
     
  7. Non sperate necessariamente sempre in una conclusione del tipo “e vissero felici e contenti” perché non sarebbe realistica, ma permettete a Cristo di aiutarvi a maturare e a capirvi di più. E sopra ogni cosa, riconfermatevi sempre il vostro amore e la vostra stima. 

Il vostro matrimonio non sarà mai senza conflitti o momenti di tensione, ma applicando questi consigli brevettati e collaudati diventerà più ricco, e sempre più soddisfacente e cementato. Parola di chi l’ha provato.

C’è speranza se… Consiglio n. 9


L’ho visto succedere con i figli, con i collaboratori, coi giovani della chiesa: una lode vale più di dieci esortazioni e di venti fervorini.

Non parliamo poi dell’importanza di lodare il proprio coniuge.

Se siete fiere di vostro marito, diteglielo. Se sa fare un lavoro in casa, lodatelo. Se riesce bene nel suo lavoro, onoratelo.

Il consiglio n. 9 è: Non sottovalutate mai l’importanza della lode. 

Ci vuole così poco per fargli sentire che, per voi, è la persona più importante al mondo. Il sorriso con cui lo accogliete quando torna a casa dal lavoro, il commento gentile che potrete fare sul suo conto davanti ai figli o agli amici, sarà per lui più importante di qualsiasi regalo anche molto costoso.

Qualcosa di buono e di vero da dire si potrà trovare sempre anche sulla moglie. Sul suo pollice verde, sulla sua attenzione nell’apparecchiare la tavola, sul modo in cui riceve gli ospiti, sul fatto che fa mai mancare dei fazzoletti puliti e stirati.

Il marito della donna dei Proverbi l’aveva capito e lo praticava, fino al superlativo, dicendo: “Molte donne si sono comportate da virtuose, ma tu le superi tutte!” (31:28).

Non solo è una pratica che evidentemente anche Dio approva, avendola inclusa nella Bibbia, ma che è pure contagiosa.

Infatti, dei figli di quella donna straordinaria è detto che “si alzano e la proclamano beata”!

Una moglie mi ha detto che suo marito ogni giorno la loda per qualche cosa. E perfino trova qualche lato buono nei suoi sbagli! Non c’è da meravigliarsi che la loro casa sia un piccolo angolo di cielo.
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C’è speranza se… Consiglio n. 8


Il consiglio n. 8 guarda avanti: In qualsiasi matrimonio le diversità di personalità e di temperamento ci saranno, ma potranno essere risolte. Evviva! 

Pare che ci siano di solito tre stadi quasi in ogni matrimonio.

Il primo stadio dura più o meno a lungo. Esso è caratterizzato dal fatto che i giovani sposi continuano nell’atmosfera del fidanzamento e considerano il proprio compagno come l’allegoria ambulante della perfezione.

Nel secondo stadio cominciano a rendersi conto che delle diversità esistono, che i difetti vengono a galla, e che molti sogni fatti non corrispondono alla realtà. Per esempio, mio marito pensava che io fossi una donna ultraorganizzata, mentre la realtà dei fatti era che anch’io dimenticavo molte cose, ne lasciavo fuori posto delle altre, e non ero puntuale come un orologio svizzero. Anzi.

D’altra parte, avendo sposato un laureato in psicologia, pensavo che con lui avrei risolto ogni problema. Che delusione, quando gli parlavo di qualche difficoltà e lui mi rispondeva: “Eh, sono problemi…” . Cosa lo avevo sposato a fare?

È una tragedia se la coppia si ferma a questo punto e pensa che i problemi non si possano superare e che, dopo tutto, forse il suo matrimonio è stato uno sbaglio.

Quando arrivano a questo punto e gli sposi si rendono conto che delle differenze esistono e che i problemi sono anche profondi, i due si devono fermare. Decidere di parlarne, discutere su cosa fare, mai nominare la parola “divorzio” e soprattutto riaffermare davanti a Dio l’indivisibile unità del loro amore.

Dio non si spaventa se gli diciamo che siamo arrivati al punto del “chi me l’ha fatto fare?”, anzi dichiara di essere un Dio capace di dipanare qualsiasi matassa. E lo farà!

Questa ammissione onesta e sincera, porterà al terzo stadio, in cui gli sposi si renderanno conto che i problemi si possono affrontare e che le difficoltà si possono ridimensionare, se si affrontano con l’aiuto dello Spirito Santo.

A quel punto essi imparano a prendersi come sono, capiscono come possono contribuire al bene l’uno dell’altro, con lo scopo finale di farsi del bene reciprocamente e, soprattutto, di piacere a Dio.

Così per mezzo di questo processo di dare e ricevere, si determinerà una bella armonia fra due vite che vivono una vita sola.

No! Non è un sogno utopistico. È qualcosa che si può davvero realizzare, quando i due sono dei veri credenti e sono ben decisi a fare del loro matrimonio un successo.

