Il dilemma di tanti: figli in chiesa o no?

Ho ricevuto una bella lettera da Anna, una sorella in fede, che chiede il mio parere se i bambini dovrebbero essere abituati a stare buoni e calmi al Culto della domenica mattina e alle riunioni di preghiera o se sarebbe meglio che qualcuno li tenesse occupati in un altro locale.

Anna è propensa alla prima possibilità (ha due bambini di 3 e 5 anni) mentre altre sorelle tendono a sostenere la seconda opzione per paura che i bambini si annoino e respingano in blocco la chiesa e le riunioni quando saranno più grandi.

Dal tono della lettera, mi pare di intuire che la cosa stia creando qualche dissenso o malumore fra i credenti.

Per prima cosa, premetto che una chiesa, numerosa o no, dovrebbe essere guidata, istruita e corretta da uomini scelti da Dio e approvati dalla chiesa, che la Bibbia chiama “anziani” o “vescovi”. Se c’è un pastore, dovrebbe farsi coadiuvare da uomini spirituali e maturi. Chi ha altri compiti, come la scuola domenicale, la riunione dei giovani o delle sorelle, deve seguire le loro direttive.

Nel caso specifico, di cui Anna parla, le guide dovrebbero decidere che cosa sia meglio nella loro situazione specifica, riguardo alla presenza di bambini durante le riunioni. E i genitori di bambini piccoli dovrebbero accettare la loro guida.

Personalmente, quando i nostri figli erano piccoli (ne avevamo quattro) e frequentavamo un’Assemblea dei Fratelli, abbiamo sempre portato ai culti e alle riunioni settimanali i nostri bambini da quando erano in culla. Via via che crescevano, sedevano con me e mio marito (due per ognuno!) e avevano imparato che la sala di culto era un luogo strano in cui si stava calmi e silenziosi.

Portavamo libretti speciali, riservati alla domenica, da sfogliare e colorare, e giochi silenziosi con cui tenersi occupati. Non disturbavano e così si abituavano a frequentare la chiesa (solo una volta mio marito ha dovuto uscire e disciplinare uno dei gemelli che non si comportava secondo le regole). Piano piano, via via che crescevano, li abbiamo abituati a ascoltare, a ricordare i canti e, a casa, cercavamo di ripetere quello che era stato detto e fatto. Naturalmente, senza fare commenti negativi sulla lunghezza della predica o su preghiere troppo estese.

Sono convinta che i bambini imparano a amare la “chiesa” e a stare buoni, se, quando sono a casa, i genitori li hanno abituati a ubbidire, a stare calmi quando necessario e a non fare capricci.

È essenziale, poi, che i genitori mostrino entusiasmo all’idea di frequentare le riunioni e insegnino ai loro piccoli a amare e rispettare la Bibbia. E inculchino il concetto che la chiesa è un posto importante, dove Dio ha promesso di essere presente.

Il lavoro si fa a casa in famiglia. Non si può sperare che si faccia durante un’ora di culto o scuola domenicale. Se la Bibbia, il canto di inni e la preghiera vengono trascurati in famiglia non è possibile che i figli li godano per un’ora la domenica o durante la settimana.

Ancora un avvertimento per Anna specialmente. Esprimere opinioni non serve a molto e si rischia di creare frizioni che, in ogni modo, nelle chiese spesso non mancano. Il modo in cui tu e tuo marito vi comportate, in chiesa e nella vita privata, sarà più efficace di qualsiasi predica, discussione o pio suggerimento. E, scusa se lo dico così francamente, i vostri figli sono la vostra unica responsabilità. Quelli degli altri, sono responsabilità di chi li ha messi al mondo. Curate bene i vostri e fate del vostro meglio.

P.S. Mio marito sta scrivendo un breve libro proprio su questo soggetto!
.

Nessun commento:

Posta un commento