Meglio seguaci? Vediamo...


L’ho detto la volta scorsa: penso che guidare sia più faticoso e difficile che eseguire. 

Essere marito, padre e guida della propria famiglia è il compito più impegnativo (e spesso il più trascurato) che ci sia. Ma è anche molto bello.

Quando Dio ha progettato l’uomo, lo ha creato a sua immagine, con la capacità di provare emozioni, di scegliere e, soprattutto, di essere in contatto costante con Lui. La Bibbia racconta che Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza... li creò maschio e femmina”. Uomo e donna creati perfetti da Dio, a sua immagine, ma diversi.

L’uomo: guida, leader, con potere decisionale (anche nell’obbligo di  “lasciare padre e madre”, quando si unisce a sua moglie, il che significa tagliare il cordone ombellicale, che lo legava ai suoi genitori, per diventare una cosa sola con sua moglie!).

La donna: aiuto, complemento, collaboratrice, sostegno dell’uomo.

E poi, i figli come frutto della loro unione.

Il peccato ha deteriorato il mondo e le relazioni umane e ha reso ogni cosa più difficile. Ma il principio di “cordata” rimane. E ai credenti in Cristo, nati di nuovo, è possibile praticarlo.

In che modo l’uomo deve essere un leader?  

Prima di tutto, deve accettare consapevolmente le sue responsabilità. È sottomesso a Cristo, riceve ordini da Lui, ne segue l’esempio, ama, cura, si sacrifica e non si risparmia. Si tratta di un programma che comporta responsbilità pratiche, morali e spirituali.

Praticamente, il marito deve provvedere materialmente alle necessità fisiche della sua famiglia (Efesini 5:25-30; 1 Corinzi 12:14). Oggi molte donne lavorano per contribuire al mantenimento della famiglia, data la situazione economica del momento, ma rimane sempre vero che il marito dovrebbe portarne, se può, la maggiore responsabilità.

Ho conosciuto delle coppie in cui la moglie, dato che guadagnava più del marito, ha continuato a lavorare fuori casa, mentre il marito faceva il “casalingo”. Non mi sembra una buona situazione.

Moralmente, il marito deve dare il “la” nella conduzione della famiglia, stabilendo i principi da seguire, le linee guida secondo le quali vuole che la sua famiglia funzioni. Naturalmente, non agirà come un dittatore, si accorderà con sua moglie e le delegherà molti compiti. Ma il timone deve essere in mano a lui.

Spiritualmente (e qui vedo spesso grosse lacune in molte famiglie), egli ha la grossa responsabilità di essere esempio e guida della sua casa, nell’insegnare la Parola di Dio, pregare per e con la sua famiglia e stabilire la frequenza alle riunioni della chiesa, nonché modellando i principi morali da seguire. Non solo dovrebbe stabilire le regole, ma dovrebbe essere il primo nel rispettarle e nel vedere che siano rispettate.

“Fin qui” mi dite, “è tutta bella teoria, ma la pratica...”

Ecco la pratica. In famiglia, al lavoro, in chiesa.

Un leader che è degno di questo nome lavora più di tutti gli altri. Non si risparmia, non si tira indietro. Non è un pascià circondato da serve e servi. È uno che per primo tira la carretta. Gesù ha dato l’esempio.  È venuto non per essere servito, ma per servire.

Un buon leader non chiede l’impossibile. Tiene conto della forza, dell’età, della maturità dei membri della sua famiglia. Cerca di responsabilizzarli, senza pretendere quello che non possono dare. Dei ragazzi mi hanno detto, durante un convegno: “Quello che ci fa in... (continuate voi la parola come credete meglio!) è che i nostri genitori non fanno quello che chiedono a noi!”. No comment.

Un vero leader Incoraggia, sostiene e loda. In una famiglia dove il leader-genitore apprezza  e sottolinea le cose buone che i suoi cari fanno, questi, di solito, collaborano di buon cuore.

Se delega il lavoro, vede che sia stato fatto e, infine, cosa ancora più difficile, esercita la disciplina. Quello che è “no” resta “no” e non diventa né “ni” né “sì”. Neppure dopo l’intercessione della mamma o dei nonni. A meno che non si renda conto di avere sbagliato e non chieda di essere perdonato.

Non c’è che dire: è un grande lavoro, ma che buoni risultati produce!

Ogni lavoro comporta dei rischi. La Bibbia ne menziona due per chi è chiamato a essere un leader. L’Apostolo Pietro nella sua prima lettera (3:7) esorta i mariti a trattare con gentilezza e amore le loro mogli che sono più deboli e fragili di loro, affinché le loro preghiere “non siano impedite”, cioè non vadano più lontano del soffitto della loro camera.

Paolo non si rivolge unicamente ai mariti, ma dice che lui trattava duramente il suo corpo e si sacrificava, in modo da non essere squalificato dopo avere predicato agli altri (1 Corinzi 9:27). C’è da meditare.

So che anche degli uomini leggono i miei post e forse, a questo punto, si dicono: “E le mogli?...”

La prossima volta parleremo della collaborazone e sottomissione delle donne. Però, donne care, detto fra noi, non vi sembra che il compito di leader sia più difficile di quello nostro di seguaci?
.

Nessun commento:

Posta un commento