Chi invece rifiuta di seguire questa strada e rimane nel secondo stadio avrà una vita difficile. Troverà che si allontana sempre più dal suo compagno e si avvierà sulla strada dell’incomprensione, della freddezza, del dolore.

Che stadio sai vivendo, tu?
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C’è speranza se… Consiglio n. 7


“Non pettegolare sui membri della famiglia” era il consiglio dato la volta scorsa per aiutare una coppia a funzionare armoniosamente, senza creare incrinature nella propria unione e screzi in famiglia.

Il consiglio di oggi riguarda specialmente le giovani mamme ed è, secondo me, importantissimo.

Consiglio n. 7: Quando arriva il primo bambino, non riversate su lui tutto il vostro affetto.

Il primo bambino porta tanta gioia nella casa, ma, a volte, può anche diventare causa di tensioni.

Un piccolino è un tesoro da scoprire. È bello e tenero, ha un modo tutto suo di succhiare e di piangere. È così piccolo che, quando si prende in braccio, sembra che ti sfugga di mano. Deve fare il ruttino, deve essere cambiato e lavato. Può dormire a pancia sotto o starà megio su un fianco? E quei rigurgitini, sono pericolosi? E chi più ne ha più ne metta.

Anche il papà, naturalmente, non sta nella pelle. Quel piccolino se lo guarda e se lo coccola. Però, con razionalismo maschile, a un certo punto, lo mette giù nella culla. Che si faccia un bel pisolino! Ma se piange… che fare?

È una grande tentazione, per la mamma inesperta e giovane, fare sì che la nuova minuscola vita che le è affidata in quel fagottino morbido, diventi un’occupazione costante che le porta via tutto il tempo.

Così il marito, dopo gli entusiasmi delle prime settimane, si sentirà trascurato e dimenticato, come se l’amore della mamma per il piccolo avesse cancellato l’amore che prima la moglie aveva riservato a lui.

La mamma, perciò, dovrà fare tanta attenzione a trovare l’equilibrio giusto fra le cure che dedica al bambino e il tempo che dedica al marito.

Farà attenzione a non farsi trovare in vestaglia e leggermente odorante di caciotta quando il marito tornerà a casa dal lavoro.

Preparerà i pasti con la stessa cura di prima e cercherà di regolare gli orari in modo che tutto l’ordine che regnava prima che il piccolo arrivasse non sia sovvertito.

Così l’amore e la cura che i due sapranno riversare insieme sul bambino cementerà il loro amore.
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C’è speranza se… Consiglio n. 6


Il consiglio n.6 di oggi è: Non tirate fuori le magagne del presente e non pettegolate. 

È importante avere una certa gelosia della reputazione del proprio marito e perciò sarebbe savio parlare dei suoi difetti solo al Signore.

Lo stesso dovrebbe fare il marito nei riguardi della moglie. Così fra i due si creerà un’atmosfera di lealtà e di sicurezza.

La fiducia è la pietra angolare del vero amore.

E non pettegolate sulla famiglia dell’uno o dell’altro.

Troppe cognate pettegolano sui parenti acquisiti e suocere commentano sulle nuore.

Ricordate Miriam, la sorella di Mosè? Mormorò, trovò da dire sulla moglie che Mosè aveva sposata. Non tenne la cosa per sé, ma ne parlò con Aaronne suo fratello.

La nuova moglie era etiope e non era di puro sangue ebreo. Che disonore per la famiglia!

Il Signore la vide, la sentì e la riprese dicendo: “Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?”. E non si limitò a una riprensione verbale, ma colpì anche Miriam con la lebbra. Il che portò non poco scompiglio fra il popolo.

Dio non vuole che i suoi figli siano maldicenti e partecipino a pettegolezzi e mormorii, né contro parenti né contro fratelli e sorelle in Cristo, che sono sempre deleteri.

Facciamo di tutto perché nelle nostre famiglie non ci siano delle Miriam. Spesso non ci rendiamo neppure conto di quanto male facciano le nostre critiche, quante incrinature nei matrimoni possono provocare e, purtroppo anche divisioni nelle chiese, quando i parenti frequentano la stessa comunità!
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C’è speranza se… Consiglio n. 5


La volta scorsa ho scritto che il perdono dovrebbe essere la “colla” che unisce una coppia nel suo cammino giornaliero.

Alcuni mi hanno detto: “Io non riesco a perdonare come Dio, perché è detto che Dio dimentica i peccati e io proprio a dimenticare non ci riesco”.

Onestamente, io non penso che si possa dimenticare, perché la memoria è una facoltà meravigliosa che Dio ci ha dato.

E non ho la minima idea di che cosa significhi profondamente l’affermazione di Dio, “non mi ricorderò più dei loro peccati”. Può darsi che abbia una specie di tasto su cui è scritto “del” come in un computer e che proprio lo usi con i nostri peccati quando li confessiamo? Non lo so.

