Chi non ama, odia?


Non esiste un popolo, da che mondo è mondo, che non si sia fatto un’idea di Dio. Non è merito dei popoli stessi, ma è proprio Dio che “ha messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità”, come ha detto Salomone. E non esiste una persona, che, almeno una volta, non abbia pensato all’esistenza di Dio. L’apostolo Paolo ha parlato di questo “dio sconosciuto” che la gente intuisce come a tastoni, quando si è rivolto ai filosofi ateniesi, durante uno dei suoi viaggi.

Al popolo di Israele, il Signore si è rivelato in modo speciale e preciso, allo scopo che farne il suo testimone fra i popoli che lo circondavano e che, da sempre, avevano cercato di rappresentarlo con figure umane o di animali, a volte orribilmente spaventosi. Israele ha fallito miseramente, ha mancato alla sua vocazione, e si è lasciato piuttosto contagiare dai pagani, anziché portare loro la luce della verità.  

Dio vieta le rappresentazioni della divinità e lo ha detto a Mosè, nel dargli il secondo comandamento, oggi abbondantemente ignorato. Ha ordinato: “Non farti scultura né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo e quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio,  sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso bontà, fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” (Esodo 20:4-6).

Secondo molti studiosi, l’uso di immagini, che è molto diffusa anche oggi in certi ambienti del cristianesimo, non è altro che l’uso “cristianizzato” delle tradizioni pagane.

Dio è spirito e non è possibile rappresentarlo, anche se la Bibbia parla della sua mano, occhio, braccio. Quando lo fa, usa pedagogicamente delle similitudini, comprensibli a noi, per comunicare le emozioni e il carattere di Dio. Anche l’immagine di Gesù dovrebbe essere evitata. Noi non adoriamo l’umanità di Gesù, che è rappresentata comunemente col crocifisso o in varie pitture, ma la sua divinità e la sua gloria attuale, che non possiamo concepire né immaginare, e che la Bibbia afferma.

Esaminando con cura le parole del secondo comandamento, dette da Dio a Mosè, scorgiamo qualcosa di spaventoso, a cui non si fa molto caso. Coloro che si fanno delle immagini, le venerano, le servono, dimostrano di “odiare” Dio, anche se certamente lo negherebbero. Ma Dio li indica come “quelli che mi odiano”. È possibile?

Sì, perché se disubbidiamo a ciò che Dio ordina (qualunque cosa sia) è un segno che non lo prendiamo sul serio e non lo amiamo. “Se voi mi amate osserverete i miei comandamenti” ha detto Gesù. Se amiamo Dio, faremo quello che gli fa piacere e lo insegneremo agli altri.

Ma in che modo il nostro atteggiamento di ubbidienza a Dio può avere dei riflessi anche sulla relazione di Dio coi nostri figli, nipoti e pronipoti e il suo possibile “castigo” su di loro? Ognuno non risponderà di se stesso a Dio? Certamente. Ma se noi amiamo Dio, inculcheremo in loro il timore di Dio e il rispetto per la sua Parola. Il modo in cui li educheremo li influenzerà per la vita e il nostro buon esempio, se lo seguiranno, porterà dei buoni frutti. Pensiamo all’influenza che ha avuta su Timoteo la fede della mamma e della nonna (2 Timoteo 1:5) e alla promessa “i figli del giusto che cammina nella sua integrità saranno beati dopo di lui” (Proverbi 20:7)!

Proprio poco tempo fa, una mia vicina, che, umanamente, non potrebbe essere più cara e pronta a aiutare il prossimo e alla quale ho parlato da anni della salvezza in Cristo e della grazia che Lui ci offre, mi ha detto: “Come mi hanno insegnato, voglio rimanere”.

Spero che la sua non sia una decisione definitiva, ma nulla può farmi più tristezza del pensare alle conseguenze che una simile scelta, se mantenuta, porterà per lei, e potrà avere anche per i suoi figli e i nipoti che le vogliono molto bene e la rispettano.
 
Spero che tu non la pensi così, se ti hanno insegnato la menzogna.
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