Questa storia me l’ha raccontata mio padre, una volta che mi lamentavo di un professore troppo severo.
“Fatti coraggio” mi ha detto, “una volta, per un intero anno scolastico, ho avuto mio padre come professore. Non ci crederai, ma mi interrogava tutti i giorni e, a volte, mi dava il doppio di compiti a casa. Così nessuno poteva dire che faceva delle preferenze per me!”
L’integrità di mio nonno era proverbiale.
Una volta, quando si avvicinavano gli scrutini, fu chiamato dal Preside del Liceo, in cui insegnava, il quale gli disse, col fare di uno che la sa lunga: “Il tale dei tali è il figlio del Sindaco. Tutti sappiamo che non vale niente e che non studia... Però, per il quieto vivere, e il bene della scuola, una spinta bisognerebbe dargliela e chiudere un occhio. So che lei non lo farebbe con nessuno, ma...”
“Infatti, non lo farei e non lo farò con nessuno” fu la risposta del nonno.
Venne il tempo degli scrutini e i professori erano riuniti a consiglio. I vari studenti furono valutati e quando venne il momento del figlio del Sindaco (i vari insegnanti, che avevano tutti avuto la stessa conversazione col Preside, riguardo al quieto vivere e al bene della scuola), mio nonno disse: “Per me deve essere bocciato!”.
“Certamente” dissero alcuni, “ma ogni regola ha le sue eccezioni...”
Il nonno si alzò e andò a aprire l’armadietto in cui teneva i compiti dei ragazzi corretti. Trovò quelli del figlio del Sindaco, ne fece un bel mazzetto e li buttò sul grande tavolo, davanti agli occhi allibiti e spaventati del corpo insegnante. Erano pieni di rigacce rosse e blù.
Poi disse: “E adesso, promuovetelo voi, se ne avete il coraggio!”.
Poi uscì dalla stanza.
Non so se il ragazzo sia stato promosso o bocciato. Una cosa è appurata: il nonno fu trasferito ad altra sede.
La scuola, una volta, era il regno della severità, a volte, anche eccessiva. Oggi le cose sono diverse. Si ha paura di traumatizzare gli studenti. Così non si puniscono severamente i bulli e i maestri e professori non sanno come tenere la disciplina nella loro classe. Ma, in molti casi, hanno le mani legate dalle regole del “politicamente corretto” e di interventi da parte del telefono azzurro o di genitori pronti a denunciare e protestare.
Conosco dei genitori che hanno supplicato i professori di bocciare la loro figlia, che non aveva voglia di studiare, non studiava e prendeva la scuola troppo alla leggera. Non sono stati accontentati “per il bene della ragazza”. Ma quale bene?
Secondo me, quei professori hanno fatto male. Nessuno è mai morto per aver ripetuto un anno di scuola e, a volte, una lezione dura è salutare e può mettere sui binari giusti una vita.
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Salve, scusa se m'intrometto.
RispondiEliminaMi presento, sono una ragazza di 18 anni, quest'anno mi sono diplomata e ora frequento l'università.
Il mio nome è Daniela e sono d'accordo con quello che scrivi.
Un mio amico si è sempre salvato grazie ai salvataggi fatti per altri ragazzi: mi spiego.
Era un gruppo davvero folto di persone completamente disinteressate ad ogni stimolo, eccetto questo ragazzo, incredibilmente colto, ma con lacune in inglese e matematica.
Frequentando svogliatamente lo scientifico, non si applicava, e ha incontrato serie difficoltà in quest'ultimo anno, ma si è impegnato.
Se lo avessero bocciato sin dall'inizio, non per punirlo (perché al giorno d'oggi la bocciatura è sinonimo di punizione), ma per aiutarlo, la cosa sarebbe stata diversa.
Lui sarebbe stato diverso, se non migliore.
Invece, dal momento che altri di quel gruppo venivano raccomandati e le raccomandazioni andavano a buon fine, i professori credevano fosse meglio promuovere tutti, per non fare distinzioni, piuttosto che dare ad ognuno ciò che meritava.
Non lo si fa per mortificare un alunno, ma per aiutarlo a crescere e a responsabilizzarsi.
Ora lui è a Scienze Politiche, e sta frequentando regolarmente i corsi, al contrario dei ragazzi raccomandati.