“Padre nostro...”


Mi hanno fatto una domanda: “Perché nella vostra chiesa non recitate il «Padre nostro»?  Non è la preghiera insegnata da Gesù? Nella mia chiesa lo recitiamo ogni domenica mattina”.

È una buona domanda che merita una premessa.

Tutto rischia, per colpa della nostra umanità, di diventare un’abitudine che crediamo essenziale e che, a forza di essere praticata, finisce per perdere il suo significato. A meno che non ci si metta anche il cuore nel praticarla. In alcune chiese si fa la Santa Cena ogni domenica, in altre una volta al mese, in altre si recita il Padre nostro. A me piacerebbe che ogni tanto, nella nostra, si recitasse il “Credo degli Apostoli”. Non lo facciamo. Ma so che in altre denominazioni si recita regolarmente, mentre molti dei Pastori e dei presenti non credono più neppure all’ispirazione della Bibbia.

Ma torniamo al “Padre nostro”. Non c’è dubbio che Gesù l’abbia insegnato, proprio dopo aver esortato a evitare “soverchie dicerie” o “troppe parole” nel pregare. La vecchia traduzione Diodati, se ricordo bene, diceva “vane ripetizioni”. Evidentemente il Signore voleva esortare a non pensare che le preghiere lunghe e ripetitive, fatte in pubblico, fossero più valide di quelle brevi (da ragazzina, pensavo che le mie preghiere fatte in francese, valessero di più!).

Certamente il Signore non ha voluto darci una preghiera da recitare, ma una specie di “schema” da seguire quando preghiamo, per aiutarci a non andare da Lui solo con una specie di “lista della spesa”, cioè un elenco di ciò di cui abbiamo bisogno, dimenticando la solennità della Persona a cui ci rivolgiamo.

Guardiamolo bene per vedere se siamo in grado di dire ciò che Gesù da detto.
Per cominciare, bisogna tenere conto del fatto che l’ha insegnato a dei “discepoli” cioè a dei credenti, che potevano chiamare Dio con l’appellativo di Padre.

“Il Padre nostro”, dunque, è riservato a chi ha accolto il Signore Gesù come Salvatore e ha creduto in Lui, ottenendo il diritto di far parte della famiglia di Dio. Questo risulta chiaro dal passo del Vangelo di Giovanni che afferma che si diventa figli di Dio credendo in Cristo (1:12), mentre lo stesso Vangelo (8:44) afferma che chi non ha creduto in Cristo è figlio del diavolo. Esaminando con cura questa preghiera “modello”, si comprende subito che solo dei veri credenti la possono pronuncare. Adesso, leggiamola insieme.

“Padre nostro che sei nei cieli.” Ci rivolgiamo al Dio creaore che è in cielo e in ogni luogo, e che è il Signore dell’universo. Ci crediamo davvero?

“Sia santificato il tuo nome.” Questo verbo significa dichiararlo santo, perfetto e puro. Unico Signore della nostra vita.

“Venga il tuo regno.” Un giorno, che Dio conosce, Gesù stabilirà il suo regno sulla terra e ne sarà il Signore assoluto. Allora “la sua volontà sarà fatta in terra come è fatta nei cieli.” Oggi il suo regno è solo possibile nel cuore dei credenti. Dicendo “venga il tuo regno” gli chiediamo di essere il Signore assoluto della nostra vita. Lo desideriamo davvero?

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano.” Dio sa di cosa abbiamo bisogno materialmente e fisicamente. Dicendo “dacci oggi” dichiariamo la nostra dipendenza totale da Lui, senza mostrarci ansiosi per il domani, che gli appartiene.

“Rimettici i nostri debiti” (cioè perdonaci i peccati che commettiamo e che dimostrano la nostra totale indegnità e impossiblità di soddisfare la sua richiesta di perfezione), come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori (allo stesso modo con cui noi perdoniamo chi pecca contro di noi). Una richiesta che ci dovrebbe portare a un esame onesto e giornaliero dei nostri sentimenti verso il nostro prossimo.

“e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno.” È, questa, una richiesta di protezione dalle tentazioni, una confessione della nostra fragilità e incapacità di fare qualsiasi cosa buona senza il suo aiuto.

Il ”Padre nostro” è una confessione della santità di Dio, della nostra fragilità, della nostra dipendenza da Dio per ogni cosa. Farne la nostra preghiera, adorando e umiliandoci, non può farci che del bene. Ma facciamo attenzione che non diventi una “vana ripetizione” (oltre al fatto che le Scritture del Nuovo Testamento non dicono mai che i primi cristiani l’abbiano recitato). 
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