Non so dove andremo a finire. Credi che una persona sia onesta e viene fuori che è un perfetto imbroglione. Commercianti, politici, giornalisti, medici, sportivi, insegnanti, vicini di casa. Piccoli e grandi. Ricchi e poveri. Uno alla volta cadono malamente, come birilli.
Sarà per via di tutte le tecnologie moderne, con cui si scopre chi si è macchiato di un delitto compiuto anche trent’anni fa, sarà per le intercettazioni telefoniche o per le famose soffiate dei collaboratori di giustizia o per pura iella, come è successo a un ladro di scarpe, che è stato scoperto dai Carabinieri, perché – udite! – scappando dopo un furto ha perso una sua scarpa. Sia come sia, una volta o l’altra, il peccato li ritrova. Esattamente come dice la Bibbia.
La cosa interessante è che, quando qualcuno è accusato, la sua prima reazione è: “Sono sereno”. E tira fuori una bella parlantina per spiegare tutte le ragioni della sua “serenità”! Quando il “sereno” diventa “variabile” o, addirttura, “tempesta”, la parlantina diminuisce. Ma mai del tutto. Il peccato dilaga ovunque e c’è a domandarsi come mai il Signore non abbia messo ancora la parola “fine” a questo nostro periodo storico. Evidentemente la parola di S. Pietro che afferma che Dio non inteviene perché è paziente e aspetta che altri si convertano, ha ancora valore. Ma fino a quando?
Un giorno la pazienza di Dio finirà e il suo giudizio sarà una cosa seria. Più seria del riscaldamento globale e della crisi monetaria generale. C’è da chiedersi perché i predicatori ne parlino così poco. Preferiscono addormentare i loro ascoltatori con storie ottimiste che li mettono a loro agio. Ma non c’è da scherzare.
Ecco il racconto della visione del giudizio riportata dall’Evangelista Giovanni nell’Apocalisse: “Poi vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva sopra. La terra e il mare fuggirono dalla sua presenza e non vi fu più posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davani al trono. I libri furono aperti e fu aperto anche un altro libro, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le loro opere. Il mare restituì i morti che erano in esso; la morte e l’Ades restituirono i loro morti; ed essi furono giudicati ciascuno secondo le loro opere (chiaramente, non si tratterà di un giudizio sommario, ma di un giusto giudizio personale, davanti al quale nessuno potrà obiettare). Poi la morte e l’Ades (il soggiorno dei morti) furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco” (20:11-15). Ognuno capirà di meritare la condanna. Rimarrà in silenzio. Niente più scuse e giustificazioni.
Chi confida nelle sue opere buone e meritorie per ottenere la salvezza, non può essere salvato, perché Dio esige la perfezione. Chi non ha il suo nome scritto nel libro della vita sarà sotto il giudizio definitivo di Dio e condannato.
Meno male che Gesù ha dato una risposta chiara a questo problema! Mentre era sulla terra, rivolgendosi alla gente che lo ascoltava, ha detto: “Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Giovanni 5:24). Gesù è venuto sulla terra per “cercare e salvare” chi comprende di essere senza speranza perché tarato dal peccato (una realtà che nessun sacramento può cancellare), si apre a Lui e accetta il suo perdono. C’è salvezza per “chiunque”!
L’Apocalisse finisce con un invito bellissimo: “Vieni... chi ha sete venga; chi vuole, prenda dell’acqua della vita” (22:17). Chi va a Cristo senza pretese e senza scuse, ha una certezza: il suo peccato non “lo ritroverà”, perché Gesù lo ha cancellato sulla croce.
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