Ultimamente ho avuto molto a che fare con medici, infermieri e trasfusioni. Ho una malattia seria e, scherzando, dico che sono, però, la malata più fortunata del mondo. Non ho dolori, ho forza sufficiente, mangio con appetito, dormo bene e faccio vita normale. Devo solo fare controlli al day hospital e questo mi dà molti contatti con il personale medico e infermieri.
La diagnosi, avuta dal dottore dopo vari test, conteneva la parola “terminale”, che in un primo momento, mi ha sorpresa e mi è sembrata un po’ cruda. Tutti abbiamo la tendenza a crederci immortali, sebbene, alla mia età, sia logico almeno ogni tanto pensare alla morte realisticamente.
Però, quando io uso la parola “terminale”, ci potete contare che qualcuno mi racconta subito che ha un nonno “terminale” che ancora campa a più di 90 anni, una zia “terminale” che sta facendo una crociera, e un’amica che avrebbe dovuto “terminare” quindici anni fa e ancora campa. Quando finisce la lista dei parenti e degli amici, compare il fantasma della grande Rita Levi Montalcini, “terminata” oltre i 100 anni!
Chi non ha fede, ha ragione di irrigidirsi davanti alla parola “terminale”. Per lui la morte è, e deve essere, “il re degli spaventi” come la chiamava Giobbe. Molti chiamano la morte un “salto nel buio”, ma noi sappiamo purtroppo che, per chi non crede in Cristo come Salvatore e Signore, sarà un terribile ingresso nelle pene eterne, dove Gesù ha detto che ci saranno pianto e disperazione per sempre. E noi non dovremmo essere reticenti nel parlarne.
Invece, per chi crede in Cristo e ha messo radici profonde nelle promesse della grazia di Dio, la parola “terminale” ha un significato diverso. Umanamente, dato che è un’esperienza assolutamente sconosciuta e l’istinto di preservazione è forte in tutti, produce un certo timore. Ma non fa paura, se si elabora, digerisce e ridimensiona alla luce della Parola di Dio. Allora diventa l’aspettativa di cui l’Apostolo Paolo ha parlato dicendo: “Per me vivere è Cristo e il morire guadagno”.
In più, diventa un’occasione straordinaria, impagabile e perfetta, per parlare della propria fede biblica, delle certezze che Cristo dona, del dono gratuito della vita eterna a chi ci sta vicino. È un’occasione a cui, quando la si sperimenta, non si vorrebbe rinunciare, per nessun motivo.
“Ero venuto per confortarvi e incoraggiarvi” ha detto un infermiere che doveva misurarmi la pressione “e sono io che sono stato incoraggiato!”.
E sapere di non avere molto tempo da vivere, spinge a fare progetti immediati e ragionevoli, facendoli precedere dalla frase “se piace al Signore”, come insegna Giacomo. Con questo pensiero, per occupare bene il mio tempo, ho cominciato a scrivere un nuovo libro. Vedremo se riuscirò a completarlo! Se no, vuol dire che non era necessario!
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