Ma so per certo che non ci ritorna su, non li rivanga e non ce li rinfaccia. Non ne parla più. Questo è il suo modo di “non ricordare”.

E questo è il consiglio n.5: Non state a tirar fuori sempre i peccati e gli sbagli del passato. 

I coniugi faranno bene a parlare tranquillamente del loro passato. Se ci sono cose che turbano la coscienza dell’uno o dell’altro dovrebbero essere portate alla luce, per evitare che creino dei pericolosi complessi di colpa o blocchi nella loro relazione. Una volta che le cose sono chiarite e spiegate non dovrebbero essere più tirate fuori. Basta, fatto e finito!

Marito e moglie devono applicare al loro passato le parole dell’Apostolo Paolo in Filippesi 3:12-15: “Non che io abbia già ottenuto tutto questo (la piena conoscenza di Cristo e la sua perfezione e il premio per il suo servizio); ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono stato anche afferrato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando (non pensandoci più) le cose che stanno dietro, e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù”.

L’amore vero deve preoccuparsi del presente. Il passato deve essere perdonato e sepolto per sempre.

Il vero amore e la vera fede cristiana si innalzano al di sopra dei sospetti e dei rancori e vivono secondo quanto Dio ha insegnato.

In un mio libro sull’educazione dei bambini, ho parlato dell’importanza di perdonare in maniera definitiva e ho raccontato che uno dei nostri figli aveva pitturato alla piccassiana una parete, accanto al suo letto. Era stato sgridato, punito e, dopo aver chiesto perdono, era stato perdonato.

Il giorno dopo, mentre cercavo di ripulire la pittura, mi sono permessa di commentare che aveva combinato un gran pasticcio.

 La sua reazione è stata: “Chi l’ha fatto, è stato perdonato!”. Per lui il pasticcio non esisteva più.

Permettete al sangue di Cristo, che purifica e lava ogni peccato, di coprire e lavare ogni peccato e vivete secondo il comando del Signore: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo”.

Alla prossima, col consiglio n. 6!
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C’è speranza se… Consiglio n. 4


Prima di sposarmi, l’ho fatto anch’io, vedendo qualche difettuccio nel mio caro. Ho detto fra me e forse stupidamente anche a qualche amica: “Una volta sposati lo aiuterò a cambiare”.

Scordatevelo! Nessuno cambia, se il Signore non lo aiuta a cambiare. Perciò il consiglio n.4 è: Accettatevi l’un l’altro così come siete.

Il matrimonio non è una specie di riformatorio in cui la moglie si impegna a fare da mentore al marito, naturalmente facendo precedere ogni esortazione dall’espressione “caaaaaaaaro, se fossi in te…”, e il marito vorrebbe essere un Pigmalione, capace di trasformare la mogliettina in una specie di bambola senza personalità secondo i suoi desideri.

Mariti e mogli si devono prendere realisticamente per quello che sono, coi loro difetti e le loro buone qualità. Ogni essere umano ha pecche, pregi e debolezze.

Uno degli scopi del matrimonio è crescere insieme, incoraggiandosi e aiutandosi reciprocamente a diventare più simili a Cristo possibile.

Nella sua lettera ai credenti di Colosse, prima di parlare specificatamente dei doveri della coppia, Paolo ha esortato tutti a prepararsi un bel guardaroba di abiti con cui rivestirsi (3:12-14). Eccolo.

“Vestitevi, come eletti di Dio, santi e amati,
  • di sentimenti di misericordia, cioè di comprensione. Tutti abbiamo sposato un peccatore o una peccatrice, con difetti, con bagagli di ferite di esperienze spesso negative, provenienti da ambienti diversi, se non addirittura da culture diverse. 
  • Aggiungete vestiti fatti di benevolenza, cioè di desiderio sincero di fare del bene e di volere prima di tutto il bene dell’altro, 
  • fatti di umiltà, cioè di quel sentimento che considera l’altro più importante di me e dei miei interessi personali, 
  • fatti di mansuetudine, cioè della capacità di sottomettersi ai bisogni dell’altro per accrescere il suo bene vero e profondo, 
  • cuciti con pazienza, sopportazione, comprensione, 
  • foderati di sopportazione (in altre parole, sostenetevi, sorreggetevi gli uni gli altri). In questo periodo non mi sento molto forte fisicamente. Quanto bene mi fa il braccio di chi mi aiuta a camminare più sicura e a non inciampare! 
  • E perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. Il perdono dovrebbe essere la “colla” che unisce la coppia e la cementa, e deve essere usato biblicamente e costantemente. 
  • Infine coprite tutto con un mantello… E al di sopra di tutte queste cose, vestitevi dell’amore che è il vincolo della perfezione”

Per oggi mi pare che basti.
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