Ero molto giovane e ero da poco arrivata a Milano per
lavorare coi GBU, insieme a Georgia, una collega americana. La città
movimentata e con un traffico a cui non ero particolarmente abituata, mi
attraeva. I milanesi mi sembravano simpatici e abbastanza aperti al Vangelo. Le
prospettive erano buone.
Un giorno, squilla il telefono: “Maria Teresa, c’è un
ragazzina all’ospedale. È figlia di miei conoscenti. È molto malata. Puoi
venire a visitarla con me?”.
Ho accettato con piacere. L’ospedale era grande e sembrava ben
organizzato. La persona che mi aveva telefonato era lì che mi aspettava.
“Grazie di essere venuta. Devo dirti che Jolanda è malata di
tumore... povera bambina, ha solo dodici anni... i medici non danno speranze...
I parenti le dicono un monte di bugie e non vogliono che lei sappia che ha il «brutto
male» (allora il cancro lo chiamavano così e guai a nominarlo col suo nome!)...
Non sono credenti. Vedi un po’ tu...”
“Vediamo un po’...”
ho detto salendo le scale verso il reparto.
Jolanda era molto bella, capelli neri lisci, occhi grandi e
un po’ malinconici. Un sorriso attraente.
“Mi chiamo Maria Teresa, mi hanno detto che ti piacciono le
visite. Sono amica di Vera e sono venuta con lei a trovarti...”
“Grazie, mi fa piacere!” fece Jolanda.
“A Jolanda piacciono le visite” è intervenuta la mamma che
sedeva accanto al letto, mandandomi uno sguardo complice, come per mettermi in
guardia. “Sa, dovrà stare qualche settimana qui in ospedale, finché non le
passa l’infiammazione... Poi ce la riportiamo a casa guarita! Vero, tesoro?”
“Speriamo...” sospirò Jolanda.
“Ma che speriamo! Certamente!” ribatté la mamma.
Dopo un po’ di conversazione per informarmi sulla scuola, le
amiche, l’età, le preferenze di lettura di Jolanda, i film che aveva visto, mi
sono congedata: “Ciao, Jolanda. Mi stai simpatica, tornerò a trovarti! Ti lascio questo libretto da
leggere”. Era un Vangelo.
La mamma ci ha accompagnate, Vera e me, fino alle scale,
piangendo e dicendoci che a Jolanda restavano solo poche settimane di vita, ma
che non la volevano spaventare e perciò facevano finta di niente. “Mi
raccomando, fate lo stesso!” ha supplicato.
Sono tornata a trovare Jolanda e ogni volta, come sentinella
accanto al suo lettino, c’era almeno un parente. Se non ce n’erano due o tre.
La consegna del silenzio era ferrea. Eppure volevo riuscire a parlare a quella bambina
del Vangelo e della salvezza!
Finalmente, dopo una paio di mesi, hanno rimandato a casa Jolanda, perché proprio
non c’era più niente da provare. Sono andata a casa sua a trovarla. Prima di
uscire avevo pregato, forse anche contro speranza, che potessi rimanere da sola
con lei.
Jolanda era pallida, smunta, pelle e ossa. Si vedeva
chiaramente che era alla fine. Avevo
sperato che il Signore esaudisse la mia preghiera. Invece, sembrava che tutto
il parentado fosse riunito in quella stanza!
Ho preso per mano la Jolanda
e le ho chiesto come stava.
“Male!” mi ha risposto.
Suona il campanello
della porta e tutti i parenti corrono a vedere chi è. Resto da sola con la
malata. Dio mi stava rispondendo?!
“Jolanda, tu stai molto male, vero?”
“Sì, lo so che sto morendo, ma faccio finta di credere
alle bugie che mi dicono... per non
farli più tristi...”
Le ho stretto la mano che sembrava un pugnetto di ossa. Avevo
portato con me un’illustrazione di un pastore che teneva una pecora in braccio
e le ho detto che Gesù era il buon Pastore che la voleva portare in braccio in
cielo, che le voleva pulire il cuore da ogni peccato, se lei glielo chiedeva...
Lui era morto per darle un cuore pulito e aveva pagato per ogni cosa brutta che
lei aveva fatto o pensato.
“Ma come faccio a dirglielo?” disse Jolanda con occhi
imploranti.
“Gesù è qui e ti sente. Usa le tue parole: gli dici di pulire
il tuo cuore e lo ringrazi perché è morto per te”.
“E questo basta?”
“Sì!”
Jolanda chiuse gli occhi e disse: “Gesù voglio venire con
te. Grazie perché sei morto per pulire il mio cuore. Vieni presto!”.
In quel momento, come per incanto, i parenti ricomparvero.
Jolanda aveva chiuso gli occhi. Sembrava che dormisse
tranquilla.
“Quando lei viene, è sempre contenta” disse la mamma.
“Tornerò” ho promesso.
Dopo due giorni, Jolanda era in cielo. Il Buon Pastore aveva
esaudito la sua preghiera. E anche la mia.
.
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