Gesù, accompagnato da Pietro, Giacomo e Giovanni, erano
appena scesi dal monte. I discepoli erano ancora sbalorditi da quello che era
successo: mentre erano lassù sul monte, a un tratto, Gesù era stato rivestito
della sua gloria, e erano apparsi accanto a Lui Mosè e Elia. I tre parlavano insieme
della morte che Gesù avrebbe subita.
Poi una nuvola li aveva avvolti. Mosè e Elia erano spariti e
Gesù era rimasto da solo con loro. In più, aveva detto loro di non raccontare
quello che era successo, se non dopo la sua resurrezione. Come spesso succedeva
non avevano capito le parole di Gesù e si domandavano cosa avesse voluto dire,
parlando di resurrezione.
Arrivano ai piedi del monte e una folla corre verso Gesù.
Erano tutti in agitazione e concitati.
“Di che cosa state discutendo ?” chiede Gesù.
Un uomo accalorato, con lo sguardo disperato, comincia a
raccontare. “ Sono il padre di un ragazzo che sta male, male, ma proprio male. Ha
un demonio addosso... è muto, e quando il demonio si impadronisce di lui,
dovunque sia, cade, bava dalla bocca... diventa tutto rigido... è caduto
nell’acqua e nel fuoco.... Ho chiesto ai tuoi discepoli di guarirlo, ma non ci
sono riusciti...”
Gesù esclama con infinita pazienza: “Generazione incredula... fino a quando vi sopporterò? Portatemelo
qui!”.
Portarono il poveretto da Gesù e il padre disperato dice
qualcosa come: “Vedi in che stato è... se puoi riuscirci tu...”.
“Se puoi! Ogni cosa è
possibile a chi crede!” esclama Gesù.
E il padre, con
onestà totale, risponde: “Io credo,
vieni in aiuto alla mia incredulità”.
Gesù sgrida il demone, gli ordina di andarsene
definitivamente al ragazzo. Il ragazzo è guarito.
Gesù ha espresso la sua onnipotenza. Niente gli si oppone:
ha calmato il vento, acquietato la tempesta, cambiato l’acqua in vino, ha
moltiplicato i pani, ha guarito ogni specie di malattia, ha risusictato dei
morti. Ha affermato: “Ogni potere mi è
stato dato in cielo e sulla terra”, prima di tornare risuscitato in cielo.
Esattamente come aveva detto Dio nell’Antico Testamento,
quando era apparso a Abramo, che allora aveva ben novantanove anni: “Io
sono l’Iddio onnipotente (El-Shaddai): cammina alla mia presenza e sii integro e io stabilirò il mio patto
fra me e te e ti moltiplicherò
grandemente” (Genesi 17:2).
È vero che la gente a quei tempi viveva a lungo, ma avere un
figlio a quell’età, da una moglie molto vecchia pure lei, richiedeva un bel po’
di fede. Ma Abramo credette a Dio, anche se con una certa titubanza. E la
promessa si realizzò.
Dio è onnipotente. Sia da Abramo sia dal padre del ragazzo epilettico
e indemoniato c’è una grossa lezione da imparare. Abramo credeva, quel povero
padre ha creduto, ma la realtà, che avevano sotto agli occhi, era tale che
nella loro fede si insinuava l’incredulità.
Spesso succede esattamente lo stesso a noi. Crediamo con la
testa, sappiamo che Dio può tutto, e allo stesso tempo il nostro cuore vacilla.
Non credo che Dio si spaventi: l’importante che siamo
integri, come Dio aveva chiesto a Abramo, e che siamo onesti come il padre del
ragazzo e diciamo con piena sincerità: “Io credo, vieni in aiuto alla mia incredulità” e che ci affidiamo
a un Dio onnipotente.